Sanremo 2021, la dea Elodie, citazionismi, deja-vu e già tormentoni che attendono il ballo assembrati in spiaggia. Vincerà il “cecchino” Ermal Meta?

by Nicola Signorile

Potevamo esimerci dal commento di Sanremo 2021? Il primo Sanremo criticato più alla vigilia che in corso d’opera. Quello che poteva, e secondo molti, che per lo più non sanno di cosa parlano, doveva saltare. Quello che con la platea televisiva enormemente ampliata dal confinamento casalingo non sfonda negli ascolti, ma chissenefrega: non è certo quello il criterio per valutare uno spettacolo musicale, seppur televisivo. Il problema è che se parliamo di forma e di contenuti le cose non migliorano molto. Ecco qualche nota in ordine sparso per farsi un’idea delle fluviali prime quattro serate.

Amadeus e Fiorello chi? Sono due donne a dominare il palco di Sanremo nelle prime serate. Una travolgente Elodie che dimostra con i fatti che oltre le gambe c’è di più. Forza e fragilità, talento e bellezza, l’ospite internazionale del festival è lei. Perdonaci Laura Pausini, ma non c’è partita, anche con il Golden Globe ad aspettarti a casa! Nel monologo finale si strappa di dosso qualsiasi filtro per mostrarsi così com’è, con due occhioni trasparenti in cui leggi tutto quello che ha vissuto: le lotte e la rivalsa, le rinunce e il sogno realizzato di un bambina nata ai bordi di periferia. Matilda De Angelis, più a sorpresa perché meno conosciuta dal pubblico televisivo, si mangia il palco, attutisce il vuoto cosmico dei siparietti penosi messi in piedi come ogni anno dagli autori di Sanremo. Entrambe dimostrano di essere migliori del Fiorello di oggi e dell’Amadeus di sempre. La domanda che tutti si fanno è: perché un Sanremo non può essere affidato a due donne così?

Cosa abbiamo fatto di male per meritarcelo? – Lo show è tecnicamente imbarazzante per chi mastica un minimo di televisione e musica dal vivo. Basterebbe guardare una puntata del live di X Factor per piangere lacrime amare. Regia che si perde molti momenti salienti, luci mortificanti, problemi audio sin dalla prima serata a rendere le canzoni ancor meno digeribili, anche se molti “artisti” li usano come alibi per giustificare performance discutibili. Ritmo altalenante, scaletta confusionaria, costruita (?) senza criterio con i momenti potenzialmente più intensi relegati a notte fonda. La scelta di molti ospiti sarebbe anche apprezzabile (vedi Bertè, la calciatrice Cristiana Girelli e Alex Schwazer), se non fosse per l’approssimazione delle interviste di Ama. Potevamo risparmiarci il trio Cinquetti (elegantissima)-Leali (con la peggior stecca del 2021)-Marcella Bella, uscita pari pari dal Sanremo 1986, canzone Senza un briciolo di testa compresa. Così come Barbara Palombelli e il suo monologo finto-femminista da boomer in stato di esaltazione egotica. Suscita sempre un po’ di fastidio sentir dire che Il Volo rappresenta l’Italia nel mondo: vorremmo dire che non è vero, che non hanno la cittadinanza, ma ci tocca. Come ci tocca Gigi D’Alessio in versione Eminem, attorniato da Guagliune degni di miglior sorte che fare da vallette all’ex della Tatangelo.

In compenso, i duetti Amadeus-Fiorello ricordano un po’ le centinaia di canzoni di Baglioni nel suo Sanremo: interrompono la gara e non aggiungono nulla alle serate. Certo, uno show senza pubblico per Fiorello è una specie di castigo divino. Ed è una condizione che rende quasi ingiudicabile uno spettacolo che necessita della spalla degli spettatori in platea, valga come attenuante generica. Però gli autori non hanno nulla da dire, è evidente. Non c’è il minimo sforzo per non dico spiazzare ma almeno interessare il pubblico. Ibrah fa Ibrah, la top model fa la top model (torniamo per un po’ ai fausti baudiani), Fiorello fa quel che può, alternando gag riuscite ad altre che ci riportano in un villaggio turistico anni ’80: per carità, può piacere ancora a qualcuno, beato lui! Il problema vero di questo, e dei Sanremo di sempre, è la durata. Ci deve essere un buon motivo perché uno spettacolo duri fino a notte fonda: ospiti straordinari, momenti di spettacolo indimenticabili, qualcosa di inedito per la tv italiana. Non c’è niente di tutto questo nei Sanremo di Amadeus, a scapito del ritmo e dell’attenzione degli spettatori.

