I morti non muoiono, gli zombie di Jim Jarmusch

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“Non finirà bene” urlano, disillusi, i protagonisti di “The Dead Don’t Die”. Il mondo è sull’orlo del collasso, la terra è fuori dal suo asse, il giorno e la notte non si alternano più come dovrebbero e i morti ritornano a danzare sotto la luce della luna. Gli zombie di Jim Jarmusch sono puri nella loro essenza primordiale e archetipica, lontani dalle figure pop della contemporaneità. Sono ammassi di materia in un mondo solo materiale, feroci avvoltoi senz’anima amanti del caffè e della tv, una massa indistinta di individui legati solo dall’istinto di sopravvivenza.

Centerville è una cittadina della periferia americana che si fa centro del mondo, universo dove il tempo scorre lento e gli uomini trascorrono le giornate rinchiusi nell’unica tavola calda, nella stazione di servizio, nel motel, nel carcere e nella centrale di polizia. Quando una tempesta mediatica sconvolge le esistenze dei personaggi (la rottura dei poli ha alterato la rotazione della terra), ognuno abbandona il proprio ruolo nella società, e dunque la propria identità, per rivelare una nuova natura.

Il regista mette in piedi un cast stellare di amici e conoscenti, dove spaziano Adam Driver e Bill Murray, semplici poliziotti alle prese con qualcosa di più grande di loro, Chloë Sevigny, diligente e impreparata agente di polizia. Ci sono Steve Buscemi e Danny Glover, il bianco e il nero uniti al bar dal caffè, gli immancabili musicisti Iggy Pop e Tom Waits, e la divina Tilda Swinton alle prese con i cadaveri armata di Katana. Questa costellazione di immagini e di individui si trascina incerta, come in un sogno, nella battaglia contro l’intruso ritornante, tra slanci ecologisti e citazioni allo sfinimento. Tutti recitano una parte, compresi i morti viventi che, quando decapitati, non perdono sangue ma rilasciano una nuvola di polvere nera di materia tipicamente onirica.

Il mondo di oggi non piace a Jarmusch che, come i vampiri di “Only Lovers Left Alive”, rimpiange un mondo ideale, probabilmente immaginario. L’unica soluzione all’attualità è la distruzione, ricominciare da zero, accelerare il processo di decomposizione fisica del corpo e dell’anima, dell’arte e del cinema stesso. Gli zombie dunque sono un ordigno, pronto a esplodere: contro lo spettatore, non più in grado di lasciarsi travolgere dalle immagini, rintanato in un bosco a guardare lo spettacolo da lontano; contro uno stato immobile e incapace; contro un cinema ridondante di citazioni fuori controllo; contro l’arte che è rappresentazione del reale e infine contro se stesso, nostalgico rappresentatore di un mondo mai esistito. Resterà il sogno, la meraviglia, l’arte fine a se stessa che è il cinema di Jim Jarmusch.   

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