Applausi al Giordano per l’aporia del Teatro Necessario

by Daniela Tonti

Cos’è che colpisce nello spettacolo dell’uomo animato da una grande passione? Le parole? Talvolta. Ma ciò che commuove sono sempre le grida, le sillabe inarticolate, la voce rotta, qualche monosillabo che sfugge ogni tanto, un certo mormorio in gola, tra i denti.

Denis Diderot

Il pluripremiato Nuova Barberia Carloni del Teatro Necessario ha incantato ieri sera al Giordano il pubblico di ogni età. Uno spettacolo coinvolgente che richiama subito alla memoria i moduli sennettiani delle slapstick comedy ma che abbraccia molti linguaggi teatrali, dal mimo alla pantomima, dalla sincronia tra il gesto e la musica nel cosiddetto montaggio sonoro fino al raccourci decrouxiano e all’arte del contrappeso.

Lo spettacolo ruota intorno alla storia di tre protagonisti, maldestri barbieri, che aprono una nuova ma antica barberia e che, nella scena iniziale, si rivolgono al pubblico in cerca di clienti. Uno spettacolo esilarante fatto di gag, torte in faccia, musica, effetti speciali, mangiafuoco, clowneria e perfetta sincronia tra la musica e i movimenti degli attori acrobati che realizza una sintesi perfetta dei diversi linguaggi scenici mimico, comico e musicale.

La pantomima è sempre una sfida interessante sul palcoscenico ed è bene precisare che per pantomima non si intende un genere teatrale muto e neppure i soli mezzi non verbali dell’attore ma l’insieme degli elementi espressivi di cui l’attore dispone al di là della pura e semplice dizione delle battute: dunque i movimenti del corpo, gli atteggiamenti, la mimica facciale, i toni della voce, le grida, i sospiri e così via.  I tre attori sulla scena danno una eccezionale prova di verosimiglianza ed efficacia per esempio nel contrappeso, nella simulazione simultanea di due forze opposte che si scontrano. Due forze che nella realtà esistono ma che in scena sono contro un oggetto illusorio o reale, come nel caso dello sforzo a riportare giù la poltrona da coiffeur.

Clarinetto, tromba, trombone e contrabbasso segnano il passo e non mancano una battuta, sottolineano il movimento perfettamente sincronizzato nel ritmo che scandisce le avventure dei tre attori, fili che si attorcigliano, incidenti di scena, acqua spruzzata in faccia e moduli mutuati dalla comiche americane. Gli attori in scena contraggono il tempo e lo spazio in un’azione e traducono questa azione in immagine muscolare.

D’altronde le fonti del mimo affondano le radici nella scultura di Michelangelo, nel teatro No, nella poesia simbolista e ovviamente in Charlie Chaplin.

Più che in Chaplin dove la comicità è caricata di una dimensione umana e Charlot è sempre più solo davanti ai problemi della vita forte solo del suo ingegno, della sua astuzia e di un pizzico di fortuna, il modello cinematografico più richiamato dal Teatro Necessario è forse Mack Sennett. L’inventore dello splastick commedy cioè delle comiche violente in cui schiaffi e calci, inseguimenti e cadute, torte in faccia e varie acrobazie costituivano i motivi ricorrenti di una comicità che è possibile rintracciare nell’animo popolare.

Uno spettacolo che ha entusiasmato il pubblico specie i più piccini totalmente assorbiti fino alla fine dalla pantomima, partecipi non tanto della storia – che passa in secondo piano in questo genere teatrale – ma proprio dalla gestualità e dal movimento ben calibrati con effetti speciali e colpi di scena.  La pantomima per il teatro per famiglie è una scommessa vincente, non solo svago e grandi risate ma anche presa di coscienza del corpo e delle espressioni dell’animo attraverso il modello gestuale. Non a caso essa non è rimasta confinata nel campo teatrale ma trova sponda anche nella riflessione dell’epoca del linguaggio.

Ferdinand De Saussure, per esempio, nel Cours de linguistique gènèrale si chiede se la semiologia possa avere, una volta organizzata, giurisdizione anche nei confronti di modi di espressione che si basano interamente sui segni naturali come la pantomima.

Daniela Tonti

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