Smarrimento Cos’è successo al cantante di Angelo e Raccontami, sempre intonato e in pieno controllo? Su Francesco Renga nel post-Timoria (per noi la carriera del cantante friulano si è più o meno fermata lì) si è sempre detto: la canzone non mi convince, ma canta da Dio. Adesso come la mettiamo? Qualcosa vorrà pur dire se sei in tv a fare il giudice ad All Together Now! Prime due esibizioni da brividi (di ribrezzo), la terza migliora ma ha bisogno di cantarla due volte, davvero troppo per il pubblico a casa. Di Casadilego si ricorderà per sempre il look bambolesco che distoglie decisamente l’attenzione – e forse è meglio – dall’esecuzione di Una ragione di più. Povera Vanoni!

Voci in cerca di autore Annalisa, Noemi, Arisa. Lo stesso destino accomuna tre delle migliori voci femminili in circolazione: cantare canzoni che non lasciano il segno. A parte qualche eccezione ovviamente. Autori non all’altezza? Gigi D’Alessio non è Mogol, bella scoperta direte. Canzoni innocue, vocalità sprecate, un approccio sempre troppo sanremese, troppo nel solco della tradizione. Una traiettoria che porta dritto dritto ad essere le nuove Giorgia, nel bene e nel male. La rossa ex-Amici non incide mai, la rossa ex-X Factor ha un timbro che riconosceresti in mezzo a mille ma non fa goal da molto tempo, la giudice di Amici cerca di bissare La Notte, ma è sempre uguale a se stessa. Cercansi autori capaci di valorizzarle.

Sempreverde La via della tradizione d’altronde è già presidiata egregiamente da Orietta Berti che non si snatura. Usato sicuro. Da onnipresenza dei salotti televisivi torna a fare quello che sa far meglio. La sua voce tira dritta come un treno. Quando sale sul palco ci sembra di esser tornati per un attimo ai Sanremo di Baudo e Mike Buongiorno. È la finestra vintage nel festival più giovane e giovanilista di sempre. Ma a 77 anni risulta più fresca e credibile delle suddette cantanti.

L’incompreso Bugo è uno che sa scrivere canzoni, non ci sono c…. È un dogma, inoppugnabile. Io mi rompo i coglioni, Casalingo, Ggell, e la stessa Sincero, il pomo della discordia con Morgan lo scorso anno. L’occasione del riscatto arriva con E invece sì: “Voglio immaginarmi che anche un dittatore si innamora, vomita e poi si commuove”, è il verso dell’anno. “Christian cresci, stai su dritto”, ma sul palco Bugo fa sempre l’effetto di quello capitato lì per caso, poi la cover de L’avventura è da falò in spiaggia a Ferragosto con tanto di stonature. L’anno scorso l’affaire Morgan è stato sua croce e delizia: ha fatto dimenticare la canzone, ma ha rilanciato la carriera di uno che un po’ di anni fa era considerato cantautore di razza. Poi a riascoltarla E invece sì è proprio una bella canzone.

Populista?Un paese di canzonette mentre fuori c’è la morte”, il verso giusto per conquistare il cuore degli italiani. Molti dei quali hanno appena scoperto Willie Peyote. Ha fatto di meglio? Di certo. Ma per Sanremo basta e avanza questa Mai dire mai (La Locura). Il testo è d’impatto, forse un filo didascalico. “Riapriamo gli stadi ma non teatri né live, magari faccio due palleggi, mai dire mai”, e anche l’occhiolino alla gente di spettacolo è strizzato. La stoffa la capisci anche dalla scelta di rifare Giudizi Universali senza snaturarla, lasciandola cantare a Samuele Bersani. Applausi!

