Valentine de Saint-Point e quella lussuria futurista da “superdonna” degli anni Venti

by Fabrizio Simone

Tra gli intellettuali legati al movimento di cui si fece promotore e portavoce Marinetti spicca una donna: Anne Jeanne Valentine Marianne Desglans de Cessiat-Vercell, più nota come Valentine de Saint-Point (1875-1953). Valentine de Saint-Point, nata a Lione, fu uno spirito tormentato e inquieto. Pronipote del poeta romantico Alphonse de Lamartine, amica di D’Annunzio (la chiamò “Fille du Soleil”), amante di Marinetti, seguace del superomismo di Nietzsche, fu anche modella di Rodin e di Mucha, da cui prese lezioni di pittura.

Abbracciò il futurismo ma lo abbandonò presto, disprezzò la visione dannunziana della donna e combatté per evidenziare le peculiarità della personalità femminile, tanto diversa da quella maschile. Poetessa e autrice di romanzi scandalosi per l’epoca, si occupò anche di danza, dando un notevole contributo alla danza contemporanea.

Nel 1912 scrisse il Manifesto della donna futurista cui seguì, a distanza di un anno, il fondamentale Manifesto futurista della Lussuria. Il rapporto con Marinetti, iniziato nel 1909, durò solo 3 anni. Marinetti non la dimenticò. I due si ritrovarono, nel 1938, ad Alessandria d’Egitto, città natale dello scrittore futurista. Lei era diventata musulmana, lui fascista. Il fuoco era ormai spento. Per entrambi.

Il Manifesto futurista della Lussuria, composto per rispondere agli scritti di Marinetti, si apre con una dedica insolita: l’autrice si rivolge a quei giornalisti che, nei loro articoli, mutilano le frasi per poter rendere ridicolo il pensiero di un autore.  Alla base del Manifesto v’è un’idea portante: la lussuria non è un peccato, ma la virtù incitatrice dell’umanità. Ecco, quindi, il ritratto del perfetto scrittore per la Saint-Point: colui che sa trarre dalla sua lussuria un capolavoro letterario. L’uomo che accetta la sua dimensione lussuriosa e la esterna con ardore sa creare, sa cercare l’ignoto che v’è nel mondo e sa cogliere il suo significato, ignoto a tutti gli altri. La lussuria permette all’uomo di vestire i panni di un vate, profeta di una nuova società, libera di godere e di provare tutte le sensazioni. Spirito e corpo non devono essere scissi: la lussuria non è inferiore allo spirito. L’uomo è stato creato per sviluppare lo spirito e la lussuria, non una delle due componenti, ma entrambe. Raccapricciante il punto in cui l’autrice giunge a giustificare lo stupro: i vincitori di una guerra hanno il sacro diritto di poter stuprare perché in questo atto si riconosce la vita e con lo stupro si rimettono in moto gli ingranaggi vitali che la guerra ha cercato di ostacolare ed abbattere.

L’artista, poi, non è molto diverso dal soldato: entrambi si riconoscono nella lussuria, dalla quale traggono la giusta forza per poter vivere. L’arte, dunque, è come la guerra perché entrambe sono manifestazioni della sensualità. Cosa sarebbe l’uomo senza la lussuria? Una creatura molle e tiepida. Sulla scia di Marinetti, la Saint-Point si scaglia contro il sentimentalismo: “Distruggiamo i sinistri stracci romantici, margherite sfogliate, duetti sotto la luna, tenerezze pesanti, falsi pudori ipocriti. […] Gli esseri, avvicinati da un’attrazione fisica, invece di parlare esclusivamente delle fragilità dei loro cuori, osino esprimere i loro desideri, le preferenze dei loro corpi, e presentire le possibilità di gioia o di delusione della loro futura unione carnale”.

Non bisogna aver timore di confessare il proprio desiderio sessuale: nessun peccato si compie quando si desidera ardentemente l’atto carnale. La lussuria, in conclusione, è lo spirito dei forti: ai deboli si addice la sconfitta della vita. È evidente, allora, che il substrato culturale del Manifesto dipende da D’Annunzio e Nietzsche. La libertà sessuale, il trionfo della lussuria, l’eliminazione degli strascichi romantici e sentimentali rendono Valentine de Saint-Point un’autentica superdonna, promotrice di una nuova politica culturale europea, libera dal millenario dominio maschile.

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