La casa delle belle addormentate, se un romanzo erotico ci ricorda le limitazioni del Coronavirus

by Gabriele Rana

Potere della letteratura: può un romanzo erotico, scritto negli anni Sessanta, presentare analogie con la condizione attraversata dal mondo intero ai tempi del Covid19? Facendo un balzo indietro, e immergendosi tra le pagine di un testo speciale, la risposta può essere affermativa.

In una stanza con tende di velluto rosse, debolmente illuminata, dorme una vergine, nuda: si può dormire con questa giovane, ma la sua purezza non deve essere deturpata. Lei è profondamente addormentata grazie a un sonnifero che la fa sembrare quasi morta: emana un profumo ricco di nostalgia. È questo ciò che offre La casa delle belle addormentate.

Nel racconto erotico del defunto Premio Nobel Yasunari Kawabata, Eguchi è un anziano signore di 67 anni ed è ancora sessualmente attivo. Su consiglio di un amico e per curiosità, trascorre una notte in un postribolo molto particolare in cui “ospiti di cui si può star tranquilli”, cioè altri anziani come lui, dormono al fianco di giovani vergini nude, senza poter avere un rapporto sessuale con loro. Eguchi comprende quasi istantaneamente perché una casa privata così strana riesca ad attrarlo tanto e ad assuefare anche gli altri vecchi alla visita di quel posto. Infatti di sessuale in senso stretto, proprio perché non vi è alcun rapporto, non c’è nulla, ma ciò che attrae questi anziani è l’opportunità di dormire con donne giovani, che diventano spunto di riflessioni sulla propria condizione, sul passato e sull’imminente morte, senza aprire occhio o proferire parola: questo, per loro, è un cenno di vita.

Kawabata, con la sua penna, ti prende per mano e ti accompagna, con grazia e delicatezza, nel piccolo mondo di una stanza e insieme al protagonista provi ansie e vertigini date dalla tensione al decadimento, la vecchiaia e la morte (thanatos), che incontra e si unisce con la pulsione di vita, l’amore (eros), in quello stretto giaciglio, nel silenzio totale, dove l’unico rumore che si sente è il fragore del mare, mentre le narici sono pervase da un profumo di lattante. E così il vecchio Eguchi, vittima di questo incontro fatale, si troverà in ognuna delle cinque notti raccontate a ricordare non solo vecchi amori, ma a rivalutare, con sguardo ora critico ora nostalgico, alcuni avvenimenti della sua vita.

Il libro è stato scritto negli anni Sessanta, ma è arrivato in Italia un decina di anni più tardi. Grazie a quei paradossi possibili soltanto in letteratura, il romanzo di Kawabata sembra parlarci con una voce chiara anche in questo periodo di contatti negati e allontanamento sociale che, ormai, sono il trend topic delle nostre vite.

Nonostante la trama poggi su basi narrative che hanno possibilità di realizzazione scarsissime, tra i temi affrontati è soprattutto l’impossibilità, vista ovviamente in senso erotico, a richiamare il tempo presente. Una impossibilità è anche quella senile di essere liberi di fare ciò che si vuole: un concetto simile, in questa pandemia che sembra non finire più, può trascendere il legame con la vecchiaia ed essere esteso a ognuno. Tutti infatti, in maniera più o meno tragica, sono costretti a privarsi di qualcosa, a essere impossibilitati, proprio come Eguchi e gli altri canuti. In questo momento manca la possibilità di contatto, tra guanti e mascherine, è ormai una abitudine acquisita non poter più toccare la pelle dell’altro o anche soltanto avvicinarsi (anche per i famosi congiunti).

Questa piccola opera potrebbe essere quindi spunto di ragionamento anche per chi non ha 67 anni, ma attenzione: non è un libro che può essere letto come una normale storia perché, come in Le notti bianche di Dostoevskij, la trama non è altro che un velo di Maya che tra illusioni, sogno e realtà, attraverso dialoghi e monologhi interiori, è un punto di partenza per riflessioni introspettive. Il non-finale del racconto ne è un esempio: un libro come una camelia, che morendo perde in un colpo tutto il fiore, alla sua conclusione le parole si perdono, lasciando spazio ai soli pensieri.

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