Il “dono tradito”. Franco Landella e l’etica pubblica

by Antonella Soccio

Le parole del Questore Paolo Sirna, originario di Capo d’Orlando, sono risuonate quasi romantiche se non da brivido, nella conferenza stampa per l’arresto del sindaco di Foggia Franco Landella, raggiunto dalla custodia cautelare per corruzione e tentata concussione.

“Fare l’amministratore pubblico è un dono offerto dalla collettività, quando l’esercizio della funzione pubblica è piegata a fini personalistici, il dono è stato tradito”.

Le attività volte a ripristinare la legalità e la giustizia, proprio perché la collettività non si senta tradita e possa avere fiducia nello Stato, hanno una “funzione sociale”, hanno spiegato gli inquirenti.

“La Procura lavora per il bene del territorio e della collettività, per chi vi abita e c’è bisogno del contributo di chi può fornirlo, di chi è a conoscenza di fatti e situazioni”.

Ebbene, i fatti e le fonti di prova comunicati quest’oggi rappresentano una realtà corruttiva consolidata e sprezzante, nelle parole e nei gesti, nella città della Quarta Mafia e delle mazzette dilaganti.

Una realtà amministrativa del tutto disinteressata al bene pubblico e orientata solo a rimpinguare il proprio status di eletto e di amministratore pro tempore. Come se il ruolo di consigliere comunale assicurasse il saccheggio della cosa pubblica e garantisse prebende aggiuntive mentre i servizi languono. Senza uno straccio di differenziata, senza parco giochi per i bambini, con strade divelte che solo il Giro d’Italia ha ripianato nel breve tratto del chilometro zero della tappa, senza una idea di come aiutare le attività e gli operatori impoveriti dalla pandemia, con i bus da rottamare che si scassano ad ogni corsa.

L’arricchimento personale dei consiglieri che ritardano la gestione della cosa pubblica in attesa di questa o quella tangente del 5 o 10% rispetto all’appalto, ha forse lo stesso valore della mafia che piazza bombe davanti alle saracinesche o chiede il pizzo a chi intende insediare attività produttive in zona Asi.

Sono una cesura nello sviluppo, nella convivenza civile, nel libero mercato.

La città era al buio da anni, con un appalto abortito innumerevoli volte, ma il sindaco si attardava con minacce colorite a chiedere 500mila euro a Luca Azzariti, il manager referente dell’azienda di pubblica illuminazione che avrebbe potuto subentrare nel project financig fallito.

La città conta circa 2mila presunti disperati senza casa, in perenne emergenza abitativa, ma il sindaco si attardava il 15 agosto ad intascare una tangente da dividere in quote da 2mila euro cadauno per la sua maggioranza per una nuova, ennesima proroga di un piano edilizio, di una convenzione urbanistica, di cui non si sente il bisogno e che consumerà altro suolo pubblico, violentandolo nei pressi del nuovo ospedale, il Deu, che sarà lambito dall’Orbitale, ancora chiusa e non consegnata. Tutto questo nella città le cui vittime di mafia sono tutte legate alla bolla urbanistica e che aspetta il suo Pug e le sue regole da almeno 15 anni.

“Le fonti di prova sono state tante, ci sono le dichiarazioni della persona offesa, c’è la registrazione dell’incontro di Azzariti e il sindaco, Iaccarino, ha reso dichiarazioni, ci sono ancora le dichiarazioni di Pinotti, manager della precedente società che conferma questa ipotesi della tangente perché non sia ostacolato l’affare, ci sono ancora delle intercettazioni telefoniche ambientali. Un quadro indiziario forte, con requisiti di gravità”, ha spiegato il procuratore della Repubblica Ludovico Vaccaro riguardo alla pubblica illuminazione.

Anche per la proroga della convenzione urbanistica gli inquirenti hanno una “pluralità di prove”. Colloqui, intercettazioni, conversazioni e l’incontro del 15 agosto 2020, con la raccolta della tangente poi distribuita dal sindaco. 2mila euro a testa.

La delibera di Consiglio c’era stata qualche settimana prima e a nulla erano valsi i distinguo di chi come il consigliere Giovanni Quarato, ingegnere e presidente della Commissione Ambiente e Territorio evidenziava in aula Zoom che che l’accordo di programma ha durata temporale in quanto costituisce variante al P.R.G. e si realizza interesse pubblico quando l’opera viene fatta in un tempo predefinito. L’inoperosità da parte del soggetto proponente non aveva importanza per chi aspettava i 2mila euro. La maggioranza fece una scelta politica, senza interrogarsi se l’accordo di programma era da ritenersi ancora valido e se fosse tutt’ora permanente l’ interesse pubblico.

Le indagini non sono finite, altri atti e altri appalti potrebbero finire sotto la lente della Procura. Del resto l’ex presidente del Consiglio Leo Iaccarino sta collaborando, ammettendo colpe e nominando il malaffare.

Conosciuto ormai il modus operandi dell’amministrazione Landella si può ben comprendere che ogni delibera di Giunta e di Consiglio, ogni decisione inerente grossi business potrebbe svelare un vaso di Pandora senza fondo.

La Giunta degli esperti si ritira in buon ordine, con la stelletta dei poveri ingenui.

Cosa resta di questi anni di governo di un sindaco tanto amato dal popolo, riconfermato, e al quale tutti dopotutto hanno sempre guardato con simpatia, dalle parrocchie ai circoli massonici, nonostante il familismo, gli eccessi e le dentali invertite?

Foggia è viva, recitava il suo slogan elettorale. Viva per la durata di qualche evento gastronomico di successo (la metafora pantagruelica del magnamagna sarebbe troppo scontata), qualche effimera festa pubblica, qualche spettacolo di pregio concepito da una tecnostruttura colta. Ma morta per partecipazione ed etica pubblica.

Non resta a noi pochi ciclisti urbani (chi scrive, gli anziani, i ragazzini molesti in età da castigamatti ormonali, i migranti, i radical chic più ostinati e qualche altro inforcatore della domenica con bici di lusso) che pedalare nel vento lungo le bruttissime ma velocissime piste ciclabili blu di questa amministrazione e sperare che la tangente non sia stata così alta da inficiare troppo la qualità delle strade sventrate e del manto su cui poggia la nostra ruota.

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