BRUNORI: la vecchia Guardia 82.

by Marco Pezzella

Ieri ho letto (quasi) dappertutto che abbiamo bisogno di cantautori come Dario Brunori.

Non so se sia vero, ma personalmente il sostantivo “bisogno” definisce in maniera appropriata il mio rapporto con la musica e, nello specifico, con la musica di Brunori sas. Probabilmente non sono il solo.

Col suo nuovo album “Cip”, mi piace pensare il titolo come un’eco scherzoso ai tweet cui affidiamo presuntuosi e piacioni quotidianamente il pensiero (noi e i nostri politici), Brunori si ripresenta a dieci anni dall’esordio con un album che è tutt’altro che un greatest hits. Brunori si ripresenta quale cantautore della vecchia guardia, della Guardia 82, naturalmente.

I due brani che avevano annunciato l’arrivo di “Cip” (“Al di là dell’amore” e “Per due che come noi”) avevano incuriosito, affascinato, scaldato i cuori (soprattutto il secondo singolo, ballad sentimentalissima), ma non lasciavano intuire la maturità del nuovo lavoro di Brunori. Maturità artistica, umana, politica, sociale. Aveva già dimostrato di possedere coraggio (leggasi attributi), con questo “Cip” lo mette definitivamente in chiaro.

In effetti ci arriva l’approccio primordiale del cantautore calabrese alla musica, ritmo e testi; spesso tralasciamo un dettaglio, a mio avviso rilevante: un bravo cantautore dev’essere prima di tutto un ottimo ascoltatore.

Darione nazionale, in quest’album più che negli altri, dichiara di aver ascoltato Venditti, Dalla, Battisti, Gaetano, De Gregori e chissà quanti altri. Anche Beck, quello di Loser; questo lo ricordo per via di un’intervista o di una battuta ad un suo concerto.

“Cip” rivela un Brunori politico, romantico e fresco. Senza pedanteria tocca temi importanti, alleggerendo i testi con doppie voci, xilofoni, fiati, ottoni, violini e schitarrate. C’è anche spazio per un minimo di elettronica che ricorda vagamente i Baustelle (inizio di Al di là dell’amore). Tutti abbiamo, negli occhi più che nelle orecchie, la scena raccontata da Guardia 82, Lei Lui Firenze, il profilo di un Italian Dandy e questo è il primo vero vanto di un cantautore: raccontare una storia, canticchiandola, così sovrappensiero, sotto la doccia, sotto il palco e con le cuffie mentre si cammina in qualche luogo, magari proprio Firenze.

Noi che ci sentiamo “Fuori dal mondo”, figli dei fiori del 2020 e che abbiamo imparato la lezione di Calvino “prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”

Ecco, diciamo tutto. O quasi tutto.

L’occhio del cantautore guarda tutto ciò e lo canta.

“Possiamo godere, provare piacere

possiamo versarci qualcosa bere

possiamo fumare anche tutte le sere

e dirci che in fondo alla fine va bene;

se ci siamo chiusi in un metro quadrato,

se ci siamo persi nel supermercato,

se adesso parliamo col televisore,

se prendiamo gocce in mancanza d’amore.”

“Anche senza di noi” è una canzone dell’album che racconta la generazione dei trenta-quarantenni fra nostalgia, futuro invisibile, gin tonic e sigarette di erba (legale). La capacità di trascinarsi in relazioni sentimentali complicate fra impeti di genialità ed eiaculazioni precoci, caratteristica universale di una generazione un po’ bohemien e un po’ romantica, ma sicuramente autoironica, come il fondatore della Sas Brunori.

Dario Brunori ha la capacità di raccontarci: ognuno di noi si sente rappresentato da un verso di una sua canzone. Esattamente come accadeva ai nostri genitori quando ascoltavano Baglioni, Venditti, De Gregori, Dalla…

La capacità di rappresentare il singolo individuo coi suoi drammi, con le sue vittorie, con le sue paure, coi suoi amori, coi suoi tormenti, con le sue gioie è la più grande fortuna di un artista, ancor più di un cantastorie (non si pensi ad un’accezione negativa del mestiere del cantautore, anzi).

Se “Cip” fosse un film potremmo parlare di un’opera neorealista e speriamo che, almeno in ambito musicale, il fascino neorealista valga un innamoramento, una passione travolgente. Quella di buona parte della nostra generazione per Brunori.

(foto di Irma Ceccarelli)

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