Grancia, altro che novelli Robin Hood, il Sud chiede equità

by Pasquale Cataneo

Il Mezzogiorno è il posto dove esplodono le contraddizioni del federalismo, del regionalismo differenziato, degli investimenti infrastrutturali mai realizzati, dei fondi europei girati agli enti locali senza un progetto di fondo, anzi, per sostituire spese ordinarie. Vanno valutate positivamente tutte le iniziative che tengono alta l’attenzione e la tensione su questi temi, perché la piena presa di coscienza dei propri diritti da parte delle popolazioni del Sud è una delle novità positive degli ultimi anni”.

Questa affermazione, tratta da un interessante articolo di Marco Esposito, caporedattore del Mattino di Napoli e scrittore del libro “Zero al Sud”, testo illuminante sul tema del federalismo fiscale e l’autonomia differenziata, con la sola estensione della dimensione territoriale del Sud verso il Mezzogiorno e non solo per motivi statistici, è da me condivisa integralmente. Certo, le modalità, il contesto e la formula utilizzata nell’incontro di sabato 24 agosto promosso da Pino Aprile, presso il Parco della Grancia in provincia di Potenza, hanno lasciato il modo e la maniera di far emergere critiche e giudizi diversi, alcuni (pochi per la verità) molto sbilanciati e distanti dalla realtà di ciò che è stato detto e fatto.

Mi permetto di parlarne perché sollecitato in merito da un articolo, pubblicato da Bonculture, con una mia osservazione e perché io c’ero e sono intervenuto!

Non vi era e non v’è la necessità di novelli Robin Hood ma non è altrettanto giusto affermare che mancavano i meridionali, cioè persone che con affetto, a volte molto viscerale, hanno discusso e parlato (per tre minuti a testa) dicendo la loro su vari aspetti, alcuni storiografici, altri populisti, o sovranisti, ma la maggior parte degli interventi, invece, sono stati rivolti alla necessità di porre la questione del Mezzogiorno, con varie e diverse priorità, come tema centrale dell’attuale agenda politica. Non come visione contro qualcosa o qualcuno ma proiettandola proprio in una ineludibile necessità di sviluppo di questa parte del Paese utile e funzionale anche al resto dell’Italia, sia nel contesto della Unione Europea ma, a mio modesto avviso, anche nell’area geopolitica Mediterranea.

Mi permetto di puntualizzare inoltre che, seppur in tempi ristretti, non c’è stata o, almeno, io non ho avvertito l’assenza di conoscenza del patrimonio storico, politico, economico e culturale nella quasi totalità degli intervenuti, di cui solo alcuni, con espliciti riferimenti neoborbonici o autonomisti.

Un dato di fatto ed ineludibile è che la questione del Mezzogiorno va avanti, se guardiamo solo alla storia repubblicana del nostro Paese, da oltre 70 anni con una riedizione, dopo la emigrazione con le valigie di cartone ed i treni espressi verso il Nord Italia o all’estero degli anni 50 e 60, di quella odierna degli anni 2000 o del nuovo millennio che finora ha, contraddistinta da giovani sempre meridionali ma più acculturati rispetto a quelli del secondo dopoguerra, per l’università e/o poi per il lavoro, con il computer e l’inglese nello zaino a spalla insieme con la valigia con le ruote, vanno ancora via e che non hanno nella maggior parte dei casi la possibilità (o la voglia per la situazione che c’è oggi in Italia e nel Mezzogiorno, in particolare) di ritornare.

Nell’ultimo rapporto SVIMEZ vi è la cruda realtà!

2 milioni di emigrati dal Sud in 15 anni. Addio a giovani e lavoratori qualificati”. Su questo tema ad esempio nel mio intervento ho posto l’accento, richiamando il detto popolare che “quando il povero dà al ricco… il diavolo se la ride!” di come il (povero) Mezzogiorno (le famiglie e le comunità d’origine) danno al (ricco) Centro Nord Italia o all’Estero (imprese e sistema socio-economico corrispondente) nuova linfa vitale (come lavoratori e come cittadini) senza aver dovuto investire, dal punto di vista economico, né un euro del loro reddito e né, dal punto di vista affettivo e/o relazionale, un’ora del proprio tempo. Risultato? Prendo in prestito l’affermazione emersa in un articolo del Fatto Quotidiano del 01 agosto: “Un paese spaccato, un Mezzogiorno svuotato dal l’emigrazione di migliaia di giovani e laureati. Fenomeno assai più problematico dell’immigrazione, che lo compensa soltanto in parte. E se cresce il divario tra Italia meridionale e settentrionale si amplia anche quello tra Nord e resto dell’Europa, in un’Italia che è l’unico paese Ue, Grecia a parte, a non avere ancora recuperato i livelli pre crisi. Il quadro che emerge dalle anticipazioni del rapporto Svimez (Associazione per lo Sviluppo Industriale del Mezzogiorno) segna una tendenza di abbandono del Mezzogiorno, dove la ripresa dei flussi migratori è la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese.”

E nemmeno ho sentito porre in negativo sia le battaglie del bracciante agricolo, sindacalista e deputato Giuseppe Di Vittorio, sindacalista e deputato, e sia gli studi e/o le tesi del professore Luigi Zuppetta, deputato e massone.

Qualche intervento ha inneggiato all’autonomia ma ad esempio, ce ne sono stati altri e tanti, come ho fatto anche io, che hanno richiamato il rispetto della Costituzione italiana e la sua piena affermazione, anche per il Mezzogiorno e per i suoi cittadini, ad esempio dell’art. 3 E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Questo concetto è stato trattato precedentemente, nel suo intervento iniziale, anche da Pino Aprile che ha sottolineato l’equità di trattamento e pari diritti con riguardo ai principi costituzionali per il Mezzogiorno e la sua popolazione.

