Firenze sotto vetro, l’idea di film partecipato dei filmaker Federico Micali e Pablo Benedetti

by Michela Conoscitore

Le parole, spesso, esorcizzano sentimenti e momenti che ci hanno travolti e non sappiamo comprendere. Più delle parole, però, possono le immagini in cui immortalare gesti, attimi, discorsi che in un particolare frangente acquistano un valore significativo e fondante. La quarantena vissuta a causa del Covid-19 ha modificato capillarmente le vite di tutti noi, infiltrandosi in ogni secondo delle nostre esistenze, sovvertendole.

Indubbiamente, il momento che abbiamo vissuto e che, si spera, ci siamo lasciati alle spalle definitivamente, ha assunto già connotazioni storiche, e le nostre testimonianze costituiranno una preziosa documentazione per le generazioni future: puntano a questo proposito i registi del prossimo documentario Firenze Sotto Vetro, Federico Micali e Pablo Benedetti, che in questi giorni hanno chiesto ai propri concittadini di contribuire con video per raccontare il lockdown nel capoluogo toscano.

bonculture ha intervistato i due registi per farsi raccontare il progetto:

Conosciamoci un po’: qual è stato il percorso lavorativo che vi ha portato, adesso, a Firenze Sotto Vetro?

Pablo: Ho frequentato la scuola di cinema a Londra. Dopo, ho intrapreso la mia carriera con Lindsay Kemp, ho trascorso con lui due, tre anni seguendolo e realizzando il mio primo progetto professionale, un documentario sulla sua vita. Ho proseguito con altri documentari, e ho fondato in seguito la casa di produzione 011 Films, insieme col mio socio, co-autore e collega Davide Sordella. Da lì abbiamo iniziato con i primi lungometraggi come Fratelli di sangue e Corazones de mujer che ha debuttato al Festival di Berlino. Poi c’è stato il film Alfonsina y el mar con Lucia Bosè che purtroppo è venuta a mancare proprio a causa del Covid. L’ultimo progetto è un lungometraggio indipendente, realizzato a Firenze che avrebbe dovuto fare i suoi primi passi, ma per adesso è bloccato. Infine, il docufilm sulla carriera di Gabriel Batistuta, El numero nueve, presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2019.

Federico: Nasco come film maker, con l’avvento del digitale, nei primi anni del Duemila. Ma le mie prime esperienze sono connesse ad IndyMedia, un network di media indipendenti nato con il movimento di Seattle che sposava molto l’idea della condivisione e del sapere libero, della cultura open. Durante il G8 di Genova, IndyMedia è stato veramente importante per la contro formazione in Italia, io ero lì con loro e tutti i nostri materiali erano in condivisione. Con altri due miei amici ho potuto realizzare il mio primo film, Genova senza risposte, che ha fatto appunto uso di materiale girato da altri attraverso l’uso libero ai fini non commerciali. Il grande numero di film maker indipendenti, riuniti tutti lì, ha fatto in modo che potessimo avere una visione completa di quel che accadeva. Qualcosa che andava al di là delle possibilità delle testate mainstream. In un certo senso Firenze Sotto Vetro si lega a questi miei inizi perché ero già orientato verso i social film making, anche se non c’erano i cellulari e la tecnologia di oggi. Altri legami di miei lavori precedenti che si possono ricollegare al documentario sono quelli sul Social Forum del 2002 a Firenze, oppure il lungometraggio L’Universale o L’Ultima Zingarata, girato nel 2011, il rifacimento del funerale del Pirozzi per omaggiare Amici Miei di Monicelli, in Santo Spirito. A me piace condividere i progetti filmici con la città, e finora mi è capitato diverse volte, a questo punto credo sia una mia cifra stilistica.

Come nasce l’idea di Firenze Sotto Vetro?  

Pablo: L’idea di Firenze Sotto Vetro è nata da un continuo contatto con Federico, siamo colleghi, amici, ci siamo sempre confrontati, artisticamente e umanamente, in questo periodo. Avevamo entrambi il forte desiderio di far qualcosa, di produrre creativamente e impattare in questa esperienza del Covid. Ci siamo domandati da subito se ci fosse una storia in particolare, un qualcosa che non ci doveva ispirare e basta, ma che ci facesse sentire e notare un potenziale da intraprendere. Poi abbiamo compreso che Firenze Sotto Vetro fosse l’idea perfetta da associare ad un social film making, in un momento in cui si condivide tutto. Gli smartphone, ormai, sono la memoria collettiva dove tutti costruiscono continuamente immagini e condividono, anche attraverso le chat. Siamo dei creativi, e abbiamo l’esigenza di filtrare attraverso di noi qualcosa da portare al pubblico in questo momento difficilissimo. Nel progetto c’è anche l’esigenza di dare spazio all’aiuto reale che l’arte può apportare, perché il nostro documentario ha come obiettivo anche la beneficienza, essendo un progetto no profit (qualsiasi entrata, oltre i costi di realizzazione, sarà devoluta ad enti e associazioni impegnati in questa emergenza, ndr.)

Quale tipologia di documentazione vi aspettate di raccogliere?

Pablo: Con Federico ci siamo sempre detti che questo tipo di materiale deve essere eterogeneo, e quindi deve arrivare da chiunque: uomini, donne, bambini, adolescenti, vorremmo coinvolgere tutte le fasce d’età. È ovvio che quello che ci auguriamo di ricevere, e lo posso dire già visionando i primi materiali ricevuti, che sono tanti per quanto siamo partiti con la campagna da pochi giorni, sarà un materiale molto variegato. In questo puzzle di tante storie, troveremo un filo narrativo che i video ci ispireranno a trovare, a costruire.

