Cheryl Strayed, la donna con un buco nell’anima e l’avventura nelle terre selvagge di Wild

by Michela Conoscitore

Accade ogni giorno, ma non ce ne accorgiamo. Perché non ci tocca, non siamo i protagonisti. Poi però, incomprensibilmente, capita anche a te. Cerchi di analizzare e comprendere, ma in fondo quel che si può fare in questi casi è soltanto perdersi. Si può scegliere di farlo in vari modi, a seconda della riserva di coraggio, o follia, che si possiede. Quanto era disposta a perdersi la ventiseienne Cheryl Strayed, dopo la morte della madre? A giudicare dalla sua avventura, da lei raccontata nel bestseller Wild (Piemme Editore, 405 pp., 10,90€), la Strayed era giunta al cosiddetto punto di non ritorno, dove tutto o cambia o muore. E quando “…la parola vaffanculo era ormai un farmaco inutile”.

Cheryl decise di perdersi sul Pacific Crest Trail, uno dei percorsi di trekking più famosi non soltanto degli Stati Uniti, ma del mondo. Lungo 4286 chilometri, il PCT inizia in California, al confine col Messico nel deserto del Mojave, e termina nella Columbia Britannica, tra Stati Uniti e Canada. Il percorso attraversa parchi e aree protetti, tenendosi a distanza dalla civiltà: infatti, chi lo percorre deve tenere bene a mente che quel che troverà su quel sentiero è quanto di più selvaggio e lontanamente paragonabile alla vita comoda di città. Un’immersione nella natura estrema, una sfida con se stessi che Cheryl intraprese per ricostruirsi.

La scrittrice, cresciuta dalla madre single, Bobbi, insieme ad altri due fratelli, si ritrovò a fronteggiare la perdita di un genitore, imprevista e ingiusta, che mandò in frantumi una parte essenziale della sua giovane individualità: “Non mi era mai passato per la testa che mia madre sarebbe morta. Finché non si ammalò, quel pensiero non mi aveva neppure sfiorata. Lei era salda e inamovibile, la roccia che custodiva la mia vita. Sarebbe invecchiata continuando a lavorare nell’orto. Quell’immagine era chiarissima nella mia testa”. Subito dopo la morte della madre, la donna attraversò una fase buia in cui fece uso di droga, scegliendo, nonostante il matrimonio con l’uomo che amava, di rifugiarsi anche nel sesso occasionale. È nel giorno in cui le capita tra le mani un libro sul Pacific Crest Trail, che la sua vita ricomincia.

Dopo il divorzio dal marito, si diede un nuovo cognome, Strayed che significa vagabonda, e decise di intraprendere l’avventura del PCT, totalmente inesperta di trekking e vita all’aria aperta. Si affidò a quel libro incontrato per caso, un giorno di neve a Minneapolis, e partì per la California, dopo aver organizzato il suo viaggio per oltre un anno. Qualcuno potrebbe definirla incosciente, pensando anche al momento in cui Cheryl intraprese il PCT, era il 1995, un periodo che dal punto di vista tecnologico non è come quello odierno, soprattutto per questa impresa così spericolata e in solitaria. Per giunta, vissuta da una donna. Eppure Cheryl, profondamente femminista, partì fiduciosa, sicuramente anche con un pizzico di incoscienza, ma si affidò agli esempi di donne che l’avevano preceduta in queste esperienze. Una fra tutte, l’esploratrice belga Alexandra David – Neél, prima donna occidentale a giungere nel 1924 a Lhasa, città vietata agli stranieri all’epoca, dopo un percorso che la portò ad attraversare la Cina e il Tibet.

Con Mostro, lo zaino da trekking che portò lungo tutti i quattromila chilometri del PCT e pesante la metà del suo peso corporeo, Cheryl passo dopo passo ridimensionò ogni cosa, perché quando tutto si concentra nello scalpiccio degli scarponi su ogni tipo di terreno, da quello desertico a quello sassoso, nel dolore ai piedi, nella fame e nella sete, nella fatica di arrivare a sera senza troppi graffi o fratture, è inevitabile giungere alla conclusione che in fondo, per la maggior parte della vita, diamo importanza alle cose sbagliate:

Quel mattino, dopo essermi allontanata dalla sorgente, di nuovo carica di dodici chili d’acqua, mi resi conto che stavo provando uno strano genere di godimento astratto, retrospettivo. A tratti, tra le varie sofferenze, notavo la bellezza che mi circondava, la meraviglia di cose sia grandi sia piccole: il colore di un fiore del deserto che mi sfiorava sul sentiero o la grandiosa distesa del cielo, mentre il sole scompariva dietro le montagne. Ero nel bel mezzo di quel sogno ad occhi aperti quando scivolai sui ciottoli e caddi, atterrando faccia in avanti sul terreno duro, con un tonfo che mi levò il respiro. Giacqui immobile per un intero minuto, sia per il dolore lancinante alle gambe sia per l’enorme peso sulle spalle, che mi teneva inchiodata a terra.

Per giorni, o settimane, Cheryl ha vissuto nella più completa solitudine, e non le dispiaceva. Occasionalmente, incontrava qualche collega di percorso con cui scambiava informazioni, o trascorreva alcune ore nei punti di camping, dove ritirava i viveri che l’amica Aimee le inviava. Dialogava con i libri, ne lesse ben tredici durante quei mesi nella natura selvaggia, tra cui Lolita di Vladimir Nabokov e Mentre Morivo di William Faulkner. Per non portare ulteriore peso, ogni sera bruciava le pagine lette, e alla fine ciò divenne un rito, che simboleggiava l’interiorizzazione, profonda e intima, delle storie.

La ‘donna col buco nel cuore’, come si definiva all’inizio della sua avventura, aveva deciso di non aver paura, perché la paura genera paura, invece la forza genera forza. Nonostante le cadute, gli incidenti, la neve, gli scarponi e le unghie dei piedi perse lungo il cammino, Cheryl ha tirato dritto, arrivando così al termine del percorso, rinnovata ma soprattutto grata. I paesaggi naturali che ha incontrato lungo il PCT sono cambiati, come la sua anima nel corso dei mesi, dal deserto del Mojave al Crater Lake, una delle zone più rigogliose e incontaminate dell’Oregon:

Questa una volta era una terra desolata di lava, pomici e cenere. Ma per quanto ci provassi, non riuscivo a vederlo. Semplicemente non c’erano più. C’erano solo l’immobilità e il silenzio dell’acqua: quello in cui si erano trasformati una montagna, una terra desolata e un bacino vuoto quando era iniziata la guarigione.

Non era nei piani della Strayed scrivere Wild, diventare un’autrice da bestseller ed essere la donna più famosa ad aver percorso il Pacific Crest Trail, eppure è successo, ci è riuscita andando oltre il dolore, camminando passo dopo passo, dando importanza alle cose più semplici e potenti.

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