Pulsano: luogo di preghiera e storia per Papi, Santi e pellegrini

by Maria Teresa Valente

Abbarbicato sui monti garganici e proteso sul Golfo di Manfredonia, si trova il complesso monastico di Pulsano, uno dei luoghi più suggestivi ed affascinanti della Puglia, luogo del cuore FAI 2010, che emana un’incredibile e misteriosa forza spirituale.

Impossibile non rimanere incantati dalla chiesa incastonata nella grotta, dalle sue decorazioni, le nicchie, gli archi e gli affreschi; difficile non essere rapiti dagli eremi circostanti così palesemente inaccessibili eppure altrettanto intrisi di vita che rapiscono lo sguardo e i sensi, provocando una naturale sensazione di misticismo.

Pulsano è un luogo di preghiera, ma anche culla di storia. Fino ad un secolo fa i pellegrini che si recavano alla grotta dell’Arcangelo a Monte Sant’Angelo erano soliti soffermarsi anche presso la chiesa di Santa Maria di Pulsano ed ancora oggi è consuetudine giungere da Manfredonia a piedi seguendo particolari percorsi che, superate le colline e i caseggiati, permettono di tuffarsi con lo sguardo nel mare Adriatico ed arrivare fino a Bari e alle montagne del Vulture.

Nato sui resti di un antichissimo tempio pagano dedicato all’oracolo Calcante quasi tremila anni fa, qui si recavano coloro che avevano necessità di ricevere consigli. Affinché la profezia si rivelasse, era necessario compiere il rito di sacrificare un montone e dormire presso il tempio un’intera notte avvolti nella sulla pelle.

Dopo la morte di Gesù e la diffusione del cristianesimo, i monumenti pagani lasciarono ovunque posto a quelli cristiani, dissolvendosi come neve al sole. Lo storico del Settecento Pietro Giannone, nativo di Ischitella e considerato esponente di spicco dell’Illuminismo italiano, riferisce che nel V secolo dopo Cristo, fu l’imperatore romano a volere la distruzione del tempio di Calcante a Pulsano e a chiedere che al suo posto fosse eretto un tempio con un convento votato a Sant’Equizio.

Inizialmente il nuovo tempio fu meta di pellegrinaggio, ma l’asperità del luogo ne determinò l’abbandono. Quando nel 491 e 492 San Michele apparve nella grotta poco distante dal tempio di Sant’Equizio, molti sipontini si stabilirono nei pressi del luogo miracoloso ed i più ricchi costruirono ville e palazzi iniziando a popolare l’area.

All’epoca era vescovo di Siponto Lorenzo Majorano che fu testimone in prima persona delle prodigiose apparizioni ed artefice della nascita del culto micaelico che da allora e da lì si diffuse nel mondo intero. Il vescovo Majorano era in ottimi rapporti con San Benedetto e a lui personalmente chiese aiuto per recuperare quel tempio ormai abbandonato nei pressi della grotta in cui era apparso l’Arcangelo. San Benedetto, con il beneplacito di papa San Gregorio Magno, mandò a Siponto San Placido per introdurre l’ordine dei benedettini da lui stesso fondato e ricostruire il convento e la chiesa di Sant’Equizio.

Non appena i lavori furono terminati, la località assunse grande importanza e magnificenza, ma ancora una volta decadde.

Nell’anno 1018 capitò in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo il frate Giovanni Scalcione di Matera già in odore di santità e tenuto in grande considerazione dall’allora pontefice San Gregorio VII. Mentre Scalcione era in preghiera nella Basilica di San Michele, gli apparve la Madonna che gli chiese espressamente di costruire un monastero con la chiesa esattamente dove c’erano i ruderi del convento di Sant’Equizio riformato dai benedettini. Il frate Giovanni Scalcione ne informò immediatamente il pontefice il quale, come narra lo storico sipontino Luigi Pascale, subito diede il suo assenso e contribuì alla spesa, destinando alla chiesa uno dei sette quadri della Madonna custoditi a Roma e che si riteneva essere stati dipinti dall’apostolo San Luca; quindi, chiese allo stesso Scalcione di occuparsi della ricostruzione.

Frate Giovanni Scalcione si trovò investito di un impegno non facile ed un giorno, sentendosi stanco e malato, si raccomandò in preghiera alla Madonna e questa gli apparve nuovamente, stavolta in veste di contadina, e toccandogli il polso gli disse: “Tu sei sano”. Fu così che dalle parole di ‘polso’ e ‘sano’ derivò il nome di Pulsano che fu tramandato all’intera località.

San Giovanni di Matera divenne il primo abate del monastero e, dall’Ordine degli Eremiti Pulsanesi, detti anche gli “Scalzi”, dipesero circa 40 monasteri, sparsi non solo in Puglia ma anche in Italia centrale e settentrionale e persino oltre l’Adriatico.

Fra il XIV e il XV secolo l’Ordine pulsanese si estinse e l’abbazia fu custodita da monaci cistercensi, frati domenicani e francescani, e infine monaci celestini fino alla soppressione degli ordini avvenuta nel 1809. Nel Novecento a causa di furti e atti vandalici, cominciò un processo di grave immiserimento dell’abbazia.

Dal 1997, grazie all’allora Arcivescovo Vincenzo D’Addario, è stata rifondata la comunità monastica di Pulsano e l’abbazia ha riaperto al culto con riti bizantini e latini in una grande fusione armonica. Oggi il complesso è di nuovo vivo ed è attiva anche una scuola di formazione permanente in iconografia con corsi organizzati ogni anno dalla comunità monastica.

Un efficace ripristino architettonico ed un intenso lavoro laico e pastorale hanno ridato nuova linfa ad un luogo ricco di fascino e mistero, dove è anche possibile essere ospitati dai monaci.

Qui papi e santi si dedicarono alla contemplazione mistica e numerosissimi monaci si consacrarono alla vita ascetica negli eremi. E sono proprio i 24 eremi disseminati tra valli e spuntoni di roccia, con celle e luoghi di culto e di lavoro, alcuni persino affrescati, il vero e suggestivo luogo monastico.

Arroccata a guardia del Golfo, il complesso di Pulsano affascina da millenni e col suo silenzio seduce le anime, che qui riescono ancora a trovare gli scampoli di un’esistenza nata principalmente per essere essenza. Un posto che ha resistito al tempo, all’oblio, ai terremoti e ai saccheggi con una forza misteriosa ed imperscrutabilmente miracolosa. Un luogo da visitare e da portare nel cuore, con la consapevolezza che non è poi così difficile “trovare l’alba dentro l’imbrunire” quando in cima ad una vetta ti perdi in un panorama mozzafiato intriso di così tanta bellezza e spiritualità.

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