Federico: So che questo film sarà un bel film se la partecipazione sarà ampia e di qualità. Le persone si dovrebbero mettere in gioco e non limitarsi a riprendere la finestra con la scritta ‘Andrà tutto bene’. Vorrei video dove le persone raccontino il loro vissuto, la loro quotidianità come se avessero una sorta di telecamera di Orwell che li segue, in cui hanno voglia di parlare con la faccia direttamente rivolta verso l’obiettivo. Dobbiamo fare anche un lavoro di convincimento e coinvolgimento perché mi rendo conto che non è facile, anche se sono convinto che tanti di noi hanno già del materiale interessante sugli smartphone, perché i cellulari li si utilizzano come dei diari, delle agende. Sarebbe interessante anche ricevere dei video blog di persone che si raccontano in questo periodo decisamente complesso.

Come è stata accolta l’iniziativa dal sindaco di Firenze, Dario Nardella?

Pablo: Il sindaco l’ha accolta da subito con grande entusiasmo, abbiamo avuto questa fortuna penso, senza presunzione, che comunque era un po’ inevitabile non tanto per la nostra bravura ma perché, se ci pensiamo un attimo, anche il sindaco ha fatto subito questa riflessione: Firenze Sotto Vetro sarà un documento storico che verrà costruito da tutti. Il sindaco, che è un amico, ed è sensibile a progetti come questo, all’arte e alla cultura ci ha supportati personalmente in questa fase iniziale del progetto, questo sarà il documentario ufficiale della nostra città, inerente a questo periodo.

Firenze Sotto Vetro ricorda un po’ Italy in a Day di Gabriele Salvatores…

Federico: Quello non era un progetto originale di Salvatores, perché riprende il format di Life in a Day di Kevin Macdonald, che ha avuto vari spin-off in altre nazioni. Di per sé il social film making è un format che è stato utilizzato molto spesso, infatti ho apprezzato molto sia Italy in a day che Life in a Day. Se in quei documentari si parlava dell’eccezionalità di un giorno normale, con Firenze Sotto Vetro racconteremo la normalità di un periodo eccezionale.

Perché il titolo Firenze Sotto Vetro?

Pablo: Sotto vetro perché siamo rimasti a casa, però il vetro è un materiale che ci dà l’idea di luce. Comunque quando si esce, quando osservi la città, è come se lo si facesse dall’alto, come se Firenze fosse sotto una cupola di vetro che si è appoggiata su di essa. Hai la trasparenza, quindi la percezione di non essere chiuso in una scatola. La cosa più bella da immaginare è che un giorno questa cupola, come si è appoggiata, per protezione, si rialzerà, e torneremo alla normalità. Spero presto.

Vedendo il video della presentazione di Firenze Sotto Vetro, col sindaco Nardella, dalla vostra conferenza stampa sono spuntate fuori due parole, condivisione e ricordo: la condivisione per il presente, il ricordo per il futuro. Secondo voi, cosa lascerà questo periodo dentro ognuno di noi?

Federico: Tempo fa, mi è capitato di leggere un post dove, in poche parole, veniva cristallizzato il momento della quarantena. L’intento dell’autore era proprio quello di fermarlo su carta, così quando tra qualche anno magari vorrà rileggerlo, non potrà dimenticare quello che ha vissuto. Dall’altra parte, un altro post mi ha fatto ridere quando qualcuno ha ricordato che un anno fa internet era in subbuglio perché era stato fissato il costo dei sacchetti di plastica al supermercato. Quindi, tutto è relativo. Mi interessa molto il concetto di capsula del tempo, stiamo vivendo un periodo eccezionale e tutti noi abbiamo i mezzi per poterlo documentare. Spero che questo documentario sarà un qualcosa che ci andremo a rivedere, e che l’eccezionalità di questo momento rimanga tale. In realtà ce lo porteremo dietro ancora per molto tempo, per tanti motivi. La nostra capsula del tempo però è proiettata verso il futuro.

Pablo: Questa è una bellissima domanda, e sto cercando di approcciarla da un punto di vista personale e umano nella mia crescita esistenziale. Oltre al cinema e al lavoro, sono un padre, ho 43 anni, e le parole condivisione e ricordo girano spesso nella mente, in casa. Credo sia molto difficile trovare una risposta esaustiva, però il ricordo è importante perché un’esperienza forte come questa lascerà dentro di noi inevitabilmente un segno. Dalle esperienze forti che mi hanno segnato, ho sempre cercato di tirare fuori costruttivamente il positivo. Apparentemente sembra che ti tolgano qualcosa, invece credo che sapremo scorgere il buono di questo periodo. Magari ci sarà la persona che ne verrà fuori con un po’ più di rabbia e frustrazione, ma a lungo andare capiremo che è stato un grande insegnamento. Questa è la mia speranza, confido molto nell’uomo, sono convinto che siamo esseri intelligenti e sensibili.

Come conterete di distribuire Firenze Sotto Vetro, ci avete già pensato?

Federico: Ci piacerebbe tanto poter organizzare una prima proiezione al cinema, un evento aperto a tutti. Chissà quando potremo tornarci al cinema, per ritrovarci tutti insieme, nel momento catartico che, per un regista, è la prima proiezione in sala. Vorremmo anche che avesse un supporto fisico, un dvd, per permettere a tutti di poterlo conservare.

Come fare per partecipare? I registi chiedono a tutti i concittadini della città metropolitana di Firenze di inviare i video, fino al 26 giugno, all’indirizzo email firenzesottovetro@gmail.com o al numero 3497494282 (attraverso le piattaforme whatsapp e telegram) o nella chat del profilo Facebook @firenzesottovetro (https://www.facebook.com/firenzesottovetro/).

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