Nuove proposte Ottimi Wrongonyou Davide Shorty e Folcast, forse le canzoni migliori del festival. Vince Gaudiano con una canzone intensa che parla di una dolorosa storia personale. Nel complesso, la miglior categoria “giovani” da molti anni a questa parte. Per capacità e tenuta del palco danno piste a molti pseudo-big.

Impalpabili – Chi si ricorderà della partecipazione di Fasma e Gio Evan a questo Sanremo? Credono tanto nelle cose che fanno, ma la musica non si fa solo per se stessi. Fuori dall’Ariston hanno un loro pubblico, ma qui non lasciano mai il segno. Non si aiutano con la scelte delle cover.

Elio e le storie tese dei poveri – Ormai si è capito: la quota cazzeggio a Sanremo spetta a Lo Stato Sociale, ma il cazzeggio, regaz, deve essere ben studiato per spaccare sul palco. Succede così tanto durante la loro esibizione che si fa fatica a seguirli, cosa resta? La sensazione che Francesco Salvi a Sanremo ha fatto di meglio. Per non parlare degli Elii: qui c’è meno genialità, testi più semplici e un gusto della messinscena non così originale. Solo i lavoratori dello spettacolo nobilitano la brutta cover di Non è per sempre. “Che senso ha vestirsi da rockstar, fare canzoni pop e vendere pubblicità”, non ha senso neanche continuare a interpretare il ruolo dei fuoricorso un po’ brilli che suonano sotto i portici di Bologna. Nota di merito per averci fatto (ri)scoprire che Amadeus ha il profilo di coppia sui social. Più sinceri gli Extraliscio con Davide Toffolo che con Rosamunda fanno ballare tutta Italia, chi dice di non essersi mosso mente.

Tantrico – Applausi ad Aiello e alle sue 13 ore in un letto, sesso e ibuprofene. Uno strazio nella prima serata, meglio riascoltata ma niente di più di un refrain da (brutta) commedia romantica italiana.

Perché in due – Dalla prima serata tutti si sono chiesti la funzione di Fedez nel duetto con Francesca Michielin. Lei regge la baracca da sola. Francesca è brava e curiosa, anche lei alla ricerca di canzoni all’altezza del suo talento. Il suo nuovo progetto Feat con 15 featuring conferma la strada della collaborazione: siamo sempre in attesa di rivedere la ragazzina sfrontata che portò Whole Lotta Love alle audition di X Factor.

Mistero – Lo è per noi Random, classe 2001. Sì, quello di Sono un bravo ragazzo un po’ fuori di testa. Magari lo fossi, un po’ fuori di testa. A Sanremo sembra il nonno di Orietta Berti, nella serata cover riesce a stonare anche su Ragazzo fortunato di Jovanotti, una cover talmente brutta che fa il giro e diventa interessante. Non a caso Lorenzo gli ha fatto i complimenti.

Autostima cercasi – “Dicono sempre che è il turno degli altri ma non mi sento secondo a nessuno”. Ghemon, dopo Rose viola azzecca ancora il pezzo sanremese. Il momento perfetto si farà strada (sala stampa, sotto Fedez, Arisa e Annalisa, ma siete seri!?). Però, Gianluca, credici un po’ di più, lo stile tranquillone in mezzo a iene da talent ti fa onore, ma se non ci credi tu per primo, non lo faranno neanche gli altri. Ti consigliamo un corso di autostima da Irama e Ermal Meta.

Contumace La genesi del tuo colore funziona. Questo Irama, tra Ken il guerriero e Michael Hutchence degli Inxs, potrebbe essere il primo vincitore di Sanremo in smart working. Forse la conclusione giusta per il festival in pandemia. Sul senso di tenerlo in gara senza farlo esibire sul palco ci sarebbe da discutere. Complimenti per la scelta di Cirano di Guccini, chapeau!

The big thing – C’è poco da dire di Madame. Ha i numeri per fare tutto quello che vuole. A 19 anni è già padrona del palco e porta a scuola colleghi navigatissimi. Dardust ha colpito ancora, ma Francesca balla da sola e lo farà molto a lungo.

