Sul fondo delle Tremiti un brigantino naufragato quasi due secoli fa

by Maria Teresa Valente

“Al giorno di venerdì sette del corrente (anno) che allo spuntar dell’alba mi si spezzò in quattro parti la randa, e si chiuse, scoprii l’isola della Pianosa per scirocco, e l’isola di Tremiti per libeccio, e perciò convenne risalvermi (rifugiarmi) nel luogo di Tremiti, giacchè continuavano sempre l’oragano di vento, e i furiosi colpi di mare, a tanto che non mi rendeva più possibile prendere altra salvezza”.

Era il 7 gennaio del 1825, quando il brigantino austriaco Stefano a causa di una furiosa tempesta s’inabissò nei pressi delle isole Tremiti, poco distante da San Nicola. Esattamente 196 anni fa, dunque, al largo dell’arcipelago del Gargano si scriveva un’affascinante pagina di storia rimasta sconosciuta per quasi due secoli, fino a quando cioè un ingegnere di Manfredonia appassionato di storia, Michelangelo De Meo, non si è imbattuto nelle carte del naufragio, tirandole fuori dall’oblio.

Un grande lavoro quello svolto da De Meo, che in maniera certosina e scrupolosa, con un fare a dir poco investigativo, sin dai primi anni del Duemila si è tuffato nei meandri degli Archivi di Stato italiani per ricostruire il drammatico naufragio con la testimonianza di documenti ufficiali.

Il brigantino, un due alberi da 210 tonnellate, era salpato per il suo ultimo tragico viaggio il 12 dicembre del 1824 da Alessandria d’Egitto in direzione Trieste, con un equipaggio di 10 uomini (compreso il comandante) e col suo carico di 900 sacchi di semi di lino, 100 balle di cotone macò e 40 casse di merce varia e datteri.

“Quando disgraziatamente era arrivato sotto il capo del forte in distanza da circa una gomena (185-200m) travai un contrasto di venti che mi fecero perdere il governo del Bastimento”. Con concitazione e sgomento, lo stesso comandante Giacomo Covacich in un appassionante racconto trascritto dal comandante delle Tremiti descrisse il tragico momento che portò il brigantino all’affondamento. “Io ed alcuni miei marinari riuscimmo a gettarci ignudi su di uno scoglio, ma dopo pochi istanti ci cadde sopra l’alborata e successivamente un colpo di mare ci gettò dispersi nell’onde; dopo qualche intervallo di minuti parte di noi ci trovammo immersi alla discrezione dei colpi di mare, fra la terra ed i frammenti di legnami e manovre del povero bastimento, di cui non si conosceva più la figura. In questo stato, che ci vedevamo tutti perduti vidimo una lancia ben corredata da uomini, e di remi che per ordine dei superiori era venuta in nostro soccorso e salvò con effetto cinque uomini del mio equipaggio; io e altri due marinari ci salvammo sopra quei scogli, e due altri uomini non più si ved-dero perché naufragati. Ecco il nome dei sette uomini salvati, ed in appesso quello degl’uomini morti: Nostromo – Antonio Zagai di Rovigno Dispenziere – Antonio Derensin di Valosca Timoniere – Martino Morella di Lussino Marinaro – Marco Gerbas di Lussino Marinaro – Vincenzo Mavirch di Lovrana Cameratto – Giovanni Carli di Ragusa Ragazzo – Francesco Rizzo di Genova. Morti naufragati: Marinaro – Antonio Vidosich di Lovrana Marinaro – Andrea Mascardin di Muschenis”.

Grazie alle ricerche storiche di Michelangelo De Meo, nel 2012 alcuni resti del bastimento, ed in particolare due grosse ancore e i sacchi delle merci, sono stati ritrovati con scansioni e prospezione dei fondali grazie alle esplorazioni subacquee guidate da Adelmo Sorci del Laboratorio del Mare del MarlinTremiti. “Le istituzioni non mi presero mai sul serio fino a quando dei sub del MarlinTremiti ritrovarono lo scafo sul fondale”,  rivela con amarezza De Meo, aggiungendo: “Cosa trasportava di veramente importante non l’ho mai rivelato, la fantastica storia del naufragio, una mia scoperta storica archeologica, la sto scrivendo in un testo che spero di pubblicare in futuro”.

L’arcipelago delle Tremiti, incastonato nel mar Adriatico, importante via di comunicazione e preziosa rotta commerciale per secoli, è stato toccato da tante storie avventurose e diversi naufragi. Nel 1864 anche il vaporetto Lombardo, sul quale avevano viaggiato i leggendari Mille di Garibaldi, affondò nei pressi dell’isola di San Domino mentre, ormai adibito ad altro, trasportava a Manfredonia cavalli e detenuti.

Il brigantino austriaco Stefano giace ancora oggi nei pressi dell’isola di San Nicola, tra 55 e 75 metri di profondità. Michelangelo De Meo commenta: Questo relitto è molto importante per ciò che trasportava, per i traffici commerciali dell’800 tra Trieste e l’Egitto. Sicuramente nello scafo presente sotto la sabbia c’è ancora tanto”. “Mi sono impegnato molto nel trovare gli antichi documenti e dopo averlo comunicato alle istituzioni non mi è giunta mai alcuna risposta. C’è forse ancora qualcuno che mette in dubbio la scoperta?”.

Sui documenti rinvenuti da De Meo si nota il timbro originale del Consolato Austriaco nel Regno di Napoli del 1825. Sulla scoperta, grazie alle immersioni subacquee della MarlinTremiti, non vi è ormai più alcun dubbio. L’auspicio è che le ricerche possano al più presto proseguire per riportare alla luce questo immenso tesoro storico, scoperto grazie all’intuito, all’impegno e all’insaziabile curiosità dell’ingegnere sipontino.

(Immagini tratte dall’opuscolo: Il Brigantico Austriaco “Stefano” della MarlinTremiti Professional Scuba Activities, Laboratorio del Mare – Isole Tremiti)

Diario Brigantino Austriaco
Diario Brigantino Austriaco
L'ancora del brigantino
Brigantino
ing Michelangelo De Meo
Foto Corrispondenza

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