Secondo le cronache, Giuditta Guastamacchia all’epoca dei fatti aveva circa trentacinque anni ed era una donna tanto bella quanto spregiudicata.
Eugenio D'Amico
Eugenio D'Amico
Napoletano di nascita e per convinzione, è innamorato del sud, dei suoi paesaggi, della sua Storia e delle sue storie. Della sua vita universitaria ricorda ancora come si inchiostrava il ciclostile per stilare contestati proclami, ma ha ormai quasi dimenticato che, tanto per contentare suo padre, si è laureato in giurisprudenza. E’ stato Ufficiale dell’Aeronautica Militare e giornalista pubblicista e per lungo tempo ha svolto l’incarico di responsabile della pubblica informazione e della promozione di immagine di Alti Comandi dell’Aeronautica Militare a Bari e a Roma. Ha concluso la sua carriera con il grado di Generale di Brigata, una sfilza di nastrini che non ha mai indossato, e tanta nostalgia per la vita militare e, pur essendo nell’età in cui i verbi si coniugano al passato, continua a pensare al futuro. Sposato da sempre, ha tre figli e un nipote e vive a Bari, con frequenti puntate a Napoli.
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“A Mamma chiatta” per i napoletani è la statua della Madonna dei Repentiti, una antica scultura…
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Nella tradizione napoletana il presepe è la concretizzazione del sogno di Benino che perciò è la figura chiave della rappresentazione della nascita del Messia; senza Benino che lo sogna non può esistere il presepe con i suoi paesaggi e i suoi personaggi.
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Il culto delle “anime pezzentelle” ha suoi canoni e suoi riti precisi: il fedele, pur non tralasciando la devozione a tutte le anime del Purgatorio, ne adotta una in particolare, prendendosi cura dei suoi resti mortali, rappresentati da un teschio che è venerato secondo un preciso rituale: lo si spolvera, lo si lucida e lo si pone su un fazzoletto ricamato
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Nacque nel 1266 quello che nel Cinquecento un cardinale e storico della Chiesa definì “monstrum Apuliae” per indicare la straordinarietà e l’eccezionalità dell’assegnazione ad una religiosa del potere esclusivo, in spiritualibus et in temporalibus, sui religiosi del Capitolo di Castellana, sottratti così all’autorità del vescovo, e sulle persone e le terre del feudo
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Nell’anniversario della sua terribile morte le sua urla agghiaccianti per molti anni svegliarono di notte, all’ora del delitto, gli abitanti delle case vicine al palazzo Sansevero. Poi, nel 1889, l’ala sinistra del palazzo, quella in cui, al secondo piano, erano stati uccisi i due amanti crollò di schianto. Da quel giorno cessarono le urla terrorizzate di Maria, ma da allora pare che, specialmente nelle notti senza luna, l’ombra di una figura femminile bellissima, si aggiri discinta e con i lunghi capelli sciolti
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Intorno all’obelisco sono fiorite curiose dicerie legate al fatto che con particolari condizioni di luce radente, ponendosi in un punto preciso della piazza e sollevando lo sguardo verso la statua della Madonna, può capitare di vedere al posto della statua della Vergine, l’Angelo della Morte
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Il franco provenzale, ritenuto un inutile retaggio del passato, diventò sempre più la lingua degli anziani rischiando di scomparire, fino a che un orgoglioso desiderio di ritorno alla cultura delle origini non lo ha di nuovo posto all’attenzione anche dei giovani, suscitando un convinto movimento in sua difesa.
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Come spiegano con timore e sottovoce i vecchi abitanti del Decumano, la tomba del Principe, posta all’interno della Cappella è vuota e si ignora dove sia il suo corpo. Si racconta infatti che, giunto all’apice delle conoscenze ermetiche don Raimondo decise di sperimentare su se stesso la resurrezione dei corpi di cui aveva scoperto il segreto.
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A Napoli, dove spesso la religiosità popolare rivela antichi legami con il mondo pagano, le edicole votive costituiscono una spropositata presenza, affiancandosi alle centinaia di chiese per cui Napoli nel ‘600 fu detta la città dalle cinquecento cupole, tante e ancora di più erano le chiese, i conventi e i monasteri che punteggiavano le vie della città.
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