Dall’anarchia alla poesia, il nuovo album di Sergio Pennavaria

by Salvatore Imperio

L’artista con cui ho scambiato quattro chiacchiere è sicuramente uno di quelli che, attraverso la musica, è riuscita a realizzare un ponte immaginario tra la Sicilia e la Liguria, due terre che hanno dato un immenso contributo alla storia della musica italiana.

Sergio Pennavaria è un poeta prestato alla musica, un autore senza tempo che trasforma la realtà in un racconto attraverso la poesia e un ideale abbraccio con la musica.

Sergio Pennavaria è un cantautore siciliano che da anni vive a Savona. Negli anni ha vissuto una vita artistica tra teatro e arte di strada ed in lui si può trovare l’immenso genio che solo i grandi cantautori senza tempo della musica italiana hanno avuto.

Ho più di un amo nello stomaco, il nuovo disco di Sergio Pennavaria, rappresenta il ritorno e non solo un album.

Dall’anarchia di “Senza lume a casaccio nell’oscurità” del 2015 alla realtà trasformata in poesia e messa in musica di questo nuovo lavoro, Sergio Pennavaria è stato accompagnato in questo album dalle note di tanti musicisti incredibili tra cui Finaz ed il compito di trasformare le parole in immagini è stato affidato alla regia di Max Billia e dalla protagonista del video di “Due parti precise di me”, Gaia Aprea (Migliore attrice protagonista “Premio Le maschere 2018” per “Sei personaggi in cerca d’autore”, regia Luca De Fusco).

Sergio, sei finalmente tornato con un nuovo album attesissimo da tutti quelli che amano ill buon cantautorato italiano. Come è nato questo album?

Ho Più Di Un Amo Nello Stomaco nasce a distanza di otto anni da Senza Lume A Casaccio Nell’Oscurità, per la pura necessità di dar voce a ciò che per anni ho tenuto a bada incresciosamente, vuoi per timore di mostrare quella parte di me della quale sono stato soprattutto direi in età adulta, molto geloso, vuoi perché la mia attenzione in un primo momento fu rapita da altri argomenti riguardante il sociale. Ecco vedi? Ancora adesso faccio fatica a pronunciare la parola Amore e trovo la scusa di utilizzare periodi lunghissimi per arrivarci con calma, piano piano. Negli anni, ho avuto sempre timore di trattare quest’argomento, perché ho avuto costantemente la consapevolezza, di quanto tanto nella canzone e purtroppo poco nella vita fosse trattato. Quando pensai di iniziare a scrivere questo disco, la prima cosa che dissi a me stesso fu: Voglio essere dolce, discreto e rispettoso nei confronti di questo altissimo sentimento. Voglio pormi ad esso mantenendo comunque una distanza. Guardarlo e viverlo nell’ammirazione, restando prima in superficie, per poi, dopo avere immagazzinato sufficiente ossigeno nei polmoni, scendere giù in apnea, quasi come volendo mettere alla prova la mia resistenza ed avvicinarmi sempre più e vederlo man mano crescere, farsi sempre più grande. Ecco il mare, il mio segno zodiacale che è quello dei pesci, tutta quanta la mia infanzia ed adolescenza vissuta per tre mesi l’anno vagabondando nei fondali della mia amata Sicilia. Ecco che i ricordi, l’esperienza, diventano saggi, maestri, linee guida fondamentali che mi spinsero a gettare reti nell’anima, permettendomi di pescare sentimenti rimossi, delusioni, ammirazione ed appunto amore da poter raccontare.  

Tra le canzone incredibili che si possono ascoltare in “Ho più di un amo nello stomaco” è evidente un elemento poetico nei versi delle tue canzoni. Possiamo dire che questo tuo modo di raccontare attraverso la musica era necessario per riscoprire un certo modo di fare musica?

La parola come ben sappiamo ha una sua estetica  ma soprattutto unita ad altre può dar vita a ciò che forse oltre naturalmente a significato e comunicazione, io reputo fondamentale per la composizione di un testo: Equilibrio e ritmo. Estetica, equilibrio, ritmo e pancia, credo insieme abbiano buone possibilità di dar vita a ciò che reputiamo poesia. Poi ci sarebbero anche, capacità di saper essere onesti con se stessi nel riconoscere i propri limiti e non solo i pregi ed il coraggio di vomitare al mondo tutta quanta la spontaneità che si ha in corpo. Per me questo vuol dire scrivere, accostare persino la magnificenza e l’aspetto fantasioso di un sogno ad un momento di realtà, metterli sullo stesso piano.  

