Lovecchio, Menga, il Codice da Vinci e la città dei sogni

by Enrico Ciccarelli

Un abitante della felice città di Foggia, un pensionato che credo prima facesse l’infermiere, appassionato d’arte, per il tramite di sua moglie, che lo ha ricevuto come lascito da persone che aveva assistito, entra in possesso di un disegno dall’apparenza piuttosto antica. Per motivi noti a lui solo, questo amante dell’arte autodidatta e privo di qualsiasi esperienza specifica, inferisce o sospetta che questo quadro possa essere un autoritratto di Leonardo da Vinci. Ove così fosse, sarebbe un uomo ricco, perché il disegno varrebbe alcuni milioni di euro; ma l’uomo non è mosso da sentimenti vili come l’avidità. Intende donare questo patrimonio al Comune di Foggia, cioè ad un potere pubblico.

Nobile intento, se fosse autentico: ma lo è? Non risulta che le informazioni sul disegno siano tali da poterne tracciare il percorso da Amboise, il castello sulla Loira dove Leonardo, ospite di Francesco Primo di Francia, trascorse gli ultimi anni della sua vita, fino al centro della Capitanata, anche passando per la mediazione dei Melzi d’Eril di Vaprio d’Adda (uno di loro, nel 1519, raccolse l’ultimo respiro del genio, essendone il probabile ultimo amante). In un posto normale il proprietario del disegno cercherebbe un qualche critico d’arte per un’expertise, una valutazione tale da negare radicalmente o avvalorare l’ipotesi che davvero si tratti di un’opera (una bozza, un’approssimazione) dovuta alla mano del pittore della Gioconda.

Ma siamo a Foggia, città per scherzo o per gioco, luogo di ventimila immaginari morti da bombardamento, di pozzi fridericiani (nel senso svevo) del XIX Secolo, di rapide discese e rapide cadute, di sogni grigi e irrealizzati, dal mare in città all’aeroporto finto. E in questa città il collezionista, già finito agli onori delle cronache come disvelatore di altri improbabili misteri, fa una cosa molto meno utile, ma assai più divertente: chiama i giornali. Il primo ad arrivare sulla pista scottante del Leonardo Ritrovato è un quotidiano, che spara la “notizia” in prima pagina, con i condizionali e le formule dubitative d’ordinanza che sono ovviamente travolte dall’evidenza: se lo metti in prima pagina è perché è vero, o tale lo ritieni.

Siccome, a causa dell’estate, i Foggiani, già di per sé poco adusi a leggere i giornali, sono in tutt’altre faccende affaccendati, dalle regionali alla pandemia, nessuno si fila di pezza la clamorosa riemersione leonardesca: non un lettore