Bari 1915, quando cinque padri domenicani furono arrestati con l’accusa di spionaggio e tradimento

by Carmine de Leo

Il clima di caccia alle streghe era molto diffuso durante gli anni della prima guerra mondiale, soprattutto in città come Bari, che avevano un porto frequentato da navigli di varie nazioni del mediterraneo e già in data 22 maggio 1915 era stata dichiarata dal Governo zona di guerra.

Il nemico, del resto, non era lontano, l’impero Austro-Ungarico dominava in quei tempi la costa dei Balcani a noi vicina e separata solo dal mare Adriatico.

Uno dei primi episodi bellici fu messo in atto proprio dalla marina austro-ungarica che  il 24 maggio del 1915 bombardò i porti di Barletta, Manfredonia e Vieste, oltre alle isole Tremiti ed alla località di Torre Mileto nei pressi del lago di Varano, ove entrerà presto in funzione una base segreta di idrovolanti della marina militare italiana.

In questa prima incursione della marina austro-ungarica fu affondato al lago delle coste pugliesi anche il cacciatorpediniere italiano Turbine, dopo un agguerrito scambio di cannonate in cui le unità navali nemiche rimasero comunque notevolmente danneggiate.

Il pericolo quindi di sbarchi improvvisi e di incursioni e bombardamenti  su tutto il territorio pugliese era molto sentito.

Dal cielo veniva il maggior pericolo, infatti, un biplano austriaco, aveva sorvolato  la Puglia e Bari il 31 maggio del 1915; gli osservatori della Marina Militare, posizionati sulla terrazza del palazzo della Camera di Commercio di Bari, non avevano fatto in tempo a lanciare l’allarme.

L’aereo nemico sorvolò Bari puntando sul Palazzo del Governo e la stazione radio di San Cataldo e sganciando anche alcune bombe sulla città, che provocarono danni ad alcuni edifici privati ed un morto, un giovane di soli 14 anni, Michele Ranieri e vari feriti.

Ancora bombardamenti aerei più gravi subì la città di Bari nel mesi di agosto del 1915 e gli anni successivi, azioni belliche che provocarono varie vittime e numerosi feriti.

Questi episodi di guerra ed una situazione psicologica di paura di essere spiati, induceva la cittadinanza, incoraggiata anche dalla propaganda politica del governo italiano, a tenere gli occhi aperti.

Non era difficile però sfociare in esagerazioni accusando spesso di collaborazione con il nemico d’oltre Adriatico anche poveri innocenti solo a causa di comportamenti particolari e considerati contro gli interessi della patria; oppure perché cittadini stranieri che in quel periodo transitavano da Bari per imbarcasi per la Grecia e l’Oriente.

Il periodico Corriere delle Puglie nell’estate del 1915, infatti, riporta varie cronache riferite a presunte spie fermate per attività antigovernative.

Questa sfortuna colpì nelle a Bari alcuni cittadini di nazioni europee e di altri continenti, come due albanesi ed alcuni tecnici tedeschi diretti in Grecia, oltre ad un sacerdote francese di Lione, tal Emilio Barraud che doveva recarsi in Grecia, ad Atene e due diplomatici con passaporto americano, Giordan Brandl e Bernard Goliet, che si recavano all’ambasciata degli Stati Uniti d’America in Costantinopoli.

Tutti, dapprima fermati dalla polizia e perquisiti, comprese le stanze degli alberghi che li ospitavano in quel momento, furono infine lasciati liberi di proseguire.

L’unica vittima che restò oltre un anno in carcere con l’accusa di spionaggio fu una cittadina originaria di Padova, tale Ermenegilda Graziani, fermata dalla Questura a Foggia, che dopo varie vicissitudini, fu definitivamente assolta dalla Corte d’Assise di Lucera (su questo personaggio vedasi C. de Leo, Una Mata Hari processata a Lucera, in Gazzetta del Mezzogiorno, Cronaca di Capitanata,19 dicembre 2008, p.20  e A. Fiore, Ermenegilda Graziani. Una spia della Grande Guerra a Foggia, Foggia, 2018).

Vittime di questa vera e propria caccia alle streghe furono anche i passeggeri e gli equipaggi di vari battelli approdati al porto di Bari in quei mesi.

