Maria Gaetana, la matematica della “strega di Agnesi”, con quell’enigma tra scienza e fede

by Antonella Soccio

Una intelligenza portentosa unita ad una fede religiosa e ad una vena mistica, che le creeranno forse dubbi, sensi di colpa, che i biografi chiamano “psicologico enigma”, tanto da abbandonare poi la sua carriera di insegnante universitaria e di ricercatrice di numeri e curve nel diagramma cartesiano e rinunciare all’improvviso agli onori accademici per mettersi al servizio degli ultimi.

La milanese Maria Gaetana Agnesi (1718-99) fu la prima matematica europea a scrivere un trattato di analisi algebrica dal titolo “Istituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana”, (1748) che le valse la cattedra di lettrice onoraria di matematica alla rinomata Università di Bologna, che negli stessi anni aveva tra i suoi docenti anche la fisica Laura Bassi (1711-1778).

Il trattato oltre ad essere la prima opera algebrica scritta da una donna, fu considerato subito un libro avanzatissimo dall’Accademia Reale di Francia, che lo definì la migliore opera del genere per la chiarezza e l’originalità di molte argomentazioni.

La giovane Maria Gaetana visse una infanzia molto agiata, la sua educazione fu forgiata dai migliori istitutori privati leggendo gli autori classici e testi di filosofia, di etica e di fisica nella Milano del Diciottesimo secolo, austriaca e illuminista, dove convivevano le riforme dell’imperatrice Maria Teresa e i fermenti culturali dei fratelli Verri e Giuseppe Parini.

La famiglia sin dalla più tenera età la esibiva, come una attrazione, con orgoglio nel suo salotto, ritrovo di intellettuali italiani ed europei più ricercato di Milano. A 9 anni Maria Gaetana tenne già un discorso di un’ora in latino in cui espresse il diritto delle donne all’educazione e a 11 anni destreggiava alla perfezione ben 7 lingue: italiano, tedesco, francese, latino, greco, spagnolo ed ebraico, tanto da essere chiamata scherzosamente Oracolo Settilingue.

Per il suo trattato Maria Gaetana ricevette doni preziosi dall’imperatrice d’Austria e da papa Benedetto XIV. Perfino Goldoni le dedicò un sonetto.

Il mondo della matematica era ai suoi piedi, nel trattato Maria Gaetana discusse la curva detta Versiera, come la scienziata la battezzò nel 1748. La versiera di Agnesi. Il nome versiera, da lei stessa usato nel 1748, deriva dal latino vertere, “girare”, ma è anche un’abbreviazione di avversiera, “moglie del diavolo“.

Una traduzione che nell’inglese erroneamente viene data semplicemente per strega tanto che oggi la curva importante in analisi viene ancora “la strega di Agnesi” nei Paesi anglosassoni e spagnoli.

Come si legge nell’enciclopedia delle donne, il libro, magnificamente illustrato e delizia dei bibliofili, affronta il più arduo problema matematico del tempo: il calcolo infinitesimale che avendo avuto due fondatori – Leibniz nel 1684 e Newton nel 1687 – si era sviluppato in due forme indipendenti fra molte polemiche. Gaetana tradusse non solo dal latino all’italiano i lavori sparsi dei contemporanei, ma unificò le diverse espressioni e sistemi di pensiero.

4 anni intensi per la matematica milanese, che si chiusero nel 1752, alla morte del padre, quando abbandonò l’attività scientifica per dedicarsi alle opere caritatevoli ed al raccoglimento spirituale.

C’è un prima e un dopo per la scienziata santa. A 34 anni Maria Gaetana, che desiderava farsi monaca, si trasferì presso le stanze dell’Ospedale Maggiore. Su richiesta dell’arcivescovo di Milano, assunse nel 1771 la direzione del reparto femminile del Pio Albergo Trivulzio. Morì il 9 gennaio 1799, senza più scrivere altri documenti matematici.

Quasi un secolo dopo, nel luglio 1882, la scrittrice per infanzia Ida Baccini in “Come vorrei una fanciulla…” dentro La Cordelia. Rivista per giovinette la cita per consolidare la sua tesi sulla inferiorità delle donne nelle discipline dell’intelletto, a conferma di una tesi ancora attuale, ossia che le peggiori nemiche delle donne sono le donne stesse in quanto a patriarcato e machismo interiorizzato.

Scrive Baccini: “D’altra parte i nomi di Gaspara Stampa, dell’Agnesi, della Colonna, della Percoto, della Ferrucci, ella Carpentier e della Fusinato sono lì ad ammaestrarci che anche la donna, quando vuole fermamente innalzarsi sul volgo, “può”. Può, ma nelle proporzioni concesse, come dianzi ho detto, al suo organismo e alle sue facoltà intellettuali. Bei nomi quelli della Percoto, della Fusinato e di Rosa Bonheur: ma che divengono essi, paragonati a quelli d’un Tommaseo, d’un Guerrazzi, d’un Verne e d’un Carducci? Ma se la donna è inferiore all’uomo nelle discipline dell’intelletto quanto lo avanza, quanto è più grande di lui nel campo degli affetti miti e gentili”.

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