“Il virus nella fotografia” per i soci del FotoCineClub: il Covid stimola l’arte e la creatività dello scatto interiore

by Anna Maria Giannone

C’è chi, insegnante di nuoto in clausura, si tuffa per una gara nell’acqua del suo letto, chi nel chiuso della vasca, chi ha lavorato sulla forza claustrofobica del distanziamento sociale, chi ha ripreso sprazzi di vita quotidiana al mare, dal macellaio, in ufficio, dal parrucchiere. Sempre e rigorosamente mascherinati.

Sabato 14 novembre 2020, Covid permettendo, alle ore 18 presso la Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, via Arpi 152 ci sarà l’inaugurazione della mostra fotografica “Il virus nella fotografia”, la collettiva dei soci del FotoCineClub di Foggia.

“Finiti reclusi in un mondo sospeso, storditi e increduli per il cambio epocale delle nostre abitudini, noi fotografi amatoriali potevamo rinchiuderci in noi stessi e abbandonare il nostro mezzo espressivo. Ma la forza di un gruppo, quale quello di un’associazione, sta nello scambio delle idee e nel tirare la volata e così, molto presto, è prevalsa l’idea che più che una necessità, riprendere a scattare, era per noi un’opportunità. Consapevoli dell’accaduto, ci siamo presi il tempo per rielaborare le idee, e siamo partiti, seguendo le nostre diverse sensibilità, a raccontare il nostro mondo ai tempi del Covid 19. Ed è accaduto qualcosa che non immaginavamo potesse accadere, una pioggia di immagini ha intasato la mail del circolo, la Commissione Artistica ha effettuato il lavoro di limatura ed il FotoCineClub di Foggia presenta oggi il suo personale, multicolorato, poliedrico punto di vista”, rileva il presidente Nicola Loviento.

Noi di bonculture gli abbiamo chiesto qualcosa in più su una mostra molto particolare e profonda.

Presidente, che tipo di creatività hai notato sul tema del virus? Quante foto sono arrivate? Alcuni vostri soci hanno anche creato delle messe in scena molto speciali, anche al limite del kitsch. Che te ne pare?

Il tema del virus nella fotografia nasce per la necessità per il FotoCineClub di continuare la propria attività. Non dimentichiamo che di colpo siamo stati costretti a marzo a chiuderci nelle nostre case. Dopo qualche giorno di riflessione, da un lato abbiamo continuato a tenere i corsi che prima erano in presenza su una piattaforma, dall’altro lato abbiamo stimolato tutti i nostri iscritti a cimentarsi sul tema della pandemia.

Tutte le fotografie hanno risentito del momento e quindi abbiamo moltissime foto che ricalcano la clausura, quando eravamo chiusi in casa. Poi abbiamo continuato a stimolarli e sono venute fuori una serie di fotografie in esterna, ne abbiamo qualcuna al mare.

La creatività? È normale che qualcuno si sia sentito stimolato a creare qualcosa di diverso, abbiamo foto che raccontano semplicemente il quotidiano e altre che sono frutto della fantasia. Noi siamo strutturati con dei contest interni, ogni due settimane la nostra commissione artistica individuava le migliori foto, le premiava e le segnalava. Alla fine la selezione è stata di 66 foto, ma ne sono arrivate diverse centinaia, circa 400.

Sul kitsch dipende dalla valutazione di chi le osserva, ma noi abbiamo ritenuto di dare spazio anche alle foto più strane. Ci siamo convinti a portare avanti la collettiva sul virus perché era un momento che un FotoCineClub doveva raccontare e poi abbiamo avuto la conferma anche da altri che il lavoro era stato prodotto era molto buono. Ci sono stati almeno due soci che hanno visto le loro fotografie primeggiare in dei concorsi internazionali dove sono arrivate migliaia di foto e hanno adesso le loro fotografie esposte in Cina in una piazza.

Quanto era facile o difficile approcciarsi ad un tema come il Covid?

Dipende dalla sensibilità, qualcuno ci è riuscito presto, alcuni altri ci hanno messo più tempo, qualcun altro non ci è riuscito affatto.

Come spesso accade c’è poco foto giornalismo, come mai secondo te? La curiosità non dovrebbe spingere il fotografo a cercare l’esterno? O in questo caso era più semplice l’introspezione?

Sul foto giornalismo torniamo al ragionamento di prima, forse trattandosi di foto amatoriali e di un momento particolare, credo che ci sia stato una sorta di pudore interno, che ha frenato i nostri soci dall’andare a fotografare situazione in esterno.

Che ruolo ha avuto il bianco e nero, credi che ci sia una forma di moda?

Il bianco e nero si è mescolato al colore, non credo ci sia stato un suo abbandono, se ci sono meno foto in bianco e nero è perché si è cercato di reagire ad una situazione che più che bianchi ha il nero e di colori non ne ha per niente. E pertanto abbiamo cercato di inserirli noi.


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