La teologia femminista di Michela Murgia e Marinella Perroni, a Roma per inQuiete

by Michela Conoscitore

Metti una sera a Roma, al quartiere Pigneto, in compagnia della scrittrice Michela Murgia e della teologa Marinella Perroni per una lezione di ‘catechismo’ femminista. In un ex cinema porno. Era questo lo scenario in cui si è svolto uno degli incontri più attesi del festival inQuiete, giunto alla terza edizione, un festival di scrittrici donne, organizzato da donne e fatto per le donne.

Una tre giorni che ha attirato al Pigneto tanto pubblico, incluso quello maschile: ex quartiere popolare della Capitale oggi diventato uno dei posti più frequentati per la movida ed eventi culturali, è la sede dal 2017 di inQuiete, che ha distribuito lungo tutta l’isola pedonale della zona incontri, reading e laboratori. Tra le tante scrittrici e attrici che, quest’anno, vi hanno preso parte ci sono state Nadia Terranova, Michela Marzano, Miriam Toews, Concita De Gregorio, Chiara Valerio, Serena Dandini, Lidia Ravera e Marina Massironi.

Teologia Femminista, questo il titolo della chiacchierata ecumenica: ad attendere la Murgia, oltre cinquecento persone che hanno affollato l’ex cinema Avorio, occupando qualsiasi spazio disponibile. Costellata di riflessioni importanti sulla donna immersa nella religione, aneddoti divertenti e battute irriverenti, l’ora in compagnia con la scrittrice sarda e la teologa è volata via fin troppo presto.

L’incontro romano è nato dal saggio della Murgia, pubblicato per Einaudi nel 2011, Ave Mary. E la chiesa inventò la donna: il retroscena di quel libro è stato un incontro in Barbagia, terra d’origine della scrittrice, dove venne invitata “come celebrità locale”, in compagnia della stessa Perroni e con altre donne, per parlare proprio del tema donne e religione. Unico uomo presente in sala, il prete del posto. Se inizialmente il convegno è partito sottotono, tra partecipanti vestite di nero e dotate di rosari, quel che successe dopo, racconta la Murgia alla platea di inQuiete, ha dell’incredibile: una riscossa delle donne che quel convegno aveva attirato, durante il quale si sono sentite libere di raccontare le loro esperienze di maschilismo prêt-à-porter in salsa barbaricina. Tra queste, la pasionaria ostacolata dal marito nel perseguire una carriera in politica: alla morte del coniuge, finalmente poté inseguire il suo sogno candidandosi alle elezioni.

Il dialogo entra nel vivo quando la Murgia cita una trilogia di parabole, tratte dal vangelo di Luca, ovvero quelle de Il figliol prodigo o Il padre misericordioso, Il buon pastore e Della moneta perduta. Se le prime due sono tra le più conosciute, poiché riportano più facilmente e chiaramente l’insegnamento cattolico basato sul perdono e la bontà, l’ultima è spesso messa in ombra da queste, è la meno conosciuta delle tre e la Murgia ne spiega il perché:

La parabola racconta di una donna che perde una moneta dentro casa, rovistando ovunque alla fine la ritrova, e invita le amiche a far festa. Quindi, è esattamente la stessa storia delle altre due, ma perché questa parabola non ha avuto la stessa fortuna? In questo trittico, che dovrebbe richiamare la Trinità, il padre misericordioso è Dio, il buon pastore è Gesù, e la donna de La moneta perduta dovrebbe essere lo Spirito, la terza dimensione. Ed è proprio questo il problema, perché Dio in versione casalinga disperata non si può proprio rappresentare. Una donna non può incarnare la divinità, ma soprattutto è una donna con delle caratteristiche precise: nella parabola non è definita in relazione a qualcun altro, sembra una donna single con una casa propria e ha del denaro. E quando ritrova la moneta perduta, non deve darne conto a nessuno ma, invece, chiama le amiche per festeggiare. La figura femminile in questa parabola tratta economia, ha ritrovato un potere economico. Mille segni e marcature insostenibili in una cultura patriarcale, e inapplicabili a Dio”.

Come ha aggiunto, inoltre, la Murgia sulla Bibbia e i Vangeli, libri che ormai esistono da millenni, il decidere cosa raccontare, estrapolare da questi libri è una decisione politica, oltre che religiosa perché va ad influenzare la società in cui si vive. E questo discorso non soltanto vale per le donne, ma per tutte le categorie che sono state sottoposte, nel corso dei secoli, a discriminazione.

Nel dialogo tra la scrittrice e la teologa, quindi, arriva la domanda chiarificatrice e deliziosamente insolente della Murgia alla Perroni, su questo trittico di parabole: “Marinella, considerato che la Bibbia è alta così, e ha decine e decine di narrazioni, che conosciamo e non conosciamo, secondo te quante volte ci hanno fottuto in questo modo?”. La teologa coglie la provocazione dell’amica scrittrice, e le risponde che la maggioranza delle donne credenti ha sofferto, molte però si sono ribellate all’istinto normativo della tradizione. E la Perroni ha anche aggiunto:

La fregatura più grande non è che ti fottono, ma ti sublimano dopo che ti hanno fottuto. Proprio nel momento in cui il risultato dell’essere state emarginate, schiavizzate, azzerate, mortificate è la tua esaltazione perché sei vicina a Dio, sei come Dio vuole che tu fossi.

Le due donne sul palco portano come esempio per eccellenza di questa ‘pratica’, che la Chiesa ha adottato nei confronti della donna nel corso dei secoli, l’enciclica di Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem: apparentemente l’enciclica accoglie le istanze del femminismo, e invece le trasforma da sottomissione a sublimazione. Se il sacrificio alle donne veniva chiesto in quanto esseri inferiori, oggi lo stesso sacrificio è chiesto perché le donne ne sono più capaci, in quanto esseri sublimati. E aggiunge la Perroni: “Tutta la tendenza dell’interpretazione dei testi sacri è stata quella di moraleggiare e controllare”.

Come riporta la Murgia, essere femministi per una credente non è facile perché c’è uno scollamento tra gli scritti e la prassi. L’incontro termina sulle figure di Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, nella Bibbia figure di donna diametralmente opposte tra loro, poiché Maria serve e tace, Marta invece preferisce ascoltare Gesù, che però la rimprovera, riportandola sulla ‘retta via’. Come conclude la Perroni, i ruoli nella Chiesa sono sempre stati distribuiti dagli uomini, e se è giusto o sbagliato ne discutiamo ancora oggi. Senza arrivare, appunto, ad una teologia anche femminista.

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