Sicura è l’incapacità dell’attuale classe dirigente, meridionale e non, che è autoreferenziale la quale, nel vedere emigrare le risorse umane formate ma disoccupate, costrette ad andar via come è stato già detto, non ha finora posto in essere azioni efficaci, e sottolineo, azioni per far in modo che questo fenomeno sia efficacemente contrastato e si inverta questo trend fortemente negativo, certamente per il Mezzogiorno e per le sue popolazioni, positivo per il Centro Nord Italia ed il suo sistema socio-economico e, sicuramente molto positivo, per l’Estero.

Tale tendenza non può essere migliorata con la non corretta applicazione del Federalismo fiscale o con l’autonomia differenziata!

Concordo, invece, con quanto affermato dalla redazione di Bonculture in merito all’affermazione sulla “depressione meridionale”, come amava definirla Giuseppe Galasso. Infatti tale situazione non è un fatto da isolare e da risolvere singolarmente e che, in Italia, è stata ingigantita dalla incapacità delle classi dirigenti, succedutesi dalla unificazione ad oggi, di considerare il tema Nord e Sud all’interno del sistema Paese, cioè dentro un concetto globale di omogeneità di problematiche che hanno comuni radici ma connotazioni diverse.

Su questo argomento ho posto in evidenza, nell’ultima parte del mio breve intervento, a riprova della incapacità della classe politica sul tema della questione meridionale, ciò che è avvenuto finora in Germania, in circa 30 anni (meno della metà del periodo repubblicano della storia dell’Italia), per la riunificazione tra la Repubblica democratica e quella federale che, pur in presenza ancora di rilevanti disuguaglianze, ha impegnato circa 70-80 miliardi di euro all’anno dalla riunificazione in favore della parte orientale.

Si sono così ridotte considerevolmente le iniziali enormi differenze tra le due economie, anche se i Länder orientali rimangono tuttora distanziati dall’Ovest con un rallentamento della convergenza negli ultimi anni. Infatti, attualmente, il PIL pro capite nei Land della ex Rdt è circa il 66% circa del livello della parte occidentale. In Italia, purtroppo, nel 2018, su dati Istat, il PIL pro capite del Sud è più basso del 45% rispetto a quello del Centro-Nord, con un peggioramento rispetto a quello del 2016 che era 44,1%.

Ed in effetti proprio sul versante della sperequazione di trattamento tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese, su più ambiti e settori, ci sono stati reiterati interventi sul: a) deficit infrastrutturale e dei servizi nei trasporti; b) la questione ambientale con particolare riferimento all’ex Ilva, ai rifiuti ed al dissesto idrogeologico; c) il tema della legalità correlato anche al lavoro per il fenomeno del caporalato; d) la non corretta attuazione del cd Federalismo fiscale che non garantisce la uniforme applicazione dei Livelli Essenziali della Prestazioni; e) con il mancato sostegno finanziario del sistema bancario al sistema imprenditoriale meridionale e alle aree interne, f) il depauperamento delle risorse economiche destinate agli investimenti con tagli operati ad esempio nel periodo 2006-2013, come attesta un Dossier della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e proseguito con lo scarso utilizzo delle risorse previste dalla programmazione comunitaria in corso 2014-2020.

A mo’ di esempio di questa sperequazione sono senz’altro da annotare tra le debolezze rafforzate per il Mezzogiorno, al contrario del Centro-Nord, è il tema delle infrastrutture e degli investimenti che per il Mezzogiorno sono crollati, con un allargamento della forbice e quindi del divario con il resto del Paese, in questi ultimi 20 anni come è evidente in questo grafico, pubblicato sul Sole24ore del 30 luglio 2019, con elaborazione Confindustria/SRM su dati Istat.

Quindi nel corso dell’evento sono emerse molte tematiche che per brevità non potevano essere approfondite ma che saranno oggetto di tale impegno nei gruppi di lavoro che si stanno costituendo.

Il percorso avviato, mi auguro, si prefigga di conoscere per parlare scientemente dei problemi affiorati nel corso dell’evento e di altri che emergeranno predisponendo proposte di azione politica che, concretamente, pongano l’assunzione di responsabilità del rilancio del Meridione con l’obiettivo prioritario di recuperare il gap occupazionale e produttivo rispetto al resto del Paese richiamando alle loro responsabilità verso il Mezzogiorno, sia l’Italia e sia l’Unione Europea, nella sua proiezione geopolitica verso l’importante e sempre più  strategica area del Mediterraneo.

Per tali motivi. non la contrapposizione interna tra aree del Paese ma il rilancio rilevante e urgente, senza dimenticare la storia, vi è la necessità prioritaria di RIEQUILIBRARE ciò che in questi 70 anni di storia repubblicana ha contribuito CONCRETAMENTE ad avvilire il Mezzogiorno e la sua popolazione, non senza alcune autoctone responsabilità soprattutto della sua classe dirigente nei capoluoghi regionali e a Roma, e non a vedere ed utilizzare al meglio le risorse umane che questa splendida Terra, insieme con quelle materiali ed immateriali, aveva ed ha (sulla scorta dei sacrifici fatti dalle famiglie) e che fuori dal loro contesto natio, trovano e raccolgono, grazie al loro lavoro e contributo soddisfazioni e riconoscimenti formali e sostanziali. Prima che vadano via altri giovani e, con essi, i loro genitori ma ancora e di più la speranza di essere in grado di cambiare questa situazione deleteria bisogna intervenire ed in questa visione è positiva l’iniziativa intrapresa. P

L’autore dell’intervento è un esperto di Trasporti, ex consigliere comunale e provinciale in Capitanata

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