Addio ad Harold Bloom, ultimo custode dell’Occidente

by Fabrizio Simone

Dio è morto”, recita il celebre aforisma n.125 della Gaia scienza di Friedrich Nietzsche. E in effetti la corona di critico letterario più grande al mondo, ad Harold Bloom, stava un po’ stretta. Venerato e adorato da folle interminabili di studenti e lettori di tutto il mondo, Harold Bloom era non solo il dio della critica letteraria (tutti gliel’hanno riconosciuto), ma una sorta di dio della letteratura, l’ultimo garante del Sublime, l’ultima reliquia di un mondo lontano, di una stagione irripetibile e terminata con la sua morte, avvenuta lunedì pomeriggio in un ospedale del Connecticut ad 89 anni.

La sua ultima lezione risale appena a giovedì scorso. Yale, l’università in cui ha insegnato per 60 anni, lo ha accolto per l’ultima volta. Negli ultimi anni, nonostante fosse in pensione, Bloom – malato e pieno di acciacchi vari – trascorreva le sue giornate ospitando a casa sua una ventina di studenti rigorosamente scelti, non riuscendo a resistere alla tentazione dell’insegnamento. E così i corsi su Shakespeare e altri pochi grandi hanno trovato forma compiuta fino alla scorsa settimana.

Accademico e nemico degli stessi accademici (non riusciva a tollerare gli insegnamenti universitari incentrati sullo studio dei fumetti), Bloom ha lanciato i suoi strali contro multiculturalisti, marxisti, femministe, neoconservatori, lacaniani, postmodernisti, minimalisti e studiosi di Black Studies, colpevoli d’aver annacquato gli studi letterari ricorrendo alla sociologia, all’antropologia, alle scienze umane e a tutto ciò che non ha niente a che fare con la letteratura. Voler contestare la millenaria supremazia culturale dell’Occidente bianco e maschio, cercando di contrapporre autori viventi degni di occupare gli scaffali di un supermarket con i loro best-seller scadenti  (e qui Bloom si riferiva in particolare a Toni Morrison, vincitrice del Nobel nel 1993), gli sembrava un reato da dover punire severamente. Sonora la bocciatura di scrittori blasonati della seconda metà del Novecento e della prima parte del 2000: da Dario Fo considerato “ridicolo” a Doris Lessing, fino a David Forster Wallace, Stephen King, J.K. Rowling e Jonathan Franzen.  Pochi scrittori come Philip Roth (ma anche Don DeLillo, Thomas Pynchon e Cormac McCarthy) hanno resistito alle sue stroncature memorabili. Per non parlare del premio Nobel: “non lo si vince più per motivi estetici e letterari, ma solo per motivi squisitamente politici”.

E se Shakespeare e Dante, mostri sacri intoccabili che Bloom inserì rispettivamente al primo e al secondo posto del celebre Canone occidentale, continueranno a stimolare i lettori di ogni angolo del mondo con le loro opere, lo stesso succederà per Bloom: chiunque vorrà trovare una guida affidabile per poter attraversare incolume l’intricato labirinto della letteratura dovrà volgere i propri occhi e il proprio cuore ai suoi libri (anche se il lettore italiano dovrà sperare nella ristampa di alcuni titoli, ormai introvabili, da parte della Rizzoli). 

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