Tutte a casa le Mujeres nel cinema col racconto partecipativo delle donne in quarantena. “Cerchiamo un ecosistema che abbandoni l’individualità”

by Luana Martino

Tutte a casa – Donne, Lavoro, Relazioni ai tempi del Covid-19”. Si intitola così il progetto di documentario partecipato ideato da un gruppo di professioniste dello spettacolo: documentariste, sceneggiatrici, autrici teatrali ma non solo che si sono incontrate nel gruppo Facebook “Mujeres nel cinema”.

Lo scopo è quello di documentare il rapporto tra donne e lavoro ai tempi del Coronavirus: che cosa è cambiato finora, che cosa ancora cambierà. Narrare che cosa significa questo periodo per chi è costretta ad andare a lavorare fuori casa, per tutte le lavoratrici atipiche, autonome, per chi lavora in nero, e per chi può lavorare da casa e cerca di dare nuovi significati a questo tempo ritrovato.

‘Tutte a casa’ è un documentario composto da materiali video, girati con il proprio cellulare, da donne di estrazione sociale ed età diverse, durante lo tsunami sanitario causato dal Covid-19. Il film mostra come, bilanciando estro, creatività e sconforto, le donne hanno saputo trasformarsi, andando al di là dell’inquietudine sui tetti e il plauso dei balconi, cercando soluzioni alla costrizione, tra il lavoro non troppo smart e bambini da gestire.

Un vero e proprio diario di emozioni, una narrazione collettiva che sia in grado di generare anche una riflessione successiva sul momento storico che stiamo vivendo.

Per parlarci dell’idea abbiamo intervistato la montatrice Cristina D’Eredità che, come ideatrice del progetto, ci racconta di come questa esperienza abbia portato alla fondazione di un collettivo tutto al femminile. Infatti, insieme ad altre quindici professioniste quali Giovanna Canè, Eleonora Marino, Elisa Flaminia Inno, Elettra Pizzi, Nina Baratta, Federica Alderighi, Francesca Zanni, Beatrice Miano, Antonia Fama, Flavia De Strasser, Raffaella De Donato, Rosa Ferro, Elisabetta Galgani, Viola Piccininni e Desiree Marianini ha fondato il collettivo ‘Tutte a casa’ dando vita ad una vera e propria casa di produzione online.

Cristina d’Eredità

Come nasce ‘Tutte a casa’- Donne, Lavoro, Relazioni ai tempi del Covid-19?

Tutto è iniziato con un post che ho pubblicato in un gruppo Facebook formato da circa 8000 professioniste dello spettacolo che si chiama ‘Mujeres nel cinema’. A ridosso dei primi giorni di lockdown scrissi un post, appunto, nel quale proponevo di raccontare la pandemia dal punto di vista delle donne realizzando un film partecipativo. Iniziarono ad arrivare molte rispose anche in maniera in aspettata, evidentemente era tanta la voglia di raccontare quel momento. Così ho iniziato a creare dei gruppi di lavoro; in poco tempo, dunque, si è venuta a formare una sorta di casa di produzione online suddivisa per settori (regia, produzione, comunicazione ecc) tutta al femminile. Siamo in tutto sedici professioniste del settore, residenti in Italia, Regno Unito e Repubblica Ceca.

Cos’è donne Tutte a casa?

E’ una duplice cosa: da un lato si tratta di un film che nasce dal racconto partecipativo sulla quarantena; noi abbiamo chiesto alle donne di narrare dal loro punto di vista soggettivo, personale, in auto rappresentazione cioè con il cellulare o con un supporto a loro più comodo, il periodo di lockdown. Abbiamo chiesto di farlo seguendo una traccia cioè ‘donne, lavoro, relazioni ai tempi del Covid’ cercando di declinare, quindi, questi tre temi. La risposta è stata incredibile, abbiamo racconto quasi 5000 video, hanno risposto alla call più di 150 donne con le quali abbiamo deciso di avviare un dialogo duraturo nel tempo. Abbiamo, infatti, pensato di non soffermarci su un unico video – spot ma abbiamo chiesto di renderci partecipi del loro punto di vista e di sviluppare insieme una narrazione continuativa scritta a più mani. Questo perché – e qui subentra il secondo aspetto di cosa sia ‘Tutte a casa’- la cosa fondamentale è che si tratti di un collettivo. Noi sedici eravamo tutte in lockdown e volevamo, dunque, raccontarci e far in modo che le altre donne si raccontassero perché siamo tutte accumunate dalle stesse problematiche, dalla stessa incertezza per il futuro e dalle medesime difficoltà di gestire il lavoro, la casa e la famiglia; si è venuto così a creare un gioco di specchi tra noi e le donne che hanno partecipato.