Alcuni di questi navigli, in particolare quelli che battevano bandiera tedesca o austriaca, vennero sequestrati e confiscati come prede di guerra dal Governo e poi trasformati in navi da guerra, come si ricava dal Giornale Ufficiale della Marina Militare e Mercantile di quegli anni.

A Bari, capitale delle Puglie, uno dei casi più eclatanti si concretizzò in quegli anni anche nei confronti di alcuni cittadini italiani, come il professor Agostino Sisto, che fu arrestato con l’accusa di disfattismo per aver espresso giudizi poco lusinghieri sulla preparazione militare dell’esercito italiano mentre si intratteneva ai tavoli di un bar nel centro di Bari, rischiando anche il linciaggio da parte di una folla inferocita che si era subito formata alle parole del professore.

Ma l’episodio più eclatante si svolse sempre in quei tristi anni di guerra a Bari ed ebbe come protagonisti un gruppo di cinque sfortunati frati appartenenti all’ordine domenicano e domiciliati presso i locali conventuali attigui la chiesa di San Francesco da Paola, in piazza Giuseppe Garibaldi a Bari; edificio che dopo un incendio avvenuto nel 1846, era stato ricostruito ed affidato ai padri Domenicani.

Questi frati, di cui conosciamo anche i nomi dagli atti del relativo processo svoltosi in seguito  innanzi al Tribunale Militare di Bari, furono arrestati con la grave accusa di spionaggio e tradimento, essi erano: il superiore del gruppo padre Andrea Scognamillo ed i padri Giovanni Cristofaro, Saverio Picozzi, Matteo Coniglioni e Salvatore Fiorillo.

I padri dell’ordine di San Domenico era stati denunciati alle autorità militari perché in possesso di un potente proiettore, trovato poi durante una perquisizione dei loro alloggi.

Il proiettore, un Helios da ben 20 ampere, era in grado di trasmettere segnali luminosi alle navi nemiche, la chiesa di San Francesco ove alloggiavano i frati, peraltro, non era affatto lontana dal mare!

Da qui le accuse ai frati di essere delle spie al servizio del nemico Austro-Ungarico, in quando vi era il sospetto che nottetempo trasmettessero con segnali luminosi preziose informazioni alle navi nemiche che navigavano al largo della costa barese.

Non sappiamo per quale uso e perché i padri domenicani possedevano questo potente proiettore, sta  di fatto che questo oggetto, considerato molto pericoloso se in possesso di personale civile, gli costò l’imputazione gravissima degli articoli 74 e 75 del codice penale di guerra italiano in vigore in quegli anni.

Questi articoli contemplavano, infatti,  i reati di spionaggio a favore del nemico e tradimento della patria e, in caso di condanna, prevedevano la massima punizione in vigore nel codice militare, ovvero la pena di morte mediante fucilazione.

 L’arresto dei cinque domenicani fece molto scalpore tra la popolazione che seguì con attenzione le vicende processuali nell’estate del 1915, dopo gli interrogatori di rito, nuove perquisizioni ed alcune perizie per tastare la vera potenza del proiettore sequestrato, fra cui una realizzata da Luigi Lombardi, un famoso perito tecnico napoletano, finalmente, la prima udienza del processo si tenne il 19 luglio davanti al Tribunalòe Militare di Guerra di Bari .

Il giudizio fu rapidissimo e già dopo poco più di una settimana,  il successivo 26 luglio si risolse con l’assoluzione piena dei poveri frati.

Scarcerati immediatamente i cinque padri domenicani furono accolti da una folla di centinaia di baresi che ne festeggiarono il ritorno alla libertà con nutriti applausi ed accompagnarono i malcapitati frati al loro convento di San Francesco da Paola.

I servizi segreti italiani, del resto, avevano probabilmente potuto appurare che i frati non facevano parte di un prezioso elenco delle spie nemiche operanti nella penisola italiana compilato dall’ Evidenzbureau, il servizio di spionaggio austro-ungariuco; elenco che i servizi di controspionaggio Italiani erano riusciti a sottrarre con uno stratagemma dalla cassaforte dell’ambasciata austriaca a Berna in Svizzera!

La speranza –

La vita è come un grande libro,

oggi ho letto una brutta pagina,

domani leggo una bella pagina,

quindi vivo il mio destino, mentre la speranza,

è quella piccola luce che vive nel mio cuore! 

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