Germana Marucelli, la sarta intellettuale, interprete del cambiamento epocale delle donne e della ristrutturazione dell’abito

by Valeria Nanni

Quel che una donna è, vuole essere, viene tirato fuori dai suoi abiti, che profumano di sartoria, letteratura e pittura. Lei è Germana Marucelli una sarta toscana che divenne negli anni ’50 una delle protagoniste più eccentriche della moda italiana, interprete del cambiamento epocale femminine attraverso il mondo del fashion, amante dell’arte e della letteratura. Oggi è in mostra fino al 24 settembre a Firenze, nel Museo della Moda e del Costume riaperto per l’occasione in Palazzo Pitti. Una donna interprete di una nuova personalità femminile che non si nasconde dietro all’abito, che non aspetta di essere valorizzata da esso, ma che anzi diventa il significato stesso dell’abito. Le curatrici Silvia Casagrande e Vanessa Gavioli ci aiutano a comprendere una creatività esplosiva attraverso abiti, gioielli, opere d’arte, bozzetti, fotografie e video.

Organizzata dalle Gallerie degli Uffizi in collaborazione con l’Associazione Germana Marucelli, la mostra “Germana Marucelli (1905-1983). Una visionaria alle origini del Made in Italy” è un percorso, dove per 15 sale, attraverso 150 pezzi e circa 40 look, si viaggia a ritroso nel tempo per tappe, in cui l’universo femminile si manifesta e muta. Incontriamo prima la donna guerriera sacerdotessa, poi la donna mistica in saio, e poi ancora la donna cinetica, fino a spingersi nella donna crisalide, in una metamorfosi mai per sempre finita.

Definita “sarta intellettuale” dalla scrittrice Fernanda Pivano e “interprete di rara poesia” da Ungaretti, ha ristrutturato l’idea dell’abito e della nuova donna moderna che lo indossa. Lei stessa affermerà che il vestito è opera d’arte poetica perché crea uno stato armonico, aiuta la donna a ritrovare se stessa “quella se stessa che ella va cercando nei secoli della sua evoluzione. E pertanto la moda deve essere mutevole, non per un qualsiasi capriccio, ma perché è mutevole la vita. E la donna è vita e spirito”.Guidate dalle sue stesse parole le curatrici danno alla mostra un significato più profondo, dove l’abito è innalzato a strumento di irradiazione del proprio io.

La gigantografia della modella con copricapo ad elmo di alluminio dà il benvenuto al visitatore. Bella e decisa ci riporta a fine anni ’70 quando la Marucelli veste la sua donna guerriera sacerdotessa, che lotta cosciente di avere il potere di forgiare il suo nuovo ruolo sociale. Una donna che al tempo stesso solennemente si consacra a sentire il fluire della storia da protagonista fiera. “Per la sua donna ideale – commenta la curatrice Silvia Casagrande – una sorta di Atena contemporanea, Marucelli crea un’alchimia di espressioni d’arte, di oggi e di ieri; più precisamente attinge dal passato le direttive per combattere le guerre dell’oggi. Lo chiarisce lei stessa nei suoi scritti quando racconta di aver creato le corazze e gli scudi nella moda per aiutare le donne di fine anni Sessanta a non disperdersi. Intenzionalmente le trasforma, anzi le elegge, le sue guerriere e sacerdotesse. Precisa poi di aver costruito per loro un elmo di alluminio così da proteggere, con una forma esterna, il loro nuovo piano di sviluppo mentale. È dagli archetipi femminili, oltre i confini del tempo, che Marucelli trae ispirazione per questa, come per altre, collezioni”.

Germana Marucelli raccoglie gli spiriti dei movimenti femministi di quegli anni e della conseguente formazione del Movimento di Liberazione della Donna. Risponde agli animi femminili del suo tempo con la linea d’abito “Alluminio”. Elemento comune sarà proprio questo metallo, memore delle armature dei guerrieri del passato, ma leggero e pronto a trasformarsi di significato. Forgiato sul corpo curvo femminile ne esalta sensualità e grazia. L’abito d’apertura della collezione, indossato dalla modella sulla gigantografia, avrà così il corpetto rigido a gong in metallo, sul capo un elmo di alluminio, mentre i pantaloni in morbido tessuto nero liberano una sensualità femminile non più sottomessa ma pronta a lottare con sacralità.

L’esposizione continua il percorso artistico della sarta toscana intellettuale andando a ritroso nel tempo. Una scelta precisa delle curatrici. “Si vuole avvicinare il pubblico attraverso un viaggio nella memoria – continua Silvia Casagrande – partendo da noi, oggi, per poi pian piano procedere a ritroso nel tempo fino alle origini del Made in Italy, attraverso il fare artistico della Marucelli, in un processo di ricostruzione della nostra identità. L’abito è per lei luogo dell’individuo. Invita la donna a non rivestirsi di senso ma ed essere senso, dare senso all’abito, rappresentarsi nella sua identità personale e non precostituita. Per la Marucelli vestire la donna è sacrale, una grande responsabilità, perciò sente il bisogno di essere sostenuta dalla cultura, di coglierla e trasferirla”.  Si prosegue l’esposizione perciò con un altro microcosmo femminile che vira al sacro e indaga la donna mistica in saio. Siamo sempre nei primi anni ’70 e i vestiti sono di una semplicità assoluta. Qui la donna ideale di Germana ha una eleganza controllata, animo rasserenato, e l’abito, sua dimora, non può che riflettere la bellezza mistica di una vestale contemporanea.

