Il professor Pasolini: la vocazione pedagogica del grande scrittore

by Fabrizio Simone

Prima di conoscere il successo con Ragazzi di vita, edito da Garzanti nel 1955, Pasolini si guadagna da vivere soprattutto insegnando lettere. La sua vocazione pedagogica è sincera e innata, come testimonia il recente volume di Francesco Aliberti e Roberto Villa, Pasolini a scuola. Formazione e impegno civile 1935-1954, edito dalla casa editrice indipendente Compagnia editoriale Aliberti, che racchiude testi e documenti iconografici pensati per una mostra tenutasi a Reggio Emilia nel 1995.

Il 1943 è un anno fondamentale. Il poeta fonda, insieme a cinque amici, nella frazione di San Giovanni, non molto distante da Casarsa (lui e sua madre si stabiliscono in Friuli per sfuggire alla guerra), una piccola scuola privata gratuita, pensata per gli studenti che, a causa dei bombardamenti, non possono raggiungere le scuole di Udine e di Pordenone. L’esperimento dura pochi mesi perché il Provveditore di Udine ordina la chiusura del centro. Pier Paolo non si dà per vinto e riorganizza le lezioni per dieci studenti ginnasiali nella sua abitazione di Casarsa. I ragazzi studiano di tutto: Dante, Rebora, I canti del popolo greco tradotti dal Tommaseo (D’Annunzio li usa soprattutto nella Pisanella), Leopardi, Virgilio, Ungaretti, Machado, Marlowe, Wordsworth, i poeti friulani, la sintassi latina, il greco, l’inglese, per cinque ore al giorno. Pasolini incoraggia i ragazzi a scrivere poesie in italiano e in friulano, presta grande attenzione al punto di vista di ognuno e preme affinché ogni argomento non venga recepito passivamente, sperimentando una pedagogia audace e radicale, fondata sul dialogo e la reciproca comprensione. Insegna ai suoi studenti il valore della tolleranza e l’importanza della cultura come strumento di emancipazione e di difesa: è attento al risveglio delle coscienze e dà vita ad una scuola di libertà in cui l’insegnante ha il compito di stimolare la curiosità degli studenti facendo leva sull’emozione.

Quando i nazisti si spingono fino a Casarsa e i bombardamenti americani minacciano ulteriormente la vita degli abitanti, Pasolini e sua madre si sistemano a Versuta, dando vita ad un’altra scuola gratuita per i figli dei contadini. Susanna si occupa dei più piccoli in una cantina al piano terra, Pier Paolo dei ragazzi delle medie nella stanzetta in cui abita con sua madre. Con la bella stagione le lezioni avvengono direttamente all’aperto, sotto due grandi pini. Terminata la guerra, i suoi alunni si iscrivono alle scuole pubbliche o vanno a lavorare nei campi. Laureatosi a Bologna nel novembre del ’45 con una tesi su Pascoli, Pasolini può finalmente ambire ad un posto pubblico e dall’ottobre 1947 fino al novembre 1949 insegna italiano e latino presso la scuola media di Valvasone, sezione staccata delle Medie “Monti” di Pordenone.

Ogni giorno sale sulla sua bicicletta e macina dieci chilometri per raggiungere la scuola. Gli studenti sono colpiti dai suoi metodi innovativi: insegna i nomi latini delle piante portando la classe in giardino, sollecita gli alunni a comporre versi, organizza rappresentazioni teatrali, spiega la grammatica inventando giochi di parole e la metrica come una filastrocca. Inventa persino una favola per rendere più interessante la seconda declinazione: “C’era una volta un mostro che si chiamava UserumSi trattava di un mostro che pretendeva da un villaggio vittime umane (fanciulli e fanciulle) da divorare, finché arrivava un cavaliere (un giovane generoso) che affronta il mostro e lo uccide non senza difficoltà in quanto esso è triforme: Us, che si getta nel lago, Er che ripara nel bosco, e Um che si arrampica tra le rocce. La legggenda di San Giorgio, l’Ariosto, il duello degli Orazi e i Curiazi: una vera macchina. Ma mi servi, allorché rapidamente e senza colorito nella voce (in quanto ero stato «attore» già nel narrare la favola) dichiarai che Us era «amicus», Er «puer», Um «donum», che l’intero mostro era dunque la seconda declinazione, che io ero il giovane che venivo a salvare essi, i fanciulli, dal sacrificio”.

Per entrambi i cicli, il preside della scuola media di Pordenone certifica che Pasolini ha prestato servizio con la «qualifica: valente», ma a causa dello scandalo di Ramuscello il poeta perde il lavoro. I genitori degli alunni provano ad opporsi inviando una lettera al provveditore. Niente da fare: Pier Paolo e Susanna, all’alba del 28 gennaio del 1950, sono costretti a partire per Roma, dove conducono una vita precaria. Susanna lavora come governante e col suo stipendio riesce ad affittare temporaneamente una stanza nel ghetto ebraico. Pasolini trova in Sandro Penna l’amico di cui ha bisogno. L’anno successivo arriva la fatidica supplenza: su suggerimento del poeta dialettale Vittorio Clemente, la scuola media privata Francesco Petrarca – meglio conosciuta come «Scuola Bolotta» – di Ciampino assume il disoccupato Pasolini dal dicembre del 1951 alla fine del ’54. Guadagna 25 mila lire al mese e può permettersi un freddo appartamento al secondo piano di una casa ancora in costruzione, senza tetto né intonaco, a Rebibbia, a pochi passi dal carcere. Tutte le mattine un autobus lo porta dalla borgata periferica di Ponte Mammolo al Portonaccio, poi scende e aspetta l’altro autobus che lo conduce a Termini. Infine, ancora un trenino per arrivare a Ciampino. «Andare su e giù a Ciampino, per 25.000 lire al mese, come faccio, è una cosa insopportabile. Eppure la sopporto…», scrive al poeta Biagio Marin. In questi lunghi viaggi lavora a Le ceneri di Gramsci e nel pomeriggio, quando torna a casa, legge le poesie dialettali per due antologie che saranno stampate da Guanda (Poesia dialettale del Novecento e Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare).

I suoi studenti scoprono i versi dei grandi autori contemporanei (Saba, Bertolucci, Caproni, Penna), ma devono sapere a memoria interi canti della Commedia dantesca. Pasolini li premia portandoli in gita a Napoli, a Orvieto, alla Villa Adriana di Tivoli e gioca con loro a pallone. L’allievo più famoso dell’unica scuola media di Ciampino è Vincenzo Cerami, autore del romanzo Un borghese piccolo piccolo e della sceneggiatura de La vita è bella, scritta a quattro mani con Benigni. «Pasolini mi correggeva – rivela lo scrittore – quando ad esempio scrivevo, come tutti i romani, “strazzio” con due zeta. Ma mi segnava quest’errore in rosso. Mi spiegava che si scriveva con una zeta ma non lo considerava un errore grave. Perché non voleva frustrare la parte della lingua che in noi era viva. Usava la matita blu solo se scrivevamo banalità, dette per inerzia o, peggio, per captatio benevolentiae…». Finite le medie, il rapporto con Pasolini non si interrompe. Cerami incontra l’ex professore per sottoporgli le sue poesie. Pasolini le corregge e legge con grande interesse i dattiloscritti, annotando errori e intuizioni (un solo segno vicino al verso significa che è buono; due, molto buono).

La scuola Petrarca non esiste più. È stata sostituita da un negozio di alimentari e da un negozio di biancheria intima. La lezione del professor Pasolini, propugnatore di una didattica attiva e democratica, è ancora attuale.

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