Covid in aria e trasmissione indoor, Contini di Aerosol nel webinar Unifg: “Non è stata confermata la contagiosità del virus né è stata chiarita la sua vitalità”

by Antonella Soccio

Quanto virus è presente nell’aria se lo spazio è attraversato e/o abitato da una persona infetta? Quanto sono responsabili del contagio i sistemi di aereazione dei nostri uffici e degli ospedali? Sono domande che ci assillano da mesi, da quando è cominciata l’emergenza pandemica da Coronavirus, e su cui la comunità scientifica non ha ancora risposte univoche.

Sul tema quanto mai appassionante, Società Chimica Italiana e Università di Foggia hanno organizzato un importante Webinar orientando la discussione sulla trasmissione del Covid-19 in aria ed evidenziando le particolari implicazioni per ambienti indoor. L’iniziativa condotta dal professor Maurizio Quinto, docente di Chimica Analitica al Dipartimento di Agraria si è avvalsa della lezione di Daniele Contini, Presidente della Società italiana Aerosol e della partecipazione della Presidente della Sezione Puglia della Società Chimica Italiana, la professoressa Damiana Calvano.

Non ci sono ancora prove certe del tempo di vita degli aerosol virali in aria, tuttavia i sistemi di ventilazione e condizionamento potrebbero favorirne gli spostamenti a distanze anche maggiori di 1-2 metri. Delineare quante e quali sono le copie virali di influenza nelle goccioline «grandi» e «piccole» durante la respirazione sarà fondamentale nella fase 2. Il presidente Contini ha citato vari studi come quello condotto in indoor presso il Medical Center dell’University of Nebraska che ospitava 13 pazienti con casi confermati di Covid-19. I campioni d’aria prelevati nelle stanze dei pazienti hanno evidenziato virus presente nel 63.2% dei casi con concentrazioni medie di 2.86 copie/L di aria. E’ stata anche evidenziata, come ha spiegato, una presenza di virus nei corridoi con una gradiente di concentrazione in funzione della distanza dal paziente. Anche in questo caso non è stata valutata la vitalità del virus.

Nello studio svolto nel Maggiore ospedale in Iran, dieci campioni d’aria raccolti nelle stanze dei pazienti ed utilizzati per la rilevazione del SARS-COV-2 hanno dato esito negativo. A Hong Kong invece sono stati presi dei campioni di aria in prossimità della bocca di un paziente accertato di Covid-19 ma sono risultati negativi per la presenza di SARS-COV-2 anche se la statistica è molto limitata. A Singapore, in una zona di isolamento (con 12 ricambi d’aria per ora) che ospitava 3 pazienti di Covid-19, sono stati raccolti campioni da superfici e in aria (per 2 giorni). I campioni d’aria erano negativi anche se sono state trovate tracce di SARS-COV-2 sulle superfici.

Se nelle aree outdoor la possibilità di trasmissione sembra essere estremamente bassa, in quelle indoor di comunità il pericolo è più alto.  Le goccioline più grandi (> 5 µm) vengono depositate molto rapidamente a distanze di 1-2 m dalla sorgente. Le goccioline più piccole (< 5 µm) hanno una frazione nella moda di accumulazione e possono rimanere in sospensione per tempi più lunghi.

“La trasmissione airborne è quindi plausibile ma per valutarne la probabilità e l’effettivo peso rispetto ad altri meccanismi di trasmissione del contagio è necessario tenere in considerazione alcuni parametri importanti (ancora poco noti) tra cui: le effettive concentrazioni di virus in aria; le frazione di virus in aria che risulta viva e vitale ed il suo tempo di vita; gli effetti di parametri meteorologici locali (temperatura, umidità, irraggiamento solare) che possono influenzare il tempo di vita dei virioni. E’ inoltre necessario distinguere tra outdoor ed indoor in quanto le dinamiche del bioaerosol possono essere molto diverse.

“Il tema degli ospedali e delle zone di quarantena è decisivo- ha rilevato il presidente- si trovano delle concentrazioni elevate, ma nei vari studi non è stata confermata la contagiosità del virus né è stata chiarita la vitalità del virus”. Sicuramente in interno le particelle, i famosi droplets sono più concentrati. Per questo è necessaria particolare attenzione alla sanificazione e con essa l’uso di mascherine guanti e una importante igiene personale, lavandosi le mani frequentemente. Oltre ad essere decisivo limitare il tempo di presenza negli spazi indoor dove ci sono infetti.

“È stato dimostrato che il virus si ferma più sulle superfici che nell’aria: aprire le finestre sembra che possa portare ad una riduzione della sua permanenza. Con l’avvicinarsi del periodo estivo, è importante capire cosa accadrà ai nostri condizionatori- ha aggiunto il relatore- Non c’è nessuna controindicazione ad usarlo in case dove non ci sono infetti. Il condizionatore non è pericoloso di per sé. Dove ci sono degli infetti, è possibile che il condizionatore possa creare delle correnti d’aria col virus, creando quindi una omogeneizzazione della concentrazione del virus, potrebbe spostarlo su distanze maggiori, se si creano di flussi d’aria. Per un principio di precauzionalità va limitata la portata dei sistemi di ventilazione, per quelli che lo permettono va eliminata la funzione del ricircolo dell’aria, nelle auto e nei mezzi di pubblici. Vanno igienizzati i filtri e le parti esposte, più frequentemente di quanto si faccia normalmente”.

Tante le domande dei docenti dell’Unifg all’esperto. È più probabile riscontrare virioni attivi sulle superfici che in aria, ma i cubi ad ozono o i raggi uv sono efficaci? Ci sono studi? Le sigarette veicolo di contagio? E lo smog? È bene che solo pochissimi ricercatori frequentino i laboratori così da non spegnere mai il condizionamento d’aria?

Non ci sono dati precisi sul Covid, con l’estate le cose diverranno più chiare, ha detto Contini. Il fumo può trasportare il virus, perché si emettono virioni, l’aerosolizzazione del virus è la stessa indipendentemente che si fumi o meno, ma le particelle nel fumo hanno minore vita, secondo Contini.

“Non c’è nessuna prova certa scientifica che il virus aderisca al pm10, le probabilità sono molto basse, quando si dice che è stato rilevato il virus in aria non c’è certezza che altre particelle possano aiutare, cambia poco e non è stato dimostrato che l’inquinamento aiuti il contagio. Si spera che nei laboratori ci vadano sempre le stesse persone. Non ci sono adesso molti studenti, di cui non sappiamo le storie, nei laboratori in cui si lavora sempre con le stesse persone la sanificazione è più certa. Anche per i laboratori vale la distanza di 2 metri insieme alla mascherina, ma vale anche per gli uffici condivisi. Bisogna urlare meno, per creare minori concentrazioni d’aria”.

Il SARS-COV-2 è un virus «nuovo» sul quale si hanno ancora poche informazioni su molti parametri importanti per valutarne la dinamica: tempo di vita in atmosfera e su superfici; quantità di virus contenute nelle goccioline di fluido respiratorio di diverse dimensioni; quantità minime necessarie a trasmettere l’infezione; resistenza ai parametri meteorologici (temperatura, umidità, irraggiamento solare). Il virus resta 6 o 7 ore sulla plastica, 5 ore sull’ottone e 1 ora nell’aerosol. Il particolato è generalmente suddiviso in quattro classi dimensionali a cui sono associate sorgenti e processi chimico-fisici diversi. Le particelle posso passare da una classe all’altra a causa di processi di condensazione, evaporazione e coagulazione.

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