Nella sala successiva si viaggia nel 1964 e si entra nel suo nuovo atelier ricreato per il visitatore. A Milano gli spazi del salotto culturale da lei fondato anni prima si rinnovano con la collaborazione dell’artista e amico Paolo Scheggi che progetta per lei un ambiente innovativo. Uno spazio vuoto come una tabula rasa, dove gli angoli vivi sono smussati, la luce deve fluire senza ostacoli come anche l’energia tra abito e individuo. Qui l’esperienza si fa immersiva tra architettura d’interni, design e moda. Centrale un’opera del contemporaneo Getulio Alviani, “lo spazio dell’immagine”, composta da 4 semicilindri in alluminio lucidato a specchio, di 200 x 52 cm. Anche le lampade cilindriche sono oggetto di design, progettate come mediatrici di luce, in accordo con la concezione fluida dell’ambiente.

La collezione Alluminio non è estranea neanche al cinema, che in quegli anni vedeva come protagonista il film “2001 Odissea nello spazio” presentato a Roma. Si nota nelle superfici riflettenti metalliche un’aura medievaleggiante unita alla fantascienza. La collezione non è estranea neanche ai natali toscani della Marucelli che usa il panno lana a memoria del tradizionale panno grosso della zona del Casentino.

La sarta toscana fonda a Milano nel suo atelier un salotto letterario animato da eventi chiamati “I giovedì di Germana” dove oltre a presentare le sue collezioni d’abiti, organizzava serate intellettuali. Qui erano di casa nomi come Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo, Lucio Fontana, Gio Ponti. In relazione sono arte, architettura, moda e cultura. “Lei ha bisogno di poesia per creare, e che i poeti poetino – afferma ancora Silvia Casagrande – le sue collezioni hanno capacità narrative proprie di un’opera letteraria. Lei diceva di essere di corporatura robusta, fiorentina e sarta, i contemporanei invece la chiamavano Germana Davincigliata, facendo riferimento al genio toscano rinascimentale Leonardo da Vinci. Così se i suoi abiti hanno sapore internazionale lei ha un’impronta toscana per la sete continua di cultura”.

E l’identità femminile muta ancora una volta nella collezione Optical, dove protagonista è una donna cinetica in Op-dress. Qui siamo nel ’65 nel suo Atelier, lontano dalle sfilate ufficiali. Lei ricerca un abito adatto ad una donna in continuo cambiamento sociale. “La moda era il suo modo – dice la curatrice Vanessa Gavioli – qui per rendere lo spirito della donna cinetica la Marucelli ricorre allo spirito delle Avanguardie e non fa sfilare le sua modelle su passerelle, ma le fa salire su di un dado dove esse assumono pose statuarie con movimenti da marionetta futurista”. E la testimonianza di una contemporanea la ritroviamo su La stampa dove la giornalista Laura Lilli scrisse che si trattò di un Venissage, con sculture e quadri di stoffa che invece di essere fermi ai muri hanno sfilato con leggerezza”.

Germana Marucelli si presenta davvero come una sarta che ama gli artisti e si nutre di avanguardie contemporanee. “Era al passo con la cultura astratta della sua epoca – continua a spiegare Vanessa Gavioli – tanto da portare questi abiti a New York dove al MoMa debuttava la cultura optical. Per la donna cinetica adatta lo stesso stile a tutte le categorie di abito, da quello casual all’abito elegante”.

Proseguendo nei successivi microcosmi femminili in mostra si incontra eleganza, bellezza e preziosità nelle decorazioni e linee degli abiti. La Marucelli si è dedicata anche ad abiti realizzati per cliente, tra cui la storica dell’arte Palma Bucarelli, sua amica e cliente affezionata.

“Tratta l’abito come se fosse una tela pronta ad accoglie l’energia pittorica dell’artista – continua la Gavioli – Paolo Scheggi tinge la stoffa ma con l’attenzione consapevole che sarà tagliata per confezionare un abito. Tra loro c’è una bella collaborazione, reciproca ispirazione e ricerca artistica”. Un’intera sala contempla poi l’universo donna che si relazione con il mare come bagnate, ed anche questa donna viene pensata e vestita dalla Marucelli con arte, letteratura e moda. Gli abiti di questa linea sono dipinti a mano dallo Scheggi e riportano trascritte frasi di poesie di Ungaretti.

La mostra si chiude con l’allestimento del suo primo salotto letterario, un connubio di moda, femminilità interpretata e letteratura. “Era sarta, ma di un’intelligenza incredibile che non poteva che portarla lontano nella carriera e nell’ispirazione creativa, spinta fino all’antropologia”, conclude Vanessa Gavioli, dove la donna diventa Totem, portatrice di valori primigeni e trasudante di bellezza esotica e selvaggia.

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