Penso a canzoni come “Ho più di un amo nello stomaco” o a “Due parti precise di me” o “Se potessi come si fa” e non posso non chiederti quanto ci sia di autobiografico in questi due capolavori.

Tutte le mie canzoni diventano autobiografiche dal momento in cui io mi pongo come spettatore della vita e di tutto ciò che da essa ne possa scaturire. Racconto le emozioni, dono loro un linguaggio cercando di animarle, fossero persino i sogni a suggerirmi una storia, beh sono certo che essi stessi nascono per ricordarmi puntualmente chi sono, cosa desidero, cosa mi spaventa. Vedi? Si ritorna di colpo nuovamente alla vita e quindi si, le mie canzoni sono autobiografiche.

Perdonami la domanda ma devo assolutamente farla. Dov’è finito quel Sergio che cantava “La verità”?

Sergio che cantava La Verità non è andato da nessuna parte è rimasto al suo posto. Ha spostato soltanto la mira, rivolgendola ad altro, mantenendo comunque la stessa intensità nello sguardo al mondo e nella capacità di recepire questo.

Possiamo dire che se il tuo primo album “Senza lume a casaccio nell’oscurità” era la tua parte di cantautore anarchico, “Ho più di un amo nello stomaco” rappresenta una tua maturazione tra cantautorato e poesia?

Sono due album scritti in periodi molto diversi l’uno dall’altro. Nel primo ci sono brani come Killer, Le tue parole, Calìa, Il mercato dell’obbrobrio, Gocce scritte a poco più di vent’anni e con una voglia in corpo di farmi ascoltare utilizzando un tipo di espressività riconducibile alla sfera pittorico – teatrale poiché erano gli altri due ambienti artistici che all’epoca occupavano in maniera intensa la mia vita. Per quanto riguarda il secondo album, beh oggi ho 44 anni ed un baule in più colmo di cose che in questi anni ho accumulato, collocato in un’area del mio essere forse più vicina al cuore e a me non è rimasto che aprirlo e tirar fuori ciò che inevitabilmente sapevo, avrebbe fatto esplodere quella nostalgia a me tanto cara. Oggi mi reputo anarchico sentimentalmente e silenziosamente incazzato per ciò che sta accadendo su diversi fronti del nostro Paese.  

Il videoclip che accompagna “Due parti precise di me” vede alla regia Max Billia e come protagonista una grande attrice come Gaia Aprea. Come è nata questa collaborazione?

Max Billia è stata una tra le prime persone conosciute a Savona. All’epoca lui dipingeva, un talento in possesso di un gusto e di una sensibilità artistica che rare volte mi è capitato di riscontrare nelle mie frequentazioni. Con lui da subito emerse un’intesa intellettuale scaturita sicuramente dagli stessi interessi e facilitata dalla gentilezza ed il garbo con i quali questo artista pose ed ancora oggi pone riflessioni e soluzioni. Oggi è un grande filmmaker ed ha fondato insieme alla compagna Jessica una casa di produzione che si occupa anche di videoclip musicali. Sono molto soddisfatto del risultato del videoclip di Due Parti Precise Di Me uscito il 17 Marzo 2019  e di Rebus che uscirà il 25 Maggio, tra pochissimo. Sono certo che sentiremo parlare tanto di questo artista e sono convinto che realizzerà ancora grandi momenti di cinema-musicale. In Due Parti Precise Di Me sono stato onorato di avere la straordinaria partecipazione dell’attrice vincitrice del Premio Maschera 2018 come migliore attrice protagonista Gaia Aprea. La collaborazione è nata grazie alla coincidenza che ha fatto si che la grande attrice si trovasse a Genova impegnata al Teatro Nazionale con la compagnia del Teatro Stabile di Napoli, con lo spettacolo Salomè nello stesso periodo in cui noi iniziavamo le riprese del videoclip. Gaia oltre ad essere un’attrice strepitosa si è mostrata disponibile e molto umile nel concederci la sua presenza ed interpretazione, appena finito lo spettacolo, tanto che nel video la si può vedere nel suo camerino ancora con gli abiti di scena. Nel video sono presenti oltre alle varie comparse, pure il compagno dell’attrice Davide Pennavaria, il giovanissimo Lorenzo Motta, Luca Cambiganu, Annamaria Firpo.    

