Border-creature di confine, pluripremiato thriller fantasy di Ali Abbasi

by Giuseppe Procino

Tina è una donna dall’aspetto animalesco che lavora alla dogana ed ha un senso dell’olfatto stupefacente: può annusare i sentimenti e le sensazioni della gente. Un giorno, proprio in quella dogana che è il teatro principale delle sue monotone giornate, incontra Vore, un tipo che ha le sue stesse caratteristiche fisiche. Il misterioso personaggio mette per la prima volta a dura prova le abilità della nostra protagonista tanto da portarla a nutrire una strana curiosità che si trasformerà presto in un’attrazione. La loro relazione, svelerà a Tina la terrificante verità sul personaggio e metterà in discussione tutte le sue convinzioni: tutta la sua vita è stata una menzogna.  Tina adesso sarà a un bivio: scegliere tra il bene oppure il male.

Border- Creature di confine è un thriller che strizza l’occhio al fantasy e prende dall’universo della fiaba i lati più oscuri per portarci a riflettere su come la società sia portata ad etichettare, demonizzare e disintegrare il diverso e su come il male sia spesso una conseguenza del male stesso. Non una giustificazione, badate bene, ma un dato di fatto. Un film che mette a confronto le due facce della stessa medaglia, la faccia del bene e la faccia del male, ma sceglie di far vincere il bene, come scelta di appartenenza al sentimento di umanità e umanizzazione. Un’opera che utilizza la scelta di un genere per raccontare un dramma intimo e devastante, che rappresenta in realtà un dramma sociale condiviso.

Il dramma di Tina è però anche una riflessione sul corpo, un corpo deforme, lucido, sudato e che non può determinare un’identità, una riflessione brutale quindi sulla libertà di scelta come unico principio di autodeterminazione. Il confine non è solo dove Tina lavora, ma anche l’intero fil rouge della sua esistenza in bilico tra essere umano e creatura, tra due identità di genere, tra il bene ed il male, tra integrazione e isolamento, tra la ragione ed il sentimento. Il confine (titolo originale del film) è l’unico luogo di comprensione e conoscenza di se stessi, il luogo in cui le esistenze si incrociano, ma anche il luogo di legittimazione del proprio Io, ma il confine è anche il perenne filo su cui si muove l’intera narrazione, tra dramma e fantasy, tra provocazione e incanto.

La diversità, quindi, soprattutto come risorsa attraverso un personaggio che potrebbe vivere nell’universo dei cine-comic Marvel, con un’abilità, una sorta di super potere che sceglie di mettere a disposizione della comunità. 

Tina è un personaggio bestiale ma dotata di una sensibilità estremamente ragionata, un animale che cerca e stabilisce un contatto con la natura che la circonda e si lascia andare al proprio istinto mantenendo un lucido raziocinio.

Il film è arrivato nelle nostre sale giovedi 28 marzo dopo aver ricevuto consensi e premi praticamente ovunque, tra cui la vittoria a Cannes nella sezione Un Certain Regard ed una candidatura all’oscar per il miglior trucco.

Ali Abbasi, ci aveva già stupito con Shelley nel 2016, un horror fisico e sociale, a tratti disturbante, assolutamente da recuperare. Con Border, conferma la sua cifra stilistica votata al realismo più spietato, ancora una volta con la gelida fotografia di Nadim Carlsen e ci racconta la storia di una solitudine in cerca di comprensione e accettazione. Questa volta il regista Iraniano naturalizzato svedese si affida ad un romanzo di John Ajvide Lindqvist, già autore del bellissimo Lasciami entrare, da cui Tomas Alfredson ha tratto nel 2008 l’omonimo film capolavoro.

Border, è una pellicola gelida, volutamente asettica, a tratti destabilizzante, interpretata in maniera assolutamente realistica e convincente, non una storia fantastica, ma una storia reale in cui il fantastico sembra essere normale. Abbasi mette da parte la poesia, evitando trovate sceniche da favola cinematografica, ci mostra in maniera cruda la diversità con tutti i propri pregi e difetti determinati da una società in perenne imbarazzo e sceglie di sbatterci in faccia i corpi sgraziati e nudi dei due protagonisti, sceglie di non tracciare una linea netta tra giusto e sbagliato ed alla fine esaspera il messaggio di integrazione per cercare di essere il più incisivo possibile: non esistono popoli cattivi o buoni, predisposizioni genetiche che ci portano a comportarci in una determinata maniera, esiste solo l’essere umano che può scegliere tra il male ed il bene anche a seconda di come lo trattiamo. Un messaggio assolutamente politico per un film che è una bellissima sorpresa.

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