Valentina Lodovini e le donne di “Tutta casa, letto e chiesa”: «La recitazione per me è sentimento, il teatro ti dà una libertà assoluta»

by Antonella Soccio

Il pubblico lucerino del Teatro Garibaldi, per la stagione diretta da Fabrizio Gifuni, sarà chiamato questa sera ad essere l’attore/attrice immaginario/a di “Tutta casa, letto e chiesa”, il testo cult di Dario Fo e Franca Rame sulla condizione dei sessi, scritto e portato sul palco al tempo del femminismo militante e ripreso oggi dalla brillante interpretazione di Valentina Lodovini per la regia di Sandro Mabellini.

I monologhi tragicomici pieni di auto sarcasmo sono una critica sociale ancora molto attuale sul rapporto uomo-donna e sul giogo patriarcale che le donne per prime si auto impongono.

Valentina Lodovini reinterpreta le donne trattenendo il lato ironico e restituendo una certa ingenuità ai personaggi.

Noi di bonculture l’abbiamo intervistata.

Lodovini, quanto e come la pandemia ha cambiato lo spettacolo? Che energia c’è oggi tra lei e il pubblico in sala?

È molto emozionante, sono una privilegiata, è commovente per me recitare, ogni volta il pubblico mi travolge, succedevano cose molto belle sempre anche prima del virus, ma dopo la pandemia, c’è un’emozione nuova che è difficile da descrivere, c’è il senso di insieme, c’è anche un po’ di paura, nelle date subito dopo la riapertura si avvertiva un certo timore. Il primo giorno di riapertura lo scorso gennaio guardavo il pubblico ed eravamo insieme in maniera straordinaria nella semplicità. Sembravamo dei sopravvissuti, una parola sicuramente forte in questo momento storico.

Le sue donne rispetto a quelle di Franca Rame appaiono meno sarcastiche, più leggere e vere, depurate da un certo modo “classista” e grottesco di guardare le classi subalterne e gli strati sociali più umili da parte degli intellettuali. L’interpretazione di Franca Rame a tratti oggi infastidisce, perché va a colpire dei tabù del passato delle donne. Quei personaggi raccontano ancora la condizione femminile odierna?

Nel racconto di Franca Rame c’è l’ironia, la purezza, la sofferenza, quando gli artisti sono così e raccontano di un contrasto restano sempre attuali. Certo il contesto culturale è cambiato. Questa domanda forse andrebbe rivolta più al pubblico. Io mi sento onorata nel portare in scena lo spettacolo, si tratta di un testo inattaccabile.

È uno spettacolo anche molto tecnico, in cui mette in scena tutta la sua maestria attoriale. Il colloquio con l’amico immaginario o al telefono è uno dei primi esercizi per chi vuole essere un attore, il più difficile da cui spesso non si esce vivi. Il cinema non le dà la stessa opportunità…

Ho fatto una scelta ben precisa, quella di usare il corpo, ci sono dei linguaggi diversi, a teatro è importante tecnicamente come porti la voce, io ho fatto una scelta, volevo che prevalesse l’umanità, la verità. Non sono personaggi, sono donne. Sono 4 donne e ho deciso di buttare la tecnica e di recitare col cuore, con cuore, sicché ci sono delle cose a cui ti appigli, perché non sarebbe neanche professionale lavorare solo sulle emozioni, ma la mia è stata una scelta di andare sulla verità.

Sono quattro situazioni in cui tutte ci riconosciamo, abbiamo avuto le madri, le nonne, delle zie, delle conoscenti così, si toccano delle persone con delle caratteristiche e delle personalità che ci appartengono in quanto donne. Ho letto il testo quando avevo 16 anni, per la prima volta e posso dire che il vero protagonista è il pubblico.

Oggi alcune battute possono far ridere meno di ieri, non è così?

Si tratta di sensibilità, è chiaro che il contesto storico influenza la risata, ma si tratta di sensibilità, molto dipende da quanto ci identifichiamo col testo.

Negli Settanta lo spettacolo era più rivolto alle donne, erano gli anni dell’autocoscienza femminile. E oggi? Gli uomini si sentono più parte di quella questione maschile sollevata dal femminismo del terzo millennio?

La cosa bellissima è che lo spettacolo fa ridere e fa discutere, venivano fuori molte cose già prima della pandemia. Si parla di uomini e donne, più l’uomo lotterà per i diritti delle donne più questi avverranno più velocemente. Oggi il rapporto uomo donna, almeno nella maggioranza dei casi, è più equo, alla pari. Spero che gli uomini possano riuscire a pensare alle loro madri, amiche, sorelle. C’è poi la politica che deve agire. Mancano ancora molte leggi in difesa delle donne e delle minoranze nel nostro Paese.

Riesce a raccontare la stessa profondità nei ruoli che le sono offerti al cinema?

Dico sempre che ho un curriculum di proteggere, ho il mio percorso attoriale, il teatro dà delle opportunità diverse, ma non mi lamento affatto dei ruoli che ho interpretato al cinema e che mi sono offerti. Il teatro ti dà una libertà assoluta, ho la sensazione ogni volta che salgo sul palco che viene aperta una gabbia. Sto dietro le quinte e dopo quei 5 minuti è come se mi aprissero la gabbia, forse è anche perché qui sono sola in scena. Al cinema mi sono arrivate cose diverse, ma che ho apprezzato.

C’è un carattere di donna che le piacerebbe interpretare?

Non ce n’è una in particolare, la recitazione per me è sentimento, nel raccontare provo calore.

Lei ha fatto tanto teatro e cinema civile. Recitare a Lucera per la PrimaVera a Garibaldi della direzione artistica di Fabrizio Gifuni è anche un modo per fare teatro civile, al di là di quello che si porta in scena, in un territorio difficile che ha bisogno di cultura per emanciparsi dal racconto mafioso. Perché ha accettato?

C’è sicuramente il fatto che mi è stato chiesto da Fabrizio Gifuni, è uno dei colleghi che stimo maggiormente, ha la mia stima incondizionata come attore. Venire a Lucera nella sua città è una grande responsabilità, ti senti in debito hai paura di deluderlo. Il pubblico si aspetta molto. Di certo la conoscenza ci salverà, credo molto nella formazione, la conoscenza è una cosa molto preziosa, è nutrimento per ognuno di noi sia per l’intelletto sia per l’anima. Conoscere ci aiuta a reagire, ad essere meno manipolabili. Io vivo la vita da studentessa, sono molto curiosa di moltissime cose, guardo e insegno quello che conosco ai miei nipoti, gli individui a cui voglio più bene al mondo. L’ignoto è prezioso, conosco i meccanismi della provincia, vengo da Siena, adoropoter andare nelle province più piccole, non ci dovrebbero mai essere cittadini di serie a e cittadini di serie b.

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