Meltem, il film di Basile Doganis su identità e doppia appartenenza

by Gabriella Longo

Ci sono molte storie sull’identità; alcune trasformano un’emergenza collettiva, un caso sulla cresta dell’onda in una soap opera lacrimosa: un crogiolo di usitati cliché, una lettura superficiale, inutile, spesso addirittura pericolosa di un fatto grave, molto grave, forse al pari della morte, e cioè la progressiva perdita della percezione degli altri e, quindi, di sé stessi, in quanto esseri umani. Il che non è, quindi, molto diverso dal morire.

Poi ci sono altre storie sull’identità, molto diverse, che non hanno bisogno di lustrini per toccare il cuore e la coscienza, che potrebbero essere paragonate alla carezza di un vento come il meltem, ad esempio, quello che spira nello scenario mediterraneo del bellissimo film di Basile Doganis. Il giovane regista greco, da sempre vissuto in Francia, viene costantemente scambiato per algerino. Ecco perché i personaggi del suo primo lungometraggio, Meltem, hanno delle storie un po’ simili alla sua.

È il luglio del 2015, in Grecia i turisti non possono pagare con le carte di credito e l’emergenza migranti è storia di tragica attualità. È in questo scenario pseudoapocalittico che tre allievi di una scuola alberghiera francese sbarcano all’aeroporto di Lesbo. Elena (Daphne Patakia), Nassim (Rabah Nait Oufella) e Sekou (Lamine Cissokho) sono decisi a godersi le bellezze estive dell’isola greca. A differenza dei suoi compagni, Elena torna in una terra che conosce profondamente: è a Lesbo che ha trascorso la sua infanzia accanto alla madre francese, ora defunta, e al patrigno greco Manos (Akis Sakellariou) che ha continuato a vivere nella tenuta di famiglia, una splendida villetta mediterranea col pozzo e l’orto. Se per Nassim e Sekou arrivare in Grecia significa condividere sui social corse sui quad e pranzi con la pita, per Elena si tratta, invece, di trovarsi faccia a faccia con il suo lutto. Da qui un categorico diniego del passato e la disconoscenza delle proprie radici geografiche e affettive: Elena rifiuta l’appoggio di Manos, tace la conoscenza della lingua greca e decide persino di vendere la casa di Lesbo – di cui è diventata proprietaria – per acquistare, con l’eventuale ricavato, un chioschetto ambulante da gestire assieme ai suoi compagni. Intanto Nassim e Sekou, legati da una profonda amicizia intrisa di speciale complicità, vengono coinvolti dal clima di festa che anima l’isola; non di rado, però, dovranno confrontarsi col pregiudizio della gente che dietro un ragazzo di colore (Sekou) e dietro  uno dalle sembianze tunisine (Nassim), vede non dei rappresentanti della nazione francese,  ma degli  immigrati. “Non è un po’ razzista?”, commenta ad un certo punto uno dei due, lasciando, però, che quel pesante interrogativo venga trasportato dal vento e stemperato in una buona dose di risate in cui i due non mancano di coinvolgere gli spettatori.

Fra un bagno in mare e qualche infrazione del limite di velocità, a Lesbo i tre ragazzi faranno la conoscenza di due curiosi personaggi, entrambi riflessi dell’emergenza socioeconomica dell’Europa: Elyas (Karam Al Kafri), un ragazzo siriano che si nasconde sulle spiagge di Lesbo e attende di ritrovare sua madre, probabilmente finita in un campo profughi ad Atene, e Edward (Féodor Atkine), un birdwatcher inglese, avventuriero del mare con una barca a fargli da compagna, al quale i ragazzi si preoccuperanno di offrire il pranzo, visti i non pochi disagi creati dal pericolo grexit.  Uniti dal desiderio di aiutare anche Elyas nella sua ricerca, Nassim, Sekou ed Elena, cominceranno, però, a sentire la necessità di sedentarizzarsi, di dare un nome al vuoto che caratterizza le loro vite, riscoprendo l’importanza dell’appartenenza, manifestata nel rispetto del Ramadan o nell’indossare un vecchio vestito appartenuto alla propria madre, a prescindere che la causa di quel vuoto sia una perdita o qualcosa che non si è mai avuto. E Manos, che lavorava da tempo allo sviluppo di una banca dati per identificare i migranti annegati tramite il loro DNA, sarà l’anello di congiunzione dentro questo difficoltoso processo.

Il film è stato presentato il 3 maggio alla decima edizione del Bif&st, nella categoria Panorama Internazionale.

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