Ivan Scalfarotto e la sfida della costruzione di uno spazio politico alternativo. “In Puglia il riformismo è totalmente assente”

by Antonella Soccio

Da coordinatore dei circoli di azione civile a primo candidato renziano in una competizione politica agguerrita e tutt’altro che semplice. Ivan Scalfarotto, candidato presidente alla Regione Puglia per Italia Viva, Azione e Più Europa, è chiamato nel Mezzogiorno ad un compito arduo: testare un partito nuovo e metterlo alla prova del voto, per cercare un’altra strada già intrapresa da Macron in Francia e forse (per sempre?) sciupata da Matteo Renzi nel fatidico autunno del referendum costituzionale.

Nelle varie province pugliesi sta presentando candidati e candidate, progetti ed idee. A Foggia ha ammesso che il suo è un primo punto di partenza per il polo alternativo riformista che Renzi, Carlo Calenda e altri stanno cercando di immaginare.

Dentro una politica fortemente polarizzata dai sovranismi di Giorgia Meloni e Matteo Salvini da un lato e dal neo statalismo del M5S, Giuseppe Conte, Andrea Orlando, Beppe Provenzano ed altri dall’altro, c’è ancora spazio per il riformismo?

Noi di bonculture glielo abbiamo chiesto.

Onorevole Scalfarotto, qual è il progetto politico nazionale che è alla base della sua candidatura in Puglia?

C’è un progetto politico chiaro, noi di Italia Viva siamo un partito, Azione è un partito, Più Europa lo è. I partiti devono per statuto e per missione aziendale e associativa andare alle urne e devono contarsi. Normalmente questo accade sulla base di partiti strutturati che hanno già un apparato, dei rappresentanti nelle istituzioni e quindi si organizzano periodicamente per le elezioni. Per noi è diverso, perché Italia Viva è nata il 19 settembre 2019, il tempo di fare i gruppi parlamentari e sono arrivate prima le vacanze di Natale e poi il lockdown. È chiaro che oggi noi stiamo strutturando un partito sul territorio che nasce dai Circoli che erano stati creati in precedenza, i famosi Comitati di azione civile, e ora stiamo trasformando e costruendo il partito, che si è dato uno statuto, si è dato una assemblea nazionale, dei presidenti e dei coordinatori provinciali. Questa è la struttura di Italia Viva. Evidentemente questo non basta. Una Angela Lombardi che è consigliera comunale a Monte Sant’Angelo, è consigliera provinciale a Foggia, ha aderito a Italia Viva e oggi abbiamo una rappresentanza in consiglio comunale a Monte che ieri non c’era. Questo lavoro di costruzione di partito va subito ad un appuntamento elettorale, che è il primo della nostra storia, ma certamente non è l’ultimo, per questo dico che è un punto di partenza, perché l’obiettivo è costruire una comunità politica che lavori dopo il 21 settembre. Io mi auspico possiamo avere dei consiglieri regionali, ma non lavoriamo solo per quello. Ci presenteremo in molte elezioni comunali in tanti comuni della Puglia, avremo consiglieri comunali, avremo dei militanti.

Da nessuna parte in Puglia avete un vostro candidato sindaco, vero?

Non escludo che possano esserci dei candidati sindaci civici, che una volta eletti possano scegliere di entrare in Italia Viva. Chi sta in una lista civica fa spesso un ottimo lavoro, ma è fuori da un circuito nazionale e dalle buone pratiche che si attuano in altri posti. Se io sono l’assessore all’Ambiente del mio Comune se posso parlare con un altro assessore all’Ambiente di un’altra regione posso scambiarmi delle buone pratiche. Il nostro non è solo un lavoro di campagna elettorale, ma di costruzione di un soggetto politico che sta nascendo.

Lei la sente la responsabilità di essere il primo a cimentarsi col voto?

Eh, la sento tantissimo. E sento anche un altro tipo di responsabilità. La mia coalizione si presenta unita solo in Puglia. Azione si presenta solo in Puglia e aggiungo che Azione è all’opposizione del Governo come Più Europa, mentre noi siamo in maggioranza. Quindi quello pugliese è, come spesso accade nelle elezioni locali, un esperimento di un polo, che io chiamo riformista ed europeista, che si presenta soltanto in Puglia così unito. Se l’esito sarà positivo sarà un modo per incoraggiare una collaborazione tra queste forze politiche, se fosse il contrario- ma io non penso- potrebbe essere un disincentivo. E questa è un’altra responsabilità.

Qualora dovesse vincere Raffaele Fitto- la accusano molto di questo possibile scenario- la vostra posizione quale sarebbe?

Per me se vince Fitto o vince Emiliano, non c’è nessuna differenza. Se io guardo il ceto politico pugliese, so che Cera che stava con Emiliano oggi va con Fitto, Angelo Riccardi che stava a sinistra se si può candidare va con Fitto, Di Gioia stava a destra, poi ha fatto l’assessore di Vendola e di Emiliano..

Di Gioia si era avvicinato anche molto a lei in un certo periodo della sua carriera, durante il Governo Renzi col Pd al 42%…

Non siamo mai stati iscritti allo stesso partito, adesso torna a destra. Di Cagno Abbrescia viene di qua, Cassano viene da destra e va a sinistra, Schittulli appoggia Emiliano. Cosa sia destra e cosa sia sinistra in Puglia non è chiaro, perché se le persone passano così agevolmente da un posto all’altro indifferentemente, la verità è che c’è una etichetta che ci si pone ad essere di sinistra. Ma quali sono le politiche di sinistra di Emiliano? Non aver approvato la doppia preferenza di genere è di sinistra? La Regione Campania ha approvato la legge contro l’omotransfobia, in Puglia si è fatto? La sinistra europea è contro i vaccini o contro il dato scientifico per contrastare la Xylella?

Neppure nelle politiche culturali di questi anni riconosce visioni di sinistra?

Emiliano ha smantellato le politiche culturali. C’è una grande mistificazione. Quando Emiliano dice, se vince Fitto mettiamo via 15 anni di buon governo, Emiliano compie una mistificazione perché i 10 anni di Vendola e i 5 anni di Emiliano non hanno niente in comune, tant’è che Vendola ed Emiliano fino a poche settimane fa se ne sono dette di santa ragione. Emiliano in alcuni casi ha smantellato scientificamente le politiche di Guglielmo Minervini, l’Apulia Film Commission certamente non è più quella di un tempo. Allora, ci sono stati i 10 anni di Vendola, che io riconosco essere stati una stagione di buon governo e ci sono 5 anni di Emiliano, che secondo me non hanno avuto nessuna continuità. Quindi ripeto: per me che vinca Emiliano o Fitto, per la Puglia, è sempre un governo chiuso, autoreferenziale, espressione della stessa politica. Oggi c’è bisogno di cominciare a costruire uno spazio alternativo ai tre populismi ecco perché noi non potevano non esserci, altrimenti avremmo messo il silenziatore a una posizione politica- il riformismo- che ha una sua dignità, ma che qui è totalmente assente.

Io sono equidistante tra Fitto ed Emiliano, ma non sono equidistante tra il Pd e la Lega. Perché il Pd di Gori e di Bonaccini io li sento vicinissimi. E mi chiedo: i pugliesi che male hanno fatto a non avere quel Pd lì? Il Pd di Emiliano non è il Pd riformista della sinistra europea, il Pd di Emiliano è un partito populista che ricalca nella maggior parte dei casi le posizioni del MoVimento 5 Stelle.

E il Pd di Nicola Zingaretti che Pd è?

Io sono uscito dal Pd di Zigaretti, perché il partito di Zingaretti è pericolosamente avviato sulla via di Emiliano. Personaggi come Bettini e Franceschini vedono come approccio strategico l’avvicinamento tra Pd e 5 Stelle. Io invece sono al Governo con i 5 Stelle per cause di forza maggiore, transitoriamente e in modo contingente, ma il mio approccio strategico, la mia visione a lungo termine è di essere alternativo ai 5 Stelle sia nei programmi sia nei valori. Soprattutto nei valori.

Un’ultima domanda: che Puglia sta incontrando in questa campagna elettorale? Ci sono segmenti che le chiedono uno spazio alternativo?

Due cose. La prima è una Puglia che non utilizza a pieno le sue potenzialità. La Puglia è una regione prospera, traino dell’Italia e dell’Europa, che potrebbe essere per la creatività dei suoi imprenditori, per il talento delle sue persone, per le bellezze naturali, storiche e culturali che ha a disposizione un immenso luogo di attrazione di capitali dall’estero. Se qualcuno avesse fatto questo lavoro di viaggiare verso l’estero e di andar a parlare con i grandi investitori internazionali, garantendo loro un ecosistema di crescita, avremmo avuto più fondi a disposizione?

Il Mes, lo prendiamo il Mes? Io dico di sì subito: sono 2,5 miliardi per la Puglia.

C’è una sottoutilizzazione delle risorse locali, che hanno un enorme potenziale ma su cui nessuno lavora. La mia sensazione è che qui i politici non lavorino, che non studino.

Crede che sia tutto demandato alla tecnostruttura regionale?

Sì, ma la tecnostruttura, non avendo la potestà di stabilire una direzione, fa il piccolo cabotaggio, fa il giorno per giorno, ma i grandi cambiamenti non li può progettare.

La seconda cosa è che manca l’ascolto. Il fil rouge delle mie conversazioni con i cittadini, con gli imprenditori, con le associazioni, con i sindacati è che non c’è interlocuzione. Bussano alle porte ma nessuno risponde.

E il processo partecipativo Futuro in corso, che Emiliano ha appena avviato, cosa le sembra? Non è ascolto?

È episodico, come le Sagre del Programma.

Che però erano anche un po’ simili alle prime Leopolde

Forse anche alle Fabbriche di Nichi, ma quel tipo di partecipazione è colore, folklore, marketing politico. Emiliano non ascolta nessuno, neanche i suoi assessori quando li nomina, figuriamoci se sente la gente. La cosa che racconta tutto Emiliano è che lui dà il suo numero di telefono alle persone. Io il numero di telefono del presidente non lo voglio. Io non eleggo il presidente per chiamarlo, ma perché metta su degli uffici regionali che funzionano. A me che mi risponde il presidente in persona non interessa, perché non ho eletto un capo assoluto: io eleggo un presidente che deve far funzionare la regione. Non servono risposte personalistiche, un presidente deve rendere la macchina efficiente. Questo è il populismo. Nel suo numero di telefono a tutti c’è il populismo.

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