Favole per Giulia. Il Verbo e la prima persona del verbo Essere

by Raffaella Passiatore

L’idea di scrivere delle favole per adulti mi venne più di vent’anni fa.
Mia nipote Giulia era ancor una bambina. Quando andavo a trovarla, Giulia pretendeva che io le raccontassi delle favole prima di dormire ma non quelle dei libri, che sapeva già tutte a memoria, bensì delle favole inventate. Avevo un certo talento nell’improvvisazione così ogni sera mi inventavo qualcosa e mia nipote pareva non esserne mai sazia. Purtroppo le mie favole sortivano esattamente l’effetto indesiderato; la tenevano sveglia!

Dopo le numerose proteste di mia sorella, nonchè madre di Giulia, decisi di cambiare tattica. Una sera, dissi a Giulia che ero io a dover andare a letto presto e avevo bisogno che fosse lei a raccontarmi una favola. La mia nipotina non se lo fece ripetere due volte; mi fece stendere, mi rimboccò le coperte e mi raccontò una storia che riporto come ricordo:
C’era una volta una principessa molto gialla che dava un bacio molto rosso ad un principe molto azzurro, la mamma orsa scappava sul cavallo bianco e gli orsetti fuggivano via con la babysitter.
Mi piacque così tanto che quella sera decisi che avrei scritto delle favole per grandi.
La raccolta è un work in progress che non si è ancora concluso…

Anche se non è più con noi, voglio ringraziare il Professor Antonio Lupis che mi ha sostenuto ed ispirato per tante favole, e al quale devo la cura degli “interventi” in francese. Sono felice che le mie favole l’abbiano fatto tanto divertire e l’abbiamo accompagnato negli ultimi difficili mesi della sua vita.

Con immensa gratitudine a Radio Cooperativa Padova, voglio qui ricordare la versione radiofonica di “Favolando” realizzata ed andata in onda nel 2020/21, con le magnifiche interpretazioni degli attori Graziella Ella Ciampa e Marco Luise. La registrazione ed il montaggio sono stati realizzati da Mario Brusamolin presso gli studi di Radio Cooperativa.
Tutte le registrazioni sono ascoltabili nel podcast di Radio Cooperativa:
https://www.radiocooperativa.org/sitonuovo/podcast/?p=archive&cat=favolando&pgn=1

FAVOLE BIBLICHE

BERESHIT, OVVERO: TAEV SHIR

C’era una volta Havayàh che abitava nell’universo vuoto.
Siccome si annoiava, gli venne voglia di cantare.
Era la prima volta che a Havayàh veniva il desiderio di qualcosa.
Il desiderio crebbe e, quando si fece insopportabile, da Havayàh fuoriuscì un Verbo: la prima persona del verbo essere. A quel punto tutto l’universo iniziò a vibrare, le dimensioni presero a tremolare come sottili cristalli.
A Havayàh piacque molto sentire l’universo fremere tutto e gli venne voglia di penetrarlo interamente con la sua potenza divina.
Allora prese a declinare tutto il verbo essere al presente indicativo, poi vi aggiunse il passato prossimo e quello remoto e pure il trapassato remoto; l’imperfetto no, ché non gli si confaceva.
Ci prese gusto ed allora provò ad inventarsi anche il futuro ma, proprio mentre pronunciava la seconda persona singolare del futuro del verbo essere, perse l’equilibrio a causa di un vuoto d’aria e precipitò di una qualche atmosfera. Durante lo scivolone, la voce ebbe un guizzo verso l’alto che lo lasciò esterrefatto.
Si rimise stabilmente a gambe divaricate nel bel mezzo dell’universo (ché, per un sillogismo universale affermativo, se l’uomo è a Sua immagine e somiglianza, allora Havayàh le gambe le avrà pure!), e provò a ripetere quell’alzarsi ed abbassarsi della voce mentre ripeteva le sillabe dei verbi.
A Havayàh piacque molto, e così gli venne voglia di cantare; evidentemente subito dopo aver inventato il canto.
Cantò prima una sola nota, lunga e profonda, e l’immenso utero vuoto dell’universo andò in ovulazione. Poi provò una melodia infinita; della parte iniziale si compiacque particolarmente e quindi decise di ripeterla, evidentemente subito dopo aver inventato il ritornello. La ripeté, cambiandola un tantino, evidentemente dopo aver inventato la variazione. Ci prese gusto, così iniziò a salire e scendere con la voce a suo piacimento, evidentemente subito dopo aver inventato l’improvvisazione e poi, poiché era Shaddai e poteva tutto, provò a cantare anche a due voci. A quel punto andò veramente in brodo primordiale di giuggiole e reduplicò la polifonia fino ad arrivare a quarantanove voci e poi riprese il tema trentatré ottave più su; a quel punto pare che una delle dimensioni dell’universo andò in frantumi al Do di petto di Shaddai.
L’universo ormai era preso da spasmi incontrollati, si dilatava e si contraeva su se stesso sempre più velocemente. Shaddai, che si stava eccitando, iniziò un melisma in quarti di tono e proprio voleva vedere che cosa sarebbe successo all’universo.
Quello non si contenette più ed ebbe un orgasmo megacosmico e lanciò un boato primordiale.
Shaddai si stupì un poco; non si aspettava tutta quella passione da parte dell’universo e, mentre lo pensava, gli venne una voglia indicibile di riempire quell’enorme ventre vuoto e buio, ed allora ci dette dentro ed attaccò una passacaglia. E fu con la passacaglia che fecondò l’universo.
L’universo iniziò a gonfiarsi, si andava tendendo come un pallone e ad un certo punto scoppiò ed espulse una miriade di palle di fuoco che roteavano su se stesse.
Havayàh, detto Shaddai, invocato Elohim le guardò tutte per bene. Una gli sembrò particolarmente attraente ed allora ci soffiò sopra l’accordo finale, evidentemente subito dopo aver inventato la cadenza, e questa si raffreddò in un pianeta.
Elohim fu soddisfatto che adesso l’universo non fosse più così vuoto.
Elohim si decise quindi per un tango a ventidue voci, che eseguì al pianeta con gran trasporto. Il pianeta Terra iniziò allora a vibrare tutto, si scosse in una danza che a Elohim piacque molto e, quando il divino esecutore arrivò alla cadenza finale, la terra era talmente eccitata che sulla sua superficie aveva preso a trasudare l’oceano.
Havayàh, detto Shaddai, invocato Elohim, implorato Adonài si sentì Signore come mai prima.
Anche questo Adonài lo trovò buono e, preso dalla passione della gioventù, decise di provare la Sua potenza fecondando anche quella Terra. E così fece, con una romanza in dialetto napoletano.
Subito nacquero le piante e gli animali e finalmente l’uomo, a Sua immagine e somiglianza, appunto.
A quel punto Adonái era un tantino stanco e pensò di riposarsi facendo una dormitina e quindi si recitò:

Ascem Ascemme Amènne Amènne
coi nomi di Dio sia sempre Amènne

So la calata ma non la rizzata
Anima a Dio raccomandata

M’insogno e m’insognai
coi Malòch l’angelo raccontai

Col Malàch buono dissi a Dio:
sogno buono sia lo mio! (1)

1) Preghiera degli ebrei italiani. Nella tradizione popolare si recitava ai bambini prima che s’addormentassero.

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