TormentoneMusica leggerissima lo è già, ci perseguiterà nei prossimi mesi. Speriamo di ballarla nudi in spiaggia, tutti assembrati. Verissimo, assomiglia troppo a Figlio di un re di Cremonini, a Per un’ora d’amore, a We are the people degli Empire of the sun e a mille altri brani. Ma lo stesso non si può dire di qualsiasi canzone dell’indie-pop nazionale degli ultimi 15 anni? Hanno fatto e faranno di meglio, ma per vincere Sanremo è sufficiente.

Troppo per Sanremo – La sensazione che si prova quando Max Gazzé sale sul palco. Si inventa sempre qualcosa, non delude mai. E soprattutto non si prende sul serio. Il farmacista ricorda troppo altri suoi brani, però portare Del mondo dei C.S.I. su quel palco con l’amico Daniele Silvestri ripaga dei tanti sbadigli delle ore precedenti. I suoi travestimenti peraltro fanno dimenticare per un attimo i pomposi e retorici quadri di Achille Lauro. Un percorso iniziato l’anno scorso con spirito citazionista, capace di svecchiare e desacralizzare la stanca liturgia sanremese, quest’anno è un deja-vu costante. “Come senza soldi si può essere ricchi”, “Il pregiudizio è una prigione, il giudizio è la condanna”: benvenuti alla sagra della banalità.

Nota a margine sulla serata-cover: ascoltare Cirano di Guccini, Povera Patria di Battiato e ben due canzoni di Giovanni Lindo Ferretti e soci è un bel risultato. Peccato la profanazione di Pino Daniele – no, darsi la manina e guardarsi negli occhi, cari Arisa e Michele Bravi, non basta a dare intensità a una performance – e Battisti. Tra i momenti migliori della serata, arrivati tutti dopo la mezzanotte, c’è un duetto di gran classe sfoderato da Gaia con Lous and the Yakuza sulla scivolosa Mi sono innamorato di te di Tenco. Bella scelta Lundini con Fulminacci in Penso positivo.

Cecchino -Quando Ermal Meta punta un obiettivo lo centra. Molti artisti dovrebbero andare a lezione di strategia e gestione dello stress dall’italo-albanese. Sempre più simile a Edward Mani di forbice, è chirurgica la sua scelta di una ballatona amorosa dopo l’exploit più “impegnato” di tre anni fa, non fallisce neanche con Caruso di Dalla, in cui come al solito canta in pieno controllo. La gente lo ama, è primo in classifica, che gli vuoi dire?

La scoperta – Se questo Sanremo ha un merito è aver svelato al pubblico mainstream il talento de La Rappresentante di Lista, look da tendaggio a parte. Amare è tra le migliori canzoni di Sanremo 2021, con un crescendo potente. Impeccabili, emozionanti, signorili.

DieselFiamme negli occhi forse non è tra le migliori canzoni dei Coma Cose, un po’ esilina,ma migliora con gli ascolti. E questo è un grande pregio. La performance nella quarta serata conquista tutti quelli con un cuore pulsante. Fausto e Francesca si guardano come chiunque di noi vorrebbe esser guardato. Basterà?

Quota Lady Gaga – Sempre più simile alla star Usa, Malika Ayane è una signora della musica. Carisma, voce, padronanza della scena. Per come tiene il palco, vincerebbe ogni Sanremo. Purtroppo Ti piace così è una buona canzone, ma nulla di più, non all’altezza di una fuoriclasse.

Ci piace questo “rock”? – Damiano David è l’Elodie al maschile di questo festival. L’ormone femminile festeggia, finalmente la parità reale è raggiunta. I ragazzi ce la mettono tutta, a suon di schitarrate furiose e gridolini. “La gente purtroppo parla”, il ribellismo senza causa è dietro l’angolo. Il paternalismo non ci appartiene per cui va benissimo un po’ di casino su quel palco pettinato. Però è un modo di esibirsi e di concepire il rock nato vecchio. Se a riportare in auge il glam in Italia devono essere Lauro e i Maneskin non siam messi bene. “Siamo fuori di testa ma diversi da loro” è un verso involontariamente ridicolo. La cover di Amandoti con Damiano e Manuel Agnelli in versione Kobra Kai è tamarra e muscolare, divide molto sul web. L’impatto c’è, Manuel ha il carisma del frontman che non teme confronti, ma il senso del pezzo si perde nell’impeto performativo.

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