Bloccato in Brasile per il Coronavirus, la storia di Diego Preite

by Paola Manno

DA Recife è ancora estate. Diego Preite, salentino, conosce bene la città perché ci ha vissuto molti anni e ha un figlio che vive lì. È partito per il Brasile a novembre, per trascorrere qualche mese con il bambino, ma il suo volo per l’Italia è stato cancellato.

“Sarei dovuto rientrare in Italia il 23 marzo, ma il mio volo è stato cancellato. Ho cercato di mettermi in contatto con il Consolato Italiano ma è chiuso. Ho scritto innumerevoli mail, non ho avuto alcuna risposta. Ho contattato l’Unità di Crisi ma nulla. Il numero dell’Ambasciata è un numero italiano (06), ho fatto chiamare mia madre dall’Italia, è stata 5 ore in attesa al telefono, prima che qualcuno le rispondesse. Ma nulla, ci hanno fatto capire che dobbiamo cavarcela da soli, non si sa bene in che modo.  Di Maio in tv dichiara che sta facendo di tutto per far rientrare gli italiani che si trovano all’estero, ma non è assolutamente vero. Per rientrare dovrei fare 6 scali, 105 ore di viaggio, fare praticamente il giro dell’Europa, con tutti i rischi che questo comporta. Per non parlare dei costi altissimi di un viaggio di questo tipo. Il governo italiano ci ha abbandonati. Io sono venuto in Brasile perché ho un figlio qui, ho lavorato la scorsa stagione, avevo già comprato il biglietto per il rientro perchè ho un contratto per la stagione estiva in Italia. Ora sono bloccato qui, e ho paura. Tra l’altro, ho un’autonomia finanziaria di pochi mesi, non so come farò”.

Non credi sia meglio restare in Brasile, ora?

Forse in questi giorni sì, ma è il futuro che mi spaventa. Le cose, in Sud America, precipitano in un attimo.

Com’è la situazione in questi giorni?

Qui in Brasile la chiusura delle attività è stata annunciata sabato scorso.  Le scuole invece sono chiuse da una settimana. In realtà però nelle favelas è tutto aperto. Le classi più povere si guadagnano da vivere giorno per giorno, devono lavorare per sopravvivere, è impensabile che chiudano. Tra l’altro qui non si trovano mascherine, non c’è l’amuchina. La gente esce, non rispetta neanche la distanza di sicurezza di un metro. I dati ufficiali parlano di 1.200 contagi e di 18 morti, ma ci sono molti contagiati che non sanno di esserlo o non si controllano. A Recife ci sono 50/60 omicidi al giorno, quindi dei morti per coronavirus si ha una percezione diversa. Il coronavirus non è considerato come il male assoluto, ma è un male in mezzo agli altri.

Si esce con un’autodichiarazione? La polizia sta facendo dei controlli?

Nessuna autodichiarazione al momento. La polizia non fa controlli per le strade. So che sabato, però, hanno fatto un controllo in spiaggia, che era affollatissima (era il primo giorno di divieto).

Com’è la situazione negli ospedali?

Il problema vero qui è che la sanità pubblica non funziona. Il servizio è carente, le attrezzature mediche sono inadeguate e il personale poco. Ci sono lunghissime liste d’attesa. L’altro giorno, per esempio, sono andato al pronto soccorso perché mi ha pizzicato uno scorpione, ma dopo ore di attesa ho deciso di andarmene. Qui sono solo le fasce più povere ad usufruire dei servizi di sanità pubblica. Chi può permetterselo, sceglie un’assicurazione privata, che però ha costi altissimi. Per quanto riguarda la situazione legata al coronavirus, negli ospedali i medici vogliono scioperare perché gli ospedali non sono attrezzati per affrontare l’emergenza. Pensa che è notizia di oggi, diffusa da Radio24, che il Brasile ha venduto le mascherine all’Italia, e qui non se ne trovano… Tra l’altro, all’inizio si diceva che con le alte temperature il virus non avrebbe avuto la stessa potenza, ma nella realtà non è così, perché qui ci sono 35 gradi al momento, e tanti casi di coronavirus. La fortuna, diciamo così, è che questo è un Paese la cui popolazione è composta principalmente da giovani, ci sono meno anziani. Speriamo di riuscire a fronteggiare la malattia meglio di altri Paesi. Ad ogni modo qui si stanno curando solo i malati gravi, gli altri vengono mandati a casa.

 Qual è la cosa che ti preoccupa di più?

Io credo che stiamo correndo un rischio grandissimo. Il Brasile sta vivendo una grave crisi economica, le esportazioni sono diminuite, a causa dei rapporti cambiati con la Cina, qui i prezzi dei beni stanno aumentando. Sentiamo l’inflazione. Qui non hanno bloccato i pagamenti delle bollette, non credo che lo faranno. In più la maggior parte dei lavoratori non è tutelata. Tra le altre cose, è appena passata una legge e per i prossimi 4 mesi i privati possono lasciarti a casa, diminuire lo stipendio in base al calo di produzione,  hanno libera scelta sulla vita dei propri dipendenti. Qui a Recife pare non ci sia un governo, ognuno è abbandonato a se stesso.

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