Perché nasce Tutte a casa?

Come dicevo, in primis c’è stata la voglia di raccontarci e il desiderio di far emergere i punti in comune di tutte le storie. Poi, molte di noi durante la quarantena si sono ritrovate a dover affrontare le dinamiche che hanno colpito tutti i settori lavorativi e, in particolare, quello dello spettacolo e, inoltre, perché abbiamo voluto, sin da subito, dare un valore politico e sociale a tutto quanto. Per questo motivo ho creato un manifesto per la partecipazione, un vero e proprio manifesto artistico e politico che le partecipanti al progetto hanno sottoscritto e si impegnano quotidianamente a portare avanti.

Quali sono i punti fondamentali del manifesto?

Si tratta di regole della partecipazione per delineare quello che è chiamato ‘l’ecosistema della partecipazione’. Abbiamo creato una casa di produzione online al femminile non solo perché siamo tutte donne ma perché i principi che la regolano sono quelli della gentilezza, dell’accoglienza, dell’orizzontalità ecc. Per poter rispettare questi principi bisogna darsi delle regole quali: perseguire lo spirito e il senso critico, ricercare la coesione, non imporre il proprio punto di vista sulla comunità ma cercare di amalgamarsi al gruppo. Cercare di creare, appunto, un ecosistema che abbandoni l’individualità a favore del collettivo.

Voi come gruppo di sedici donne vi siete costituite anche in forma giuridica così da poter continuare le attività anche dopo la realizzazione del documentario?

Proprio qualche giorno fa abbiamo sottoscritto la costituzione dell’associazione ‘Tutte a casa’ perché, oltre a questo progetto, ci sembrava opportuno poter dare una forma a questo piccolo miracolo che è avvenuto. Credo, infatti, che sia incredibile che sedici persone che non si conoscono e che non si sono mai viste, se non in video chiamata, siano riuscite a dar forma ad una vera e propria casa di produzione online. Da tre mesi a questa parte noi ci sentiamo quotidianamente, lavoriamo gratuitamente a questo progetto con un energia incredibilmente creativa.
Per ora l’obbiettivo principale e realizzare il film partecipato e tutte insieme stiamo cooperando per raggiungerlo.
Aver fondato l’associazione è un modo per sottolineare l’intento che perseguivo cioè il voler cambiare, nel mio lavoro e settore, le dinamiche relazionali: ora non c’è più una sola persona ma siamo il collettivo.

Quali sono le tappe che state seguendo per realizzare il documentario?

Per ora abbiamo terminato la fase uno di raccolta materiale e siamo entrate, anche noi, nella fase due del film. Questo implica, da una parte, la riorganizzazione del materiale per cominciare il montaggio; dall’altra parte, stiamo iniziando una campagna di crowdfunding per finanziare tutta la post-produzione per realizzare questo lungometraggio.

Quando sarà pronto il film come pensate di promuoverlo? Tramite i festival, ad esempio?

Certamente vorremmo partecipare a dei festival ma quello che desideriamo maggiormente è incontrare più gente possibile sul territorio organizzando delle proiezioni. Questo perché, essendo dislocate in diversi luoghi, abbiamo la possibilità di avviare dei dibattiti in differenti territori incontrando le persone. Per esempio, noi nel film abbiamo coinvolto diverse categorie professionali (le ostetriche di Roma, le tassiste, alcune carcerate ecc) che, come dicevo, hanno inviato dei video che ci hanno permesso di avere una continuità narrativa così da poter entrare in profondità nelle difficoltà vissute dalle varie professionalità. Questo ci ha permesso di aprire molti punti di osservazione sia sociali che narrativi e quindi è possibile aprire diversi dibattiti e ampliare il bacino di narrazione.

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