Nell’album, invece, ti sei avvalso di musicisti incredibili come Finaz, Boris Vitrano, Marco Berrutti, Loris Lombardo e tanti altri. Quanto è stato importante per te avere dei musicisti così raffinati per “vestire” le canzoni di questo album?

La scelta dei musicisti in entrambi gli album è stata di fondamentale importanza. Come per il primo anche in Ho Più Di Un Amo Nello Stomaco posso dire di potermi reputare privilegiato e fortunato perché ci han suonato dei musicisti incredibili che voglio assolutamente citare: Simone Rossetti Bazzaro violino, viola; Martino Biancheri  tromba, trombone, bombardino; Marco Moro flauto traverso; Lorenzo Piccone Lap steel guitar, dodici corde, resofonica, acustica, mandola; Max Matis basso elettrico; Giorgio Bellia  batteria, schaker, spazzole;

Ospiti: Geddo (voce in L’amore invisibile); Marco Berruti (voce e chitarra classica in Nel mondo senza tempo); Loris Lombardo (tablas in Ho più di un amo nello stomaco, handpan e udu  in Bufera,  Congas in Un cuore sul viso); Matteo Profetto (armonica a bocca ed ukulele in Il tappeto volante ed ukulele in Due parti precise di me); Mirco Rebaudo (clarinetto in Il palamito); Giovanni Ruffino (contrabbasso in Dove nasce la libertà, L’amore nell’armadio, L’amore invisibile); Boris Vitrano (chitarra acustica in Se potessi come si fa); Gabriele Fioritti (violoncello in L’amore invisibile e in Dove nasce la libertà); Luca Pino (voce intro Nel mondo senza tempo); Ed infine l’onore di avere in Rebus il grande Finaz chitarrista virtuoso e coinvolgente della Bandabardò.

Non posso non chiederti di una canzone come “Nel mondo senza tempo” che parla della storia di un immigrato che non finisce proprio come nelle favole. In questa canzone ti sei immedesimato nel personaggio. Proprio dell’immedesimazione voglio chiederti. Quanto è importante avere una sensibilità per raccontare una storia come quella di questa canzone?

Nel mondo senza tempo racconta di immigrazione, che sia quella collocabile ai giorni nostri che parte dall’Africa ed arriva in Europa o quella di fine ottocento che partiva in special modo dall’Italia verso altri continenti (Ecco perché l’intro con la voce che canta da un grammofono). E’ la storia di due innamorati saliti a bordo di un barcone o di qualunque cosa galleggiasse che avrebbe portato e poi fatto approdare loro e quel briciolo di speranza in un porto sicuro, dove magari poter ricominciare d’accapo e costruirsi un futuro ma soprattutto vivere lontano da guerre e violenza. Poi però la disgrazia, la barca che affonda ed i due amanti che di colpo vengon separati dalla tempesta. Inizia così il viaggio dell’uomo che non si accorge d’esser morto ed è in quella dimensione che troverà stupenda e giusta, priva di discriminazioni razziali che cerca lei, desideroso di poter condividere in amore come in vita, la bellezza con chi è certo ritroverà in quel mondo nuovo, in quel mondo appunto senza tempo.  

Possiamo dire che “Nel mondo senza tempo” dovrebbe essere una canzone che dovrebbe essere ascoltata da quelli che facilmente additano i nostri fratelli come “clandestini”?

Nel mondo senza tempo è un brano che dovrebbero ascoltare tutti e nessuno, mettiamola così.

Sei nato in Sicilia, terra grande e dai grandi poeti e vivi in Liguria, terra che ha scritto la storia della musica italiana e sta avendo il maggior fermento artistico italiano.
Quanto sono state importanti queste due Regioni per il tuo modo di fare musica?

Sicilia e Liguria importanti per la mia vita, così come la Calabria, l’Inghilterra e tutti quanti i posti nei quali ho avuto la fortuna di vivere. Nella prima regione ci son nato e ci son nati i miei affetti più cari ed il mio amore per l’arte. La seconda selvaggia e dura regione mi ha fortificato e fatto conoscere e vivere il puro concetto di Popolare. Londra mi ha dato la possibilità di assistere ad un avvicendamento di popoli e culture differenti ma mi ha anche mostrato la libertà in una bottiglia di whisky nel quale mi stavo perdendo. La Liguria la terra della maturazione di uomo e di artistica. Terra che mi ha dato e continua a dare soddisfazioni nel campo professionale e non solo. Credo comunque che in arte non sia importante la geografia ed i posti in cui arriviamo ma ciò che ci induce a partire.

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