Bastava chiedere! Il “carico mentale” delle donne che persiste anche col femminismo

by Paola Manno

Durante l’ultima, salvifica serata con le mie amiche, la prima dopo la quarantena, Bianca ci ha raccontano che da 25 giorni è in sciopero del silenzio con suo marito. Per lei non parlare, neanche per comunicazioni urgenti, con il compagno con il quale vive da 10 anni e con il quale ha due figli, non è affatto semplice, ma resiste.

Quando le abbiamo chiesto la ragione di tale drastica decisione, Bianca ci ha spiegato il motivo: “È che lui ha comprato una busta piena di surgelati”. Fermandosi alla prima frase penserete che Bianca sia pazza e che suo marito sia un povero martire. E invece, ahimè, Bianca è sanissima di mente, una donna brillante e simpatica, ha due lauree, due figli, un lavoro precario, mille progetti in testa, la casa abbastanza ordinata, i vestiti puliti nell’armadio e una dispensa sempre piena. Il fatto è che da una settimana progettava di sbrinare il freezer che dopo mesi di clausura non era riuscita a pulire e allora si era prodigata per giorni a predisporre lo scongelamento della carne un giorno e dei legumi il giorno successivo, perché il marito non mischia proteine e carboidrati e perché i bambini fanno i capricci se mangiano per due giorni di fila la stessa cosa, fino ad arrivare al martedì- giorno della spesa- con il freezer completamente vuoto e pronto per essere sbrinato e pulito. Nel frattempo aveva preparato la lista della spesa scritta in stampatello e consegnata al marito, perché avevano deciso che sarebbe andato lui al supermercato, dato che la primogenita di 7 anni aspettava la videochiamata per la verifica di italiano, e come si ripete con la mamma non si ripete con nessun altro. Comunque il concetto, ribadito per tutta la settimana, era molto semplice “Non comprare nulla di surgelato perché devo sbrinare il frigo”. Lui invece era tornato a casa con una busta piena di surgelati: pizze, pizzette, bastoncini di pesce, rustici, pisellini primavera, ghiaccioli e una confezione di gelato al limone da 1 kg. -Il gelato era in offerta, dai, poi sbrini la prossima volta – aveva spiegato a Bianca davanti alle sue urla. Lui le aveva dato dell’isterica e lei si era chiusa nel ripostiglio, perché detesta piangere davanti ai suoi figli. Cos’è che le ha fatto tanto male? Dopo 25 giorni di riflessione, perché il silenzio è rivendicazione ma anche pensiero, ora finalmente lo ha capito: si tratta della “beata leggerezza del marito”. Quella mentale, sciocca, blanda, invidiabilissima leggerezza che non permette al marito di capire la frustrazione della moglie. Il problema reale ha un nome “Il carico mentale” e recentemente in Italia se ne è parlato grazie a un graphic novel dal titolo “Bastava chiedere! (10 storie di femminismo quotidiano)”, scritto da una tostissima blogger francese, Emma, fumettista e ingegnera. Le sue storie, tradotte in molti paesi, sono dei best seller da 100.000 copie.

Nella prefazione della versione italiana, pubblicata a febbraio 2020 da Laterza, Michela Murgia scrive “Per molte di noi questo libro sarà una rivelazione, per altre un dolore, per tutte un’opportunità preziosa”. Per me che mastico testi femministi da qualche anno e che ho conosciuto e lavorato con le femministe degli anni ’70, leggere Emma è stato un momento di serena e triste consapevolezza.

Vedo questa donna-fumetto disegnata, con gli occhi tondi tondi e attenti, che vive in un mondo identico al mio e a quello di Bianca e di quasi tutte le donne che conosco, un mondo moderno e apparentemente libero. Emma osserva scene di vita quotidiana e le racconta con le sue vignette, alla fine la protagonista ha sempre gli occhi rivolti all’insù, ci mostra il suo pensiero e noi vediamo insieme a lei la nostra esistenza in un modo tutto nuovo. La quotidianità delle donne è raccontata dalla sua penna acuta con linee pulite e parole semplici “Se si chiede alle donne di organizzare tutto e poi anche di svolgere gran parte delle cose da fare, le si carica del 75% del lavoro totale. Il carico mentale consiste nel dover sempre pensare a cosa c’è da fare, che bisogna comprare le verdure per la settimana, che bisogna aggiungere i Cotton fioc alla lista della spesa, che siamo in ritardo con un pagamento, che il bambino è cresciuto di 3 cm e non ha più pantaloni della sua taglia, che deve fare il richiamo del vaccino, che il proprio compagno non ha camicie pulite… è un lavoro sfiancante. Ed è un lavoro invisibile”. Così invisibile che, per esempio, il marito di Bianca pensa che lei sia arrabbiata per il famoso pacco di surgelati.

Io credo che la maggior parte delle donne capisca al volo ciò di cui sto parlando, anche se non gli ha mai dato un nome. Il potere decisionale in casa non ci rende regine ma schiave. Eseguire è solo la parte finale del lavoro, ce lo spiegano bene i signori manager che vengono pagati per gestire al meglio un’attività. Se Bianca dice “Non comprare surgelati” può voler dire che per una settimana ha pensato al miglior modo di gestire la casa, il marito, i bambini, l’alimentazione, le pulizie. “La prossima volta vacci tu a fare la spesa” è, ancora una volta, un’esenzione da responsabilità e un carico fisico e mentale che ritorna alla donna che ha tentato di alleggerirlo. Proprio la lista della spesa in stampatello è il triste manifesto del carico mentale: la scrivo perché sono l’unica a sapere ciò che manca in casa e ho già pensato ai pranzi e alle cene per la famiglia per i prossimi giorni. “Bastava chiedere!” è un’affermazione che probabilmente fa rabbia a molte donne perché in una coppia che funziona sarebbe una domanda inutile. Insomma, non c’è bisogno che io ti chieda di raccogliere la biancheria stesa da 4 giorni o di verificare che il bambino abbia finito i compito.

Il graphic novel di Emma ci ricorda che anche le donne più libere e apparentemente realizzate spesso sono vittime di questi meccanismi culturali subdoli; penso che il pernicioso mito dell’angelo del focolare non sia mai tramontato.

Ho consigliato a Bianca di poggiare sul comodino del marito il libro di Emma, perché magari dandogli un’occhiata potrà percepire qualcosa di quello che fa star male la sua compagna. Già, è una questione culturale e spesso gli uomini non vedono perché semplicemente è sempre stato così. Forse, chissà, speriamo!, una vignetta potrà accendere una lucina, quella che io chiamo la fiammella di femminismo che ognuno di noi -donna o uomo- ha dentro di sé.

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