Amelia Earhart, l’aviatrice che per tutta la vita rivendicò il suo diritto alla libertà

by Paola Manno

“Questa è una storia che va raccontata” sostiene Robert Ballard a bordo di un’imbarcazione nel mezzo del Pacifico. Ballard è il celebre oceanografo e archeologo statunitense che nel 1985 riuscì a localizzare il relitto del Titanic e che negli ultimi anni è impegnato a decifrare uno dei casi tuttora irrisolti che da decenni fa discutere i ricercatori.

La storia è quella della scomparsa di Amelia Earhart, la leggendaria aviatrice americana che scomparve il 2 luglio del 1937. Aveva progettato una traversata aerea intorno al mondo, la più lunga: 47 mila chilometri di volo. Quel giorno Earhart e il suo officiale di rotta Fred Noonan avevano pianificato di atterrare sull’isola di Howland, un’isoletta sperduta nell’oceano Pacifico a metà strada tra l’Australia e le Hawaii.

“Dovremo essere sopra di voi” sono le ultime parole di Amelia prima di perdere il contatto via radio con l’Itasca. I piloti non arrivarono mai a destinazione. Ballard ricorda come la macchina dei soccorsi si sia mossa immediatamente, mobilitando decine di aerei e nove barche ma che si concluse senza risultati, fino alla dichiarazione, nel gennaio del 1939, della morte dell’aviatrice. Il fatto che il suo aeroplano non venne mai ritrovato insieme all’enorme fama di cui godeva all’epoca, alimentarono ogni tipo di speculazione. Tante furono le teorie che fiorirono nei mesi che seguirono: Amelia era stata catturata dai giapponesi, aveva ripensato alla follia di quell’impresa e aveva deciso di vivere da brava casalinga sotto falso nome in una casa sperduta in campagna, era stata minacciata, aveva dirottato l’aereo su un’isola paradisiaca, era diventata una spia… Gli americani rimasero per settimane attaccati alle radio per seguire i numerosissimi programmi che riportavano quotidianamente l’andamento degli indagini. La sua scomparsa ha appassionato numerosi studiosi che, proprio come Ballard, a 80 anni dall’evento investono tempo e risorse per risolvere l’enigma. L’archeologo ha ragione, la storia della scomparsa di Earhart va raccontata, tuttavia di più, con più forza e attenzione, è giusto raccontare la sua vita. 

Ritrovo il volto di Amelia nell’illustrazione di Giulia Flamini nella raccolta “Storie della buonanotte per bambine ribelli” (100 vite di donne straordinarie), uno dei casi editoriali degli ultimi anni. La sua storia è tra quelle che hanno appassionato maggiormente le bambine e i bambini: in fondo, chi è che non ha mai sognato di volare attorno al mondo? Da bambina indossava sempre i pantaloni, cuciti da una madre pratica, perché i vestitini li rendeva a brandelli. Per il suo dodicesimo compleanno suo padre le regalò un fucile per sparare ai topi nel granaio. Da ragazza fece molti lavori: la stenografa, la camionista, la stenografista, finché durante la guerra si ritrovò infermiera in un campo di aviazione ed è lì che capì che il suo sogno era quello di volare. Amelia era una donna “della sua generazione”, profondamente consapevole della condizione della donna in quegli anni e delle lotte che erano state portate avanti fino ad allora.

Aveva votato, insieme alle altre donne, per la prima volta a 23 anni. Con entusiasmo iniziò a studiare per diventare aviatrice e lavorò duramente per comprarsi un aeroplano. Era il 1920 e per mesi continuò a lavorare per potersi pagare il carburante. Nel giro di due anni divenne talmente brava che riuscì a battere il record di altezza, superando i 4.000 metri: nessuna donna ci era mai riuscita. La sua fama crebbe e nel 1928 venne ingaggiata dal Capitano Hilton H. Railey per compiere un’altra importante impresa, quella di sorvolare l’Oceano Atlantico per raggiungere l’Europa. Accettò con entusiasmo ma solo pochi giorni prima della partenza scoprì che non sarebbe stata lei a guidare il velivolo e si sentì trattata, come dichiarò, come “un sacco di patate” trasportato da una parte all’altra del mondo. Nonostante questo, quando il team arrivò in Galles 21 ore dopo, tutti gli occhi erano puntati su di lei, che era stata la prima donna ad aver attraversato in volo l’Oceano.

Le numerose immagini dell’epoca mostrano tuttavia una donna pensierosa. “Noi donne siamo sempre state educate alla timidezza, ma io amo l’avventura” ripeteva spesso l’aviatrice “Voglio dimostrare che le donne, se sono libere, possono fare ciò che vogliono”. Così salì nuovamente su un aereo e stabilì un nuovo record di velocità, fu inoltre la prima donna a volare dalle Hawaii alla terraferma. Dopo numerosi rifiuti, decise di sposare George Palmer Putnam, autore ed esploratore americano da sempre innamorato di lei, ma il giorno del matrimonio gli fece firmare una lettera nella quale stabiliva delle regole da sottoscrivere “Non ti obbligherò a rispettare le medioevali regole della fedeltà, ma pretenderò di separarci se non saremo felici insieme”.

Per tutta la vita Amelia rivendicò il suo diritto alla libertà. Era una donna perfettamente consapevole dei suoi diritti e sinceramente impegnata nell’educazione delle altre donne; i suoi interventi nelle Università erano appassionati e rivoluzionari. Molte confraternite temevano che le ragazze, dopo averla ascoltata, non avrebbero più voluto sposarsi. 

Personaggio amatissimo e stimato, Amelia divenne ben presto l’icona del coraggio e della libertà e forse proprio per questo la gente non accettò mai la sua morte e preferì pensarla viva ancora in giro per il mondo. Così, più che la sua scomparsa è la sua vita che ancora ha tante cose da raccontare, soprattutto alle più giovani: “Sono consapevole di tutti rischi -aveva scritto alla sorella prima di partire- Voglio farlo perché voglio farlo. Le donne possono fare tutto”.

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