L’ultimo destino della Via della Seta

by Roberto Pertosa

Le sanzioni economiche dell’Occidente nei confronti della Russia stanno presumibilmente creando un rischio default all’interno del paese invasore. Tale possibile conseguenza è stata oggi riconosciuta, non è dato sapere se in contrasto o no con il dittatore, dallo stesso establishment russo il quale afferma di voler aggirare l’ostacolo dichiarando una palese intenzione di concentrare, intensificandoli, i rapporti commerciali con il più vicino Oriente.

Ci sono due aspetti, per così dire positivi, riscontrabili da tale situazione ai fini di una possibile sospensione dell’attività bellica, nonostante la costante avanzata, o il costante tentativo vista la strenua resistenza del popolo ucraino, dell’esercito invasore.

Il primo, a mio parere, inquadra perfettamente la condizione di difficoltà in cui è, apparentemente, impantanato attualmente il paese invasore dal punto di vista militare.

Infatti, il riconoscimento di alcuni rappresentanti di rilievo del governo russo di un rischio default potrebbe fungere da apripista a un eventuale ripensamento (imposto) rispetto alla campagna Ucraina, camuffato da incremento a “lieto fine” di trattative pacificatorie di compromesso, magari da intraprendere da una eventuale posizione più vantaggiosa ottenuta in funzione di un avanzamento sul territorio, giorno per giorno, grazie a una drammatica e pericolosa strategia bellica speculativa, ma che sta rischiando di provocare ulteriormente.

Il secondo aspetto mette in ballo ancora una volta la Cina che, “trascinata” in un presunto maggiore coinvolgimento nei rapporti economici con la Russia, si troverebbe in una posizione, in quel caso, di “imbarazzo” con l’Occidente che non vedrebbe di buon grado (forse), e nei casi in cui l’Occidente stesso non risulti miseramente vincolato, l’incrementarsi degli scambi commerciali con il paese del dittatore, il quale incremento potrebbe compromettere, se possibile, quella fluidità di percorrenza e di penetrazione, ottenuta con ingegno e astuzia nel corso degli ultimi vent’anni, lungo la via della seta.

Alla Cina certo non interessano scambi economici parzialmente circoscritti provocati da un indebolimento dei rapporti con l’Occidente che, a questo punto, salvo repentini sviluppi positivi, potrebbe, e soprattutto dovrebbe, certo, inutile negarlo, con ciclopiche difficoltà, reimpostare le politiche commerciali mondiali, inquadrando con inaspettato e forse utopico coraggio le rinnovate priorità.

Per cui, ancora una volta, il ruolo della Cina si prospetta come drammaticamente rilevante e, senza ombra di dubbio, come una ingombrante condizione preliminare.

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