Le due poesie pubblicate sono tratte da “La comunione dei beni”, la silloge poetica dell’artista Antonio Scotellaro appena pubblicata da Andrea Pacilli Editore.
“Ci guardano dritto negli occhi, le parole di Antonio. E se non fa male, se non provi dolore, se non viene a stringerti l’intestino con una mano mentre con l’altra ti accarezza la nuca, non è poesia. Conoscono il loro compito e il loro valore, le parole di Antonio Scotellaro. Come giovani sfingi che nascondono un milione di anni, ci guardano negli occhi. E sostenere uno sguardo non è mai stato così piacevole”, scrive nella postfazione lo scrittore Tony di Corcia. Il volume sarà presentato domani pomeriggio a Foggia, a partire dalle ore 18.30, al Teatro dell’Istituto di Lingua e Cultura delle Marcelline.
Inchiodato al crocifisso dell’amore
Non c’è mai granché in un astro
se una lama non ti attraversa il cuore
se non lo sgrani come una melagrana
e liberi le fiamme delle tue labbra
Amo questa città che idolatra il mare
Inchiodata al crocifisso dell’amore
Andremo al molo e salperemo
non tratterò l’anima nelle reti
Non posso farmi bastare il mondo
se mancherai tu nei miei occhi
Quando ti ho deposta sul mio palmo
gli abissi tuoi nelle mie vene
Con queste ali la vita è perfetta
si spinge più in là della sincerità
Non potrei vivere nessuna emozione
se non ti vedessi camminare
come una poesia
come se potessi farcela
a sopportare la vita
Caddi nel pozzo dei tuoi occhi.
Era così fulgida la notte al molo,
era così quieta la baia quando attraccammo i cuori,
usciti a largo per la pesca di frodo degli amanti.
S’estinse ogni tenebra e fu magia.
Quelle stelle inchiodate da Dio,
scalpellate nell’ardesia
dove ci promettemmo eterno amore.
Mai procrastinammo attimo;
poco tempo hanno le storie
per finire a lieto fine.
Solcarono il mondo prima di noi
saraceni e greci.
Era deserto il borgo;
udirono la tua tosse i pescatori in mare.
Intrecciammo le mani.
Così rapace la luna nel mare,
ci concesse abbastanza lenza
prima che l’alba abboccasse
all’amo del rientro.
Poi caddi nel pozzo dei tuoi occhi
per raccoglierla e risalire
dentro il secchio pieno di pescato.
Eri così scossa dall’ardore del peccato
così intensa da rompere le catene.
Ma quale dio non perdonerebbe peccati all’amore?
Le falene bisbigliavano sotto il neon,
mormoravano i ciottoli risucchiati dalla risacca.
Nessuno irruppe dal mare
Per cingerci i fianchi.