Magiche zagarelle per riconquistare le donne amate in Terra di Bari

by Carmine de Leo

Leggendo le pagine di antichi processi non è poi tanto difficile  apprendere vecchi rituali magici, superstizioni e scoprire quanto un tempo la gente era credulona e si affidava a maghi, santoni e personaggi che approfittavano della ingenuità e dell’ignoranza del popolino.

Molti di questi rituali considerati magici sono sopravvissuti fino a noi, duri a morire, del resto, come dicevano gli antichi Latini, spes ultima dea, la speranza è l’ultima dea cui ci si rivolge ed alla gente disperata ogni piccolo lumicino, ogni miraggio, serve ad andare avanti, salvo poi sopportare il sapore amaro delle delusioni!

I riti, le formule e gli intrugli considerati un toccasana per conquistare o riconquistare l’amore di una donna erano sicuramente quelli più diffusi.

Da vecchie cronache processuali del Seicento e del Settecento, apprendiamo alcune di queste singolari usanze, a noi pervenute in particolare nell’area geografica dell’antica Terra di Bari, ma diffuse un po’ in tutta la penisola italiana.

In queste contrade era molto praticato uno speciale rituale per riconquistare l’amore perduto di una donna, era chiamato della zagarella.

Un sostantivo oggi che ci riporta principalmente alle zagare, ovvero ai profumati e splendidi fiori d’arancio; dalla radice semitica za-ha-ra,  che significa appunto splendore, fioritura.

Questo sostantivo è passato poi col tempo ad indicare anche le strisce di stoffa colorata che ornano i bordi delle gonne e della camicette femminili; infatti, in un certo senso, arricchendo gli abiti, le zagare, come venivano chiamate un tempo queste fettucce di stoffa, li rendevano più attraenti.

Lo stesso significato viene dato oggi nel campo veterinario alla striscia nera del mantello dei cavalli lungo la schiena, a volte lucida e luminosa.

Le magia si impadronì di queste strisce colorate nei suoi arcani rituali ed ecco che nel Settecento, con la speranza di riconquistare la sua bella barese, un marinaio, tal Michele Visaggio, si rivolse ad un mago, un guardiano di campagna chiamato lo Zingarone, che arrotondava i suoi magri guadagni consigliando formule e rituali magici ai creduloni. 

Quest’ultimo, considerato nelle carte processuali un vero e proprio stregone dai giudici inquisitori, approfittando della disperazione che aveva assalito il povero marinaio abbandonato dalla sua donna, ma innamorato pazzamente di lei, gli suggerì  di portargli un palmo, misura oggi in disuso, ma corrispondente a circa cm.25, di  zagarella zigrinata, ovvero una striscia di stoffa ruvida.

Il buon Michele provvide presto ad acquistare la striscia di stoffa e portarla allo Zingarone e questi diede subito inizio al suo magico rituale.

Presa la zagarella dalle mani di Michele la osservò prima attentamente e poi fatti alcuni nodi soffiò forte su di essa ad intervalli regolari, durante i quali biascicò alcune incomprensibili parole.

Effettuato questa particolare fattura, restituì la striscia di stoffa con i nodi al marinaio e gli ordinò di farsi trovare alle tre di notte presso l’abitazione della sua amata, lui si sarebbe fatto riconoscere con tre dondolii della sua lanterna.

Michele, carico di speranza e cieco d’amore per la sua donna, non  dormì per paura di saltare l’appuntamento con lo Zingarone e già mezz’ora prima era nei pressi dell’abitazione della sua ex.

Giunto lo Zingarone gli riconsegnò la zagarella e lo stregone,  dopo averci soffiato ancora una volta, andò ad inserirla in una fessura del muro dell’abitazione della donna amata dal marinaio.

Dopo di che, prima di congedarsi da Michele gli promise che la donna, nel giro di uno o due giorni, lo avrebbe cercato per rappacificarsi con lui.

Per Michele i due giorni non passavano mai e, sempre attento ad ogni bussare alla porta della propria abitazione, le speranze di riavere il suo amore perduto, come un piccolo lume che perde l’ossigeno, si diradarono sempre di più.

Il terzo giorno, un po’ deluso, Michele, dopo aver accertato passando davanti alla casa della sua ex che la zagarella era scomparsa dalla fessura in cui era stata posta, si recò nuovamente dallo Zingarone per aggiornarlo sull’esito negativo della fattura e chiedergli la restituzione del denaro pagato.

Lo stregone, però, per nulla intimorito assicurò Michele propinandogli ancora un rituale, a suo dire, molto più potente.

Gli consegnò quindi un limone in cui aveva fatto alcuni buchi e gli disse di riempirlo con del sale e dopo un po’ di tempo andare a spremerne alcune gocce  innanzi alla porta della donna che lo aveva abbandonato.

Come abbiamo già detto, la speranza è l’ultima a morire e, seppur un po’ scontento, il buon marinaio seguì ancora una volta le indicazioni dello Zingarone.

Ma neppure questa nuova magia dovette fare effetto, infatti, dalle carte processuali veniamo a conoscenza che il buon Michele, completamente deluso dal fattucchiere, preferì imbarcarsi di nuovo e dimenticare, lontano per molto tempo, la sua ex innamorata.

Si convinse quindi che in amore non vi è migliore medicina che l’oblio creato dal passare dei giorni, dei mesi e degli anni!

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