“Rilanciare le tematiche oncologiche”. La sfida che parte da Foggia

by Daniela Tonti

Il tumore del polmone è oggi la prima causa di morte per neoplasia in tutto il mondo occidentale producendo più vittime del cancro del seno, del colon e della prostata messi insieme.

Si tratta di un tumore silente, spesso asintomatico che vuol dire diagnosi che arrivano tardi, bassa possibilità di cura e sopravvivenza. Il rischio che il covid-19, la paura di contrarlo nei luoghi di cura, la psicosi, la congestione degli ospedali rallenti diagnosi già tardive è sempre più concreto ed è stato in parte calcolato da uno studio del Cancer Resarch del Regno Unito che ha lanciato l’allerta parlando di migliaia di tumori ai polmoni non diagnosticati entro alla fine dell’anno.

È un bene dunque che si ritorni a parlare di tumori, prevenzione, diagnosi precoce e terapia multimodale e che lo si faccia con un evento ibrido metà in presenza metà online.

Si tratta del congresso in programma oggi e domani a Foggia “I CHALLENGES ATTUALI DEL TUMORE DEL POLMONE, early cancer e tumore negli stadi avanzati: certezze e prospettive future”. 

Un evento scientifico organizzato dal Prof. Francesco Sollitto, Direttore del Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare del Policlinico Riuniti di Foggia e della Sezione di Chirurgia Toracica della Università degli Studi di Foggia, in collaborazione con C.LabMeeting.

Noi di bonculture l’abbiamo intervistato.

Professore ci spiega perché è importante in era covid organizzare un convegno sulle tematiche oncologiche? È un segnale di ottimismo?

Il convegno era previsto per marzo ed è stato ovviamente rimandato e ora verificheremo questa forma mista. Ci sarà una certa quota di relatori in presenza in contingentamento e poi una buona parte collegati per via telematica. Io credo che per qualche tempo questa sarà la modalità e quindi dobbiamo confrontarci con questo modo di fare anche perché può essere rapido, comodo, economico.

La volontà è quella di rilanciare le tematiche oncologiche perché in epoca covid c’è stato un attimo di fermo che purtroppo non possiamo permetterci per la patologia oncologica.

Ha avuto modo di vedere questo fermo? Le persone avevano paura di venire in ospedale?

Abbiamo visto parecchi pazienti che si sono trascurati in questa fase per tutta una serie di motivi, dalla paura del covid, alla difficoltà di approccio alla struttura pubblica. E abbiamo visto i risultati delle diagnosi di pazienti arrivati tardi. Molti pazienti sono risultati inoperabili nel corso di questi ultimi sei mesi e questo solo per la paura di venire in ospedale e di venire verso gli ambulatori. Vogliamo risvegliare l’attenzione sulle tematiche del tumore del polmone che non è il più frequente tumore che si osserva nella popolazione ma è quello responsabile della più alta mortalità.

In Puglia abbiamo intorno ai 2100 casi ogni anno, quelli realmente trattabili sono quelli in uno stadio precoce che non sono più del 20-25% ed è la ragione per la quale la sopravvivenza totale di questo gruppo di 2100 pazienti a 5 anni è del 15%-18%. Mentre negli stadi precoci siamo sul 65-80%.

È fondamentale quindi la diagnosi precoce. Ma come si fa ad avere una diagnosi precoce? Che sintomi ci sono?

Nella stragrande maggioranza dei casi il tumore del polmone è asintomatico. Il polmone ha questa caratteristica che è un organo che si fa facilmente occupare da delle masse prima di dare dei sintomi e spesso i sintomi che porta sono aspecifici, tipo la “tossetta”, una leggera difficoltà respiratoria, sintomi che molto spesso ha di suo il broncopatico cronico o il forte fumatore – perché è il broncopatico cronico più degli altri pazienti a essere a rischio –  e capita spesso che la diagnosi venga fatta in ritardo perché in ritardo il paziente si rivolge al medico per delle problematiche dell’albero respiratorio. E questo è il problema.

Su che fronti di sensibilizzazione si muove la prevenzione?

La prima è sicuramente la sospensione del fumo. Quanta più gente noi riusciamo a portare a una condizione di arresto del fumo tanto meglio sarà. La seconda è contro l’inquinamento ambientale, la riduzione delle emissioni da motori diesel cioè i particolati di materiale carbonioso combusto che può raggiungere l’estrema periferia del polmone e da lì attivare dei meccanismi di displasia e quindi trasformazione neoplastica di elementi cellulari.

Voi comunque non vi siete mai fermati.

Si la nostra attività non si è mai fermata, siamo inseriti in una rete oncologica pugliese che stabilisce che il paziente oncologico una volta preso in carico dalla rete deve chiudere il suo percorso diagnostico terapeutico entro 30 giorni. E non ci siamo mai fermati nonostante le difficoltà contingenti e organizzative legate alle misure di sicurezza, per esempio negli accessi, come il rilievo delle temperature o i tamponi.  

Lo sforzo oggi è quello di ridare forza, speranza, di portare gli operatori alla concentrazione massima su questo nostro obiettivo che è quello di trattare il tumore del polmone, di trattare le neoplasie e di raccordarci anche con gli altri attori di questo processo che sono i pneumologi, gli oncologi, i radiologi, i fisioterapisti, i radioterapisti, gli infermieri. Dobbiamo parlarci, stare insieme anche se a distanza. È una guerra, è una guerra contro il tempo perché lasciare a se stessi questi tumori è morte sicura.

Come sono cambiati i trattamenti?

Per le forme avanzate mentre prima esisteva solo ed esclusivamente la chemioterapia o la radioterapia oggi abbiamo delle novità che sono l’immunoterapia da una parte e la determinazione della biologia molecolare della cellula alterata che costituisce la neoplasia. E questo comporta il miglioramento dei trattamenti perché ci sono farmaci ad hoc che ci consentono di avere un miglioramento significativo delle sopravvivenze.

Ed è simile in molti tipi di tumore, la personalizzazione della terapia guidata dalla valutazione di biologia molecolare e dal corredo immunologico.

Lei ha paura di questa nuova ondata? Come sta vivendo?

Stiamo tutti aspettando. È faticoso. C’è un coefficiente di fatica in più almeno del 70% ma purtroppo di covid-19 – checché ne dica qualcuno – si muore. E potrebbe succedere a ognuno di noi di ammalarsi e potrebbe andar male. Io mi confronto spesso con i colleghi infettivologi e ieri per esempio abbiamo fatto i tamponi ma bisogna andare avanti. Dobbiamo essere ottimisti. Qualunque sia la storia, quella che ci verrà proposta nei prossimi mesi o nei prossimi anni una cosa dobbiamo fare, non perdere la concentrazione, non ritirarci, combattere. Ogni dettaglio deve essere curato e dobbiamo portare avanti le nostre attività al meglio seguendo il massimo rigore possibile ma dobbiamo andare avanti. Sennò troveremo solo macerie: umane, sociali e sanitarie.

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