Elvira Sellerio, la pioniera che ha trasformato la magia della lettura in un lavoro editoriale illuminato

by Michela Conoscitore

Chi conosce il panorama editoriale italiano sa che, a far la voce grossa, sono le case editrici blasonate come Mondadori o Feltrinelli. Accanto ad esse, però, c’è un folto ed interessante gruppo di indipendenti, che da anni fanno leggere ai lettori italiani autori inusuali, che non rientrano nel classico aggettivo ‘commerciale’, ampliando quindi gli orizzonti, anche esteri, della nostra cultura letteraria. Per le case editrici indipendenti, pubblicare libri non è unicamente un lavoro ma una missione, un servizio che forniscono ai propri acquirenti con cui, negli anni, costruiscono un vero e proprio rapporto di fiducia e stima. Lo trovate impossibile? Vi avrebbe confermato tutto, parola per parola, una donna che da avida lettrice si trasformò in editrice, e sul finire degli anni Sessanta fondò coraggiosamente una propria casa editrice che oggi è considerata tra le più eminenti del nostro Paese, la Sellerio.

Mancata esattamente dieci anni fa, Elvira Giorgianni Sellerio nacque a Palermo nel 1936:

Io sono nata nel 1936, ero bambina e c’era la guerra. E in guerra non era tanto il pane che non si trovava, quanto i libri. E così ho avuto un’infanzia assetata di libri. Eravamo sfollati in un paese vicino Palermo che si chiamava Casteldaccia, e avevamo lasciato i libri di famiglia in città. Le occasioni di dono, Natale, il compleanno, erano attese con gioia, l’unica possibilità di riceverli. Sicché sin da quando ho cominciato questo lavoro ho sempre tentato di produrre libri a prezzi bassi, sulla spinta del ricordo di quando guardavo le vetrine, e mi sembravano irraggiungibili.

Elvira era laureata in Giurisprudenza, colta e dinamica, sposò il fotografo Enzo Sellerio da cui ebbe i figli Olivia e Antonio. Fu proprio quando era in attesa del più piccolo dei suoi figli che fece una scelta ritenuta da tutti sventata: si licenziò dal suo impiego statale e con i soldi della liquidazione fondò col marito la casa editrice Sellerio. Elvira aveva voluto convertire la sua passione in lavoro, senza però perdere quella fascinazione alimentata dalla magia della lettura, gli infiniti mondi a cui Elvira poteva accedere immergendosi semplicemente in un libro:

Leggere mi ha aiutato ad affrontare l’esistenza: la vita non è un caldo nido, ma una battaglia continua per salvare le cose fondamentali.

Gli inizi sono ‘artigianali’, lei col pancione, lavorava da casa e si occupava di spedire i pacchi alle librerie. Poi le cose ingranarono, e il percorso di crescita della casa editrice divenne ben presto inarrestabile. L’intuizione per questa impresa nacque grazie all’amicizia dei coniugi Sellerio con lo scrittore Leonardo Sciascia, di cui la casa editrice pubblicò L’Affaire Moro, uno dei loro primi successi:

La casa editrice nasce quando ci siamo sposati io e Enzo, io non volevo continuare a lavorare in un ente pubblico, senza di lui non avrei neanche pensato di fare l’editore. Se poi non ci fosse stato Sciascia che ci ha aiutato, consigliato, seguito con altissima competenza e altissima amicizia, la casa editrice non esisterebbe. Ecco: la mia gratitudine per Leonardo non ha confini, la sua mancanza la sento, la sentiamo ogni giorno. Sciascia non era solo un grandioso scrittore, era un grande editore.

Insieme, i Sellerio e Sciascia concepirono non solo la linea editoriale della casa editrice ma idearono anche la sua collana più famosa, La Memoria. Sciascia, per i libri editi dalla Sellerio, pensò ad un: “ritorno di una cultura ‘amena’, cioè una cultura in cui il cosiddetto impegno è implicito e non esplicito, quindi una cultura della leggerezza, che non rinuncia all’eleganza, una cultura delle idee, sì, ma in forma di cose belle”.

Leggere per la signora Sellerio equivaleva a sapere, a conoscere, ad essere sempre un passo avanti e quindi a vivere in modo più pieno e consapevole perché la letteratura non era altro che un riflesso dell’esistenza umana: “[Essa è] inscindibilmente connessa al divenire delle infinite trame della vita. E lo scrittore è un couturier, che – allungando o accorciando, velando o mostrando – liberamente ricuce vita e parola: l’abito, plurale e necessario delle forme, che l’immaginario deve cucirle addosso, per rappresentarla – la vita – aggiungendo uno sguardo inedito sul mondo. Abiti e sguardi di scrittura, che affascinavano tutti, senza pregiudizi espressivi o limitazioni tematiche”.

Nel 1983, conseguentemente alla separazione dei due coniugi, la Sellerio si divise in due ‘filoni’ editoriali, quello di fotografia e arte, di cui si occupò Enzo, e quello di narrativa e saggistica che rimase ad Elvira. Attenta e scrupolosa riceveva, al giorno, un quantitativo di manoscritti incalcolabile, e lei, lavoratrice appassionata e indefessa, li leggeva tutti, e indistintamente ogni aspirante scrittore riceveva una risposta. Della signora Elvira si racconta un aneddoto curioso, che la vide protagonista a Roma, in un ristorante: fu presa d’assedio da alcuni camerieri che, riconosciutala, le ‘servirono’ invece del pranzo le loro opere da esaminare. La signora Elvira li accettò tutti, parlando con loro e promettendogli un riscontro.

Io mi arrabbio moltissimo quando mi dicono: sei brava come un uomo. No, semmai sono brava come una donna, con le caratteristiche delle donne, diversissime ma ugualmente importanti”, diceva Elvira. Essere donna ed editrice in Sicilia non è stato affatto semplice, ma lei ce l’ha fatta, con la naturalezza con cui ha saputo gestire non solo la propria vita privata ma anche i rapporti con gli autori, scovandone sempre di nuovi e significativi: Gesualdo Bufalino che con il suo Diceria di un untore è ancora tra i più grandi risultati di vendita della casa editrice palermitana, Alicia Giménez-Bartlett e poi, probabilmente, la sua più grande scoperta, Andrea Camilleri.

A legare Elvira al padre del commissario Montalbano non fu soltanto un rapporto lavorativo, ma tra i due si instaurò una profonda amicizia, quella unica che può nascere solamente tra due siciliani, che è “fatta anche di silenzi, di occhiate, del piacere di sentirsi l’uno accanto all’altra”. Elvirù, come la chiamava Camilleri, ebbe l’intuizione di sdoganare il giallo italico perché fino al 1994, anno del primo libro edito da Sellerio di Camilleri, i paesi di riferimento per i gialli in Italia erano solitamente quelli anglofoni. Come direbbe Camilleri, Elvira ci inzertò e dopo lo scrittore di Porto Empedocle, la Sellerio pubblicò opere di altri giallisti italiani come Gianrico Carofiglio e Antonio Manzini.

Oggi la Sellerio è guidata dal figlio Antonio, ma potente e gentile si percepisce la presenza della signora Elvira, una vera pioniera non soltanto dell’imprenditoria libraria ma anche un esempio di determinazione e audacia, perché una donna può tutto, basta che ci creda. E legga.

Libri per pochi, libri per molti: non esiste questa distinzione. Anche quando, ai nostri inizi, raggiungevamo pochi era una questione di tecnica editoriale, di distribuzione. Ma io credo che quando uno scrittore, e ancora più certamente quando un editore decide di pubblicare un libro è perché vuole che esso abbia una grande platea di lettori, la più numerosa possibile. È stato proprio il concetto di letteratura per pochi che ha reso difficile in Italia l’abitudine al libro: nessun libro è per pochi, a meno che non si tratti di libri scientifici, specialistici. Ma i libri sono per tutti. L’idea su cui si deve battere non è l’obbligatorietà, ma il piacere, il divertimento. Lo slogan più bello è quello che inventò Borges, che diceva: Chi non legge è un masochista.

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