L’amore al fiume (e altri amori corti): l’immaginario ricostruito di Ezio Sinigaglia

by Giammarco Di Biase

I libri di Ezio Sinigaglia riconciliano l’azione contemporanea con il tattilismo della memoria. L’esito artistico di questa risvegliata sensibilità si concretizza nelle tavole tattili, create per essere toccate a occhi chiusi, dei suoi racconti e della sua prosa che perdura nel tempo come un’onirica ripetuta.

E’ impossibile non accostare l’autore con il concetto di memoria e di “luoghi persi” del poeta urbinese Umberto Piersanti. Entrambi, infatti, son dediti a ricostruire un immaginario distante dal luccichio metropolitano che nelle fondamenta del ricordo “restaurato” accusa non una nostalgia, bensì un rimpianto. Piersanti e Sinigaglia sono due personalità che “danno voce al cuore”, entrambe schiave di un mondo inopportuno in cui cogitano rimanendo fermi, lontani dal consumismo della parola, inermi: ripetendo instancabilmente continui avventi dell’eremita memoria. Non sono né fantasmi né morti della letteratura italiana, anzi sono i grandi viventi di quest’arte perché non smettono mai di sperimentare il loro lessico appoggiandosi ad un paesaggio e ad una stanza che li precede anagraficamente: così come Piersanti racconta la sua infanzia ad Urbino che nella memoria acquista ancor più senso e visibilità rispetto al guardare nel circuito mnemonico del presente, Ezio Sinigaglia ripropone tessuti narrativi, scenari, duetti, stereotipi amorosi figli di un mondo passato che, forse, mai e poi mai gli è appartenuto per davvero se non tra le pagine ingiallite di una letteratura altra. Come del resto pochi di noi è ancora appassionate alle faccende della letteratura boccaccesca o filologicamente attratto dai richiami paesaggistici del Novecento di Fenoglio.

Si apre davanti a noi una vastità letteraria inconsueta e misconosciuta: nel 2019 l’editore di TerraRossa Giovanni Turi ripropone nella collana “Fondanti”, grazie all’occhio pioneristico di Giuseppe Girimonti Greco, Il Pantarèidi Ezio Sinigaglia, un romanzo sul romanzo del Novecentoe successivamente tutti i suoi inediti fino a Sillabario all’incontrario. L’amore al fiume (e altri amori corti), invece, esce per l’editore napoletano Wojtek, già conosciuto precedentemente per la sua preziosa attività di recupero nei confronti dell’opera di Alessandra Saugo. In una situazione di solitudine collettiva e di eccitante reclusione all’aperto si muovono i giovani bersaglieri protagonisti di questi sei racconti. Un campo militare estivo fra i boschi, il fiume e un paesello di poche anime: la misteriosa bellezza del paesaggio avvolge quella ancor più misteriosa dei corpi. Niente più della guerra è lontano dai cuori.

Come in Sillabario all’incontrario, sorta di giallo esistenziale condito da tasselli e indizi intimistici e riccamente speculativi, Ezio Sinigaglia con L’amore al fiume ricostruisce un ambiente con le sue regole e caratteristiche (in)violabili, quello dei sergenti e dei bersaglieri, dei soldati e del neorealismo “casereccio”: il campo militare è un sito letterario “esposto” ai visitatori di oggi più ferventi e curiosi. Lo scrittore imbastisce un pamphlet con fare dialettico-archeologico e cos’è l’archeologia se non un punto interrogativo della Storia, una rete in cui scapigliarsi tra logica, esperimento e topografia? Cos’è l’archeologia se non il giallo dell’Umanesimo che tramanda aura magica e ricordo portentoso ai vivi dal mondo dei morti? Sinigaglia non è diverso da un rabdomante, scrive codici e tesse tempi differenti: narra il tempo sentimentale di un bacio o gli attimi di libidine prima di un orgasmo scostumato e pecoreccio. Crea suggestioni che trasmutano cadaveri, lascia tombe inabitate e restituisce tonalità a tòpoi inabissati nella falsa narrativa di oggi.

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