La Maturità 2020, l’anno orribile per gli adolescenti che hanno perso emozioni che nessuno restituirà più

by Claudio Botta

È da sempre – e resterà per sempre – lo spartiacque tra l’adolescenza e l’ingresso ufficiale nell’età adulta, nel mondo dei ‘grandi’ o presunti tali (perché non possono sapere, gli aspiranti, che quelli certificati dalla carta d’identità da un certo punto in poi passeranno il resto della loro vita a cercare di fermare il tempo o addirittura di tornare indietro, impresa impossibile in natura – nonostante la chirurgia estetica – perché il tempo scorre sempre e solo in avanti) . L’esame di maturità è il primo, vero passaggio esistenziale indimenticabile. La fine di un ciclo, poi davanti a sé l’estate più lunga e (apparentemente) spensierata. 

Ma il 2020, l’anno del Covid-19, rappresenterà un’eccezione epocale, per l’accesso negato, ai ragazzi all’ultimo anno delle superiori, a tante emozioni ed esperienze che andranno “perse per sempre, come lacrime nella pioggia”. Il lockdown, la brusca interruzione delle lezioni in aula, ha calpestato l’ansia dell’incontro fisico casuale o cercato, il batticuore da innamoramento, non importa se ricambiato, la possibilità di coltivare rapporti di persona o non filtrati da uno smartphone, nonostante l’abuso e l’overdose da Instagram stories. L’eccitazione del mostrarsi per intero, anche attraverso un outfit nuovo e un taglio di capelli diverso per fare colpo o per farsi notare, non essere ignorati. 

Ha cancellato, il lockdown, il “viaggio d’istruzione” che si chiama così solo tecnicamente ma che è di fatto “la gita dell’ultimo anno”, e quello che succede nelle ore borderline è infinitamente più importante del diario di bordo, anche se sei a Parigi o a Praga con l’insegnante più appassionata e preparata del pianeta. 

Il distanziamento è la negazione della gioventù, come ben sanno tutti quelli che giovani lo sono stati: quando accade, in tempi normali, è spesso sinonimo di isolamento, di solitudine, di problemi. Per questo, sono gli adolescenti quelli che più hanno sofferto questi lunghi mesi di buio e terrore, addirittura inconsapevoli che il tempo loro rubato – per ragioni sacrosante – non verrà mai più restituito e nemmeno congelato. E l’esame che è iniziato stamane per loro è un altro inganno: della ‘vecchia’ maturità è solo una pallida imitazione, un surrogato. Senza le prove scritte, i giorni e le notti passate a indovinare tracce e sviluppare temi da imboscare in cartucciere improvvisate, o tra le pagine dei dizionari o nelle note del telefono, e poi i giorni e le notti successive insonni per le altre materie.

L’adrenalina impossibile da gestire – a meno di non essere sedati – e l’aumento parallelo dei caffè e delle camomille. La voglia di abbracciarsi, prima ma soprattutto dopo, di correre insieme stretti stretti verso il futuro facendosi promesse difficili se non impossibili da mantenere, ma nemmeno questo possono sapere, i giovani dell’estate 2020 che potranno festeggiare la loro “maturità” chissà come e chissà dove. In discoteca, se ci andranno, dovranno ballare parlare comunicare a distanza, un ossimoro che si fa finta di non notare per salvare le attività economiche e un comparto strategico, e la loro voglia di spensieratezza e divertimento. In vacanza all’estero (il classico regalo post promozione, indipendentemente da status e reddito), le scelte sono ancora legate alle curve dei contagi nei vari paesi, e in Spagna, Grecia, Inghilterra, Francia la situazione continua ad essere monitorata giorno dopo giorno, così come in Italia. E così anche la loro prima estate in un lungo stato di sospensione tra due mondi legati da un filo sottile rischia di diventare banale, ripetitiva, causa ‘turismo di prossimità’, altro ossimoro per chi aspetta di buttarsi, con paracadute o senza, in realtà sconosciute. E con limitate possibilità di nuovi incontri, nuove esperienze. 

Impossibile quindi giudicarli obiettivamente, considerando solo le risposte alle domande che verranno loro poste in un’ora di colloquio, senza mettere sull’altro piatto della bilancia tutto quello che hanno perso (oltre a un corso di studi regolare, nonostante l’impegno profuso dai docenti nella didattica a distanza) e che perderanno. Si può solo sperare nelle altre prove che la vita riserverà loro. Magari capaci di compensare questo anno inclassificabile, tutto da dimenticare e ricordare. 

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