Aktion Coronavirus

by Enrico Ciccarelli

Non sono passati nemmeno cent’anni, e come al solito nessuno ha imparato niente. Terrorizzati dal caos, pieni di spirito filantropico, votati a “proteggere, salvaguardare, guarire”, sono pronti a rifarlo, a ripetere la catena dell’orrore. Credete ci sia bisogno di fosche ombre e paesaggi spettrali? È solo perché, ignoranti stupidi che non siete altro, avete dimenticato o mai saputo cosa fosse Aktion T4, il programma di soppressione delle vite “indegne di essere vissute” che il Governo del Terzo Reich approvò e applicò fra il 1938 e il 1945, e che uccise –si stima- non meno di duecentomila persone.

Uccisioni “pietose”, beninteso, per bambini con gravi malformazioni, adulti con turbe psichiche e –in casi estremi- anche fisiche. Perché a rendere l’orrore di Aktion T4 perfino superiore a quello della Shoah è che nel freddo meccano dello stermini messo insieme da Heidrich, Heichmann e boia consimili, c’era almeno un fondo di odio, di rancura, di ferocia: gli ebrei erano la razza inferiore che aveva osato tramare in danno della Grande Germania, i rom e i sinti ladruncoli e accattoni degni di disprezzo, gli omosessuali potenziali sabotatori delle virtù e del virilismo teutonici.

Ma loro, i disabili, i malformati, gli ottenebrati non erano destinatari di alcuna accusa, non portavano alcun marchio d’infamia. Erano puramente e semplicemente disutili; la loro morte era vissuta come atto compassionevole, erano l’estensione di quella eugenetica degli aborti selettivi e del “miglioramento della razza” che era allora di gran moda anche nel mondo anglosassone e in quello scandinavo (dove conservò un’insospettabile longevità.

I medici (medici!) che sopprimevano quelle vite non solo non avvertivano alcun conflitto con il giuramento di Ippocrate, ma si sentivano soggettivamente dei filantropi, dei benefattori, dei compassionevoli. La sinistra eco di quella fosca vicenda è risuonata nelle nostre orecchie sotto forma di pretesi “studi scientifici” e seriose ricerche che hanno prospettato l’opportunità (e in qualche caso l’hanno caldeggiata), per limitare la letalità della pandemia, di “isolare e proteggere” gli anziani. Questo ridurrebbe in misura crescente la letalità a seconda che si “isolino” solo gli ultraottantenni, o gli ultrasettantenni o anche gli ultrasessantenni (cioè persone che per legge non possono andare in pensione se non per particolari circostanze).

Fra le diverse e folli indiscrezioni che circolano a proposito del dpcm prossimo venturo, con il ministro necroforo Disperanza a caldeggiare provvedimenti demenziali di cui avremmo l’esclusiva planetaria, c’è anche quella di mettere agli arresti domiciliari i settuagenari. Per il loro bene, naturalmente.

In realtà si tratta dello stesso humus, dello stesso background culturale da cui viene il terribile tweet del presidente della Regione Liguria, secondo il quale va considerato che la maggior parte dei decessi da Covid riguarda persone “non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese, che vanno però tutelate”, dove il però vale tutto il discorso.

Lo sapete, il Cuoridleone ha subito scaricato la responsabilità dell’accaduto al suo social media manager, come se nominare un imbecille come social media manager fosse meno grave che profferire abomini. Ma sarebbe stupido e consolatorio credere che pensieri e riflessioni del genere siano esclusive del recinto del becerume reazionario: l’indebolimento degli anticorpi ha largamente sfondato anche a sinistra, a dimostrazione dell’erosione dei fondamentali non dico della Costituzione, ma della stessa civiltà. Bolsonaro, Trump e consimili gaglioffi non sono la causa, ma l’effetto di una cittadinanza (rectius, di una plebe) disposta a digerire qualsiasi cosa possa essere ritenuta abbastanza rispettabile da parlarne in televisione.

Cosa c’è di terribile e osceno nella proposta di questo isolamento selettivo? Tutto. Perché costruisce una categoria di appestati che sono in realtà gli “appestabili”, rovescia paradossalmente le responsabilità degli untori sugli unti, e nei fatti sacrifica la vita e la libertà delle persone anziane in modo che i ragazzi, i giovani, e tutti coloro per i quali “vale la pena vivere” possano evitare o allentare le precauzioni.

Intendiamoci, cari pasdaran dello scientismo (sempre più infami, sempre più grotteschi): io sono convinto che le precauzioni siano utili, e che vadano seguite con tanto maggiore intensità quanto più si è fragili (e l’età ha molto a che fare con la fragilità). Ma parliamo di precauzioni, non di divieti. Se divieti hanno da essere, lo siano per tutti, si soffra insieme nella speranza che serva a qualcosa. Ma chiunque abbia avuto notizia o esperienza della feroce e indispensabile barbarie con cui abbiamo strappato agli anziani più fragili di tutti, quelli ospitati nelle Rsa, il conforto minimo di poter vedere una persona cara può comprendere cosa significhi ampliare ed estendere a dismisura questa condizione.

Per avere un’idea dell’abisso in cui stiamo precipitando suggerisco la lettura di un magnifico e straziante racconto di fantascienza distopica del grande Richard Matheson (ringrazio Lorenzo Frattarolo per avermelo rammemorato). Si chiama “L’esame” e spero che gli insegnanti impegnati nella didattica a distanza trovino tempo e modo di leggerlo ai loro studenti, perché spiega esemplarmente quali orribili mostri possano celarsi sotto un’apparente normalità.

Perché purtroppo è solo nelle favole che gli orchi sono brutti e ripugnanti e le principesse splendide e i cavalieri aitanti e dalle armature luminose. Nella realtà l’orrore, che si vorrebbe concepito in antri tenebrosi, fra licheni verdastri e pentoloni bruniti, con strisciare di insetti immondi e squittii di topi per ogni dove, hanno invece come habitat paesaggi in tutto e per tutto innocui, pacifici, gradevoli.

Sapete, ad esempio, cosa vuol dire il T4 che denominava l’operazione di cui abbiamo parlato all’inizio? È un indirizzo, sta per Tiergartenstrasse n.4. A quell’indirizzo aveva sede, e per quanto ne so ce l’ha tuttora, la previdenza sociale tedesca, il nostro Inps. Se siete abbastanza fortunati da visitare Berlino in primavera, andateci: la Tiergartenstrasse è vicina alle modernissime architetture e alle vetrine illuminate del Kurfuerstendamm. Costeggia il meraviglioso prato del Tiergarten, un parco pubblico (antica tenuta di caccia di Federico il Grande) fra i più vasti d’Europa, le cui propaggini arrivano al Bundestag e alla Porta di Brandeburgo. Non sono lontane (non sul metro dell’immensa Berlino) né la Berlin Philharmonie né la Museumsinsel, con il ciclopico Altare di Pergamo e il busto di Nefertiti. È a distanza pedonale anche il delizioso viale di Unter den Linten (sotto i tigli). Luoghi di indicibile dolcezza, in cui tutto parla di gioia, di arte, di bellezza. Fu lì che la crudele ironia del Principe delle Tenebre ha realizzato un pezzo di inferno in terra. E dopo così poco tempo la nostra sciagurata stirpe immemore è pronta ad accettare che se ne apra una succursale. Vien quasi da fare il tifo per il Covid.

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