“Voca Sia”, dai Mesudì un omaggio italiano alla serenità, al dondolarsi senza paure

by Anna Ingravallo

Questo scorso febbraio era in fase di progettazione ma a giugno già lo vedevamo su YouTube e oggi, ad estate avvìata, rimane una scusa per l’orecchio per distrarsi dai rumori, abbracciare il ritmo ispirato della pacatezza autentica, una incalzante nenia che parla anche a ciò che siamo: esseri inquieti, bisognosi talvolta di una ninna nanna che ci plachi. È questa, per esempio.

Il titolo è “Voca Sia” e il gruppo che ce la fa conoscere ha il nome di Mesudì. Nato da circa tre anni, conosciuto per una intensa attività musicale etno-popolare, dove le voci si fanno ritmo e struttura, rimescola anime del Centro-Sud. In questo caso, di “Voca Sia”, abbiamo il trìo vocale delle tre muse in polifonìa Elisa Surace, Claudia Ugenti e Francesca Flotta (che ripropongono caratteri che vanno dalla Calabria, alla Puglia alle tradizioni più del meridione), l’architrave del gruppo Simone Pulvano (percussionista d’arte di origine romana) e Domenico Provenzano in voce di apertura. Ciò che rimarca il talento marchiato Mesudì non è solo il testo, non è solo la canzone interpretata e con entusiasmo accolta dal pubblico ma anche la loro autenticità.

Ne parliamo con Bonculture perché anche il video focalizza la nostra attenzione, aiutando visivamente noi curiosi all’anima dei luoghi, alle sfumature di un significato umano, ch’è tutto in una ritmica vocale ma che è molto di più. Video a firma di Valeria Taccone (Studio Catalea) e il cui audio e riprese hanno il lavoro di Marco De Tommasi (Gnagnotech Studios).

Avendo già capito, con gli anni più difficili della nostra storia moderna, che sono i piccoli centri che c’insegnano con più immediatezza la sottile delicatezza del tempo sospeso (e se non fosse così, qui comunque ne misuriamo l’efficacia..), possiamo dire che la canzone è una evocazione di Amantea e di una sua celebre ed emozionante nenia molto conosciuta (in questo luogo in provincia di Cosenza, noto per essere stato ribattezzato Al_Mantìah, in tempi che furono, proprio da arabi, la cui musica Pulvano stesso ha approfondìto, quasi prendendo in prestito storia e attività in vista del futuro). Una vecchia ninna nanna non banale, anzi magnetica a dei livelli, di quelle che cantano, specialmente, mamme pazienti a bambini agitati, con lo scopo di portarli al sonno con la voce, con le braccia intrecciate a fare un dondolo. La consiglieremmo a tutti, in questo periodo di estremizzazioni, difficoltà a star fermi. Parlando di bambini, ma parlando anche agli adulti. Per questo è una canzone per tutti.

A maggior ragione se pensiamo che la ninna nanna originaria si manteneva autoctona fino all’ultima strofa ma qui, con “Voca Sia” s’è pensato di accogliere anche quel che di romano, ad amplìare il bacino di chi possa ascoltarla, o a volerla pensare quasi ecumenica per vocazione. “Dormi bella, tra le braccia c’ho ‘na stella, er monno gira ‘ntorno a quella”. E poi “spegni la luce, regna la Pace, nella notte tutto tace”. Parrebbe proprio ora il momento di sentirla cantare, viste le confusioni del “monno”.

Non basterebbero i Festival: noi di Bonculture ne abbiamo fatto esperienza diretta nella circostanza dell’Aniene Festival , nella zona esatta in cui per anni e anni si cantavano a giugno le canzoni di Rino Gaetano (esattamente nella zona in cui si fondeva il ricordo romano delle residenze di Rino e l’origine calabrese del cantautore). Mesudì però non si restringe a regioni specifiche (Mesudì, infatti, è un nome che ha origini sarde, un “vento di mezzogiorno”, si dice sia quindi cerca sempre di aprire il varco a nuove ispirazioni). E se questo basta a far sorgere la curiosità di ascoltarla, allora ancor più ne suggeriamo la visione del video. Il lavoro parte con uno snodo di corda (o forse un annodo, un legame, le origini). In nautichese si chiamerebbe la cima, la gòmena. E poi prosegue con la sedia a dondolo in movimento in avanti verso un mare visibile da una terrazza aperta, scenica quanto cinematografica. Le donne in ripresa sono le tre Mesudì women, come pure i protagonisti che vediamo correre poi, a resistere contro lo sforzo delle salìte del piccolo centro di Amantea, sono Pulvano (percussionista d’arte) e Provenzano (coautore della canzone, ideatore della stessa). Tutto così metaforico e parallelo al testo. Le salite, ma poi quelle discese a correre, mentre le fontane di acqua sono generosamente aperte.

L’acqua, quella che vorremmo ancora in abbondanza su questa terra. Fontane aperte, non per spreco ma per rettitudine dell’uomo che l’ha saputa conservare e ancora ne ha. Una meraviglia per l’ambiente. Frangenti di bellezza nel video che scorre.

Infine, l’arrivo al mare, la risacca, le increspature dall’alto, le sagome di donne, un tramonto nostalgico, il fermarsi a riva. Ecco, questo è “Voca Sia”. Non sappiamo, esattamente, da esterni, cosa-sia voca-sia, ma sicuramente ci è giunto il messaggio appassionato ed affettuoso di una madre disposta a cullare il proprio figlio per il tempo necessario, senza aver la fretta di passare ad altro ma con lo scopo di calmarlo e farlo addormentare. Noi, su questo pezzo, volentieri, ci restiamo e ne facciamo un augurio per quest’estate. Una rivoluzione politica per il futuro, per madre terra, di cui siamo tutti figli, degni della migliore nenia.

You may also like

Leave a Comment

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.