Ricca, intelligente, spregiudicata, anticonformista. Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la leader del Risorgimento italiano

by Caterina Del Grande

Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!”

Cristina Trivulzio di Belgioso

Ricca, intelligente, spregiudicata, anticonformista. Cristina di Belgiojoso è stata appassionata protagonista del Risorgimento Italiano, giocando un ruolo di primo piano nel processo di unificazione del nostro paese.

Cristina Trivulzio di Belgioioso è stata una principessa, una donna con un grado nobiliare altissimo che, grazie alla sua collocazione familiare, ha attivato relazioni sociali a Milano come a Napoli, Roma, Parigi.

Era straordinariamente ricca, intelligente e colta. Certo, non fu l’unica donna di estrazione nobiliare con queste caratteristiche nel XIX secolo ma è l’unica che ha utilizzato queste risorse per fare cose precluse alle donne del periodo, in Italia e in Europa. Questo rende la sua figura estremamente affascinante.

Nelle sue proprietà terriere, a Locate, Cristina organizzava servizi di assistenza, di sostegno e welfare per i propri contadini e le famiglie.

Non bisogna dimenticare che il XIX secolo è uno dei secoli più misogini della storia. Le donne di classe alta nel secolo precedente avevano una libertà intellettuale e affettiva che le loro nipoti del XIX secolo non potevano immaginare.

Il secolo in cui vive Cristina di Belgiojoso è un momento di assoluta chiusura nei confronti delle donne dal punto di vista delle norme del diritto pubblico, del diritto privato, della mentalità diffusa. La mentalità borghese è costruita attorno ad una gerarchia di genere molto rigida.

Molti la criticarono duramente non sopportando che una donna potesse intervenire in politica, addirittura armare un battaglione di volontari. Ma c’è anche chi la stimava, uomini che le chiedono di scrivere articoli per le più importanti riviste, pubblicate in Italia e in Francia.

L’opinione pubblica maschile è divisa nei confronti di Cristina ma molti sono gli apprezzamenti ricevuti da personalità di prim’ordine della cultura, in particolare Francese, del XIX secolo.

Cristina ha una tempra di ferro. Non si scoraggia mai, neanche in condizioni di difficoltà. Nei primi mesi dell’arrivo a Parigi non ha tante risorse, il governo asburgico ha sequestrato i suoi beni in Lombardia ed è costretta a vivere con pochi soldi ma tutte le testimonianze suggeriscono che lei non si abbatte minimamente.

Stessa situazione in Anatolia dove comprò una proprietà terriera che risultò molto difficile da gestire. L’esperienza non andò bene, la proprietà non rendeva, addirittura lei venne aggredita da un suo lavoratore e ferita gravemente. Ma non si è mai arresa.

Cristina perde il padre quando ha solo quattro anni, diventando unica erede del suo ramo. La madre si risposa subito con Alessandro Visconti d’Aragona, dal quale avrà quattro figli. Cristina passa l’infanzia a studiare e giocare con i fratelli finché il patrigno non viene coinvolto negli arresti dei Carbonari e resta profondamente scosso.

A sedici anni, destinata ad un cugino, Cristina si ribella al matrimonio combinato e sposa Emilio di Belgioioso, bello, giovane e grande dongiovanni che mira solo all’enorme dote. Cristina infatti era una delle più ricche ereditiere d’Italia.

Fu il più grande errore della sua vita. Già soffriva di crisi epilettiche, un male che la tormenterà a fasi alterne per tutta la sua esistenza, a cui si aggiunge la sifilide contratta dal marito. Quando quest’ultimo, che andava in giro con la carrozza di Lord Byron – un’enorme vettura arredata con due letti – , le propone di convivere con la sua nuova amante, Cristina si ribella, lascia Milano e inizia a vivere davvero la propria vita.

Viaggia per l’Italia per poi spostarsi a Ginevra dove le spie austriache si interessano a lei, “colpevole” di avere abbandonato il marito. Durante un soggiorno a Lugano manifesta aperta simpatia nei confronti del partito repubblicano e le viene intimato di rientrare a Milano.

Cristina scappa in Francia alimentando il mito della principessa rivoluzionaria.

A Parigi è corteggiata da tutti e vive una stagione eccezionale, testimoniata dalla storia della letteratura francese. Scrive articoli sul “Constitutionel” e apre un salotto famoso in rue d’Anjou frequentato da Balzac, Listz, Heine, Bellini.

In questo periodo conosce François Mignet con il quale avrà un legame profondo. Da questo rapporto, dopo una gravidanza semiclandestina a Versailles, nascerà una bambina, Maria.

La paternità di Mignet non sarà mai rivelata apertamente, resta un’ipotesi fondata su numerosi e solidi indizi, che oggi è storicamente accettata.

La nascita di Maria segna l’inizio della seconda vita di Cristina che teme ancora più di prima le maldicenze. Lo stesso Manzoni la farà mettere alla porta quando Cristina vorrà dare l’ultimo saluto alla madre morente del grande romanziere.

Si stabilisce quindi a Locate, a sud di Milano, feudo dei Trivulzio da quando il grande Gian Giacomo lo aveva acquisito.

La povertà, l’ignoranza, le malattie dei contadini di Locate mettono davanti agli occhi di Cristina una realtà molto diversa da quella dei salotti parigini. Qui fonda asili e scuole per i contadini. Nel frattempo pubblica le sue prime opere: il Saggio sulla formazione del dogma cattolico e la traduzione in francese della Opere di Gian Battista Vico.

Viaggia in tutta Italia allacciando rapporti con i maggiori esponenti del Risorgimento: Cavour, Cesare Balbo, Nicolò Tommaseo, Giuseppe Montanelli e molti altri. Fa visita anche a Carlo Alberto.

Non sono pochissime le donne che militano del movimento Risorgimentale ma lei ha qualcosa in più: risorse economiche che utilizza per fare cose eccezionali. A Napoli – questa è una delle sue azioni più clamorose – raggiunta dalla notizia delle Cinque Giornate di Milano, Cristina affitta una nave e finanzia il trasferimento di 150 volontari portandoli con sé fino in Lombardia. Dimostra una chiarezza di idee, un orientamento politico lucido che manifesta tanto con articoli e scritti quanto con una capacità di agire straordinaria per una donna dell’800.

Nel pieno della battaglia politica muore l’amato segretario Stelzi, che verrà sepolto a Locate nello stesso cimitero dove riposerà la salma di Cristina. Le vicende del cadavere “imbalsamato” dello Stelzi, raccontate romanzescamente da Barbiera, alimenteranno dopo la sua morte la leggenda della sua necrofilia.

Si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, adoperandosi giorno e notte negli ospedali durante l’assedio della città. Di fronte all’emergenza ed al caos degli ospedali, Cristina “inventa” le infermiere.

Fino a quel momento negli ospedali ad aiutare i medici c’erano solo i facchini per il trasporto dei malati e Cristina pensa ad un corpo di volontarie laiche dedite ad aiutare i malati, ad assisterli e a confortarli. Assolda così uno stuolo di dame, di borghesi e di prostitute.

La presenza di queste ultime, negata da Cristina in una lettera al papa, ma da lei ammessa nei carteggi privati creerà un grave scandalo.

Costretta a scappare a Malta e poi in Grecia, riesce ad acquistare una proprietà terriera in Anatolia: una cosa che sarebbe di straordinario coraggio anche per una donna contemporanea. Lei lo fa nel XIX secolo. Il suo impegno politico tra gli anni ‘30 e il ‘49 è notevole.

Del soggiorno in Turchia e del suo viaggio attraverso l’Anatolia, la Siria, il Libano e la Palestina, Cristina parlerà in molti articoli, interessanti soprattutto per lo sguardo acuto e dissacrante con il quale vengono smontati i miti dell’Oriente, fastoso ed opulento. Vengono invece messe spietatamente a nudo le miserie di una società arretrata dove la sporcizia regna ovunque e le donne sono abbandonate all’ignoranza.

La prova più difficile viene subito dopo il ritorno da Gerusalemme. Un profugo bergamasco al quale era stata data una casa e un lavoro, accecato dall’odio, colpisce Cristina con cinque coltellate nel luglio 1853. Le ferite non sono mortali, nella confusione generale è lei stessa a dirigere i suoi soccorritori e ad istruirli su come prestarle le prime cure, ma da questa disavventura ne uscirà piuttosto male.

Nel frattempo muore Emilio di Belgiojoso reso pazzo dalla sifilide. Fino all’ultimo Cristina cerca di ottenere dal marito il riconoscimento della figlia, senza riuscirci. E’ questa l’ultima delle sue battaglie. Maria ha ormai vent’anni, non ha ancora un nome.

Finalmente, alla fine del 1860, il riconoscimento arriva, e Maria, appena giunta ad essere una Barbiano di Belgioioso, diventa marchesa Trotti sposando a Locate un vedovo, onesto e gentile, con l’assenso pieno di Cristina che conclude così la sua difficile missione di madre.

Morirà il 5 luglio 1871 nella casa della figlia a Milano dopo aver pubblicato il saggio “Della presente condizione delle donne e del loro avvenire” che si conclude con queste parole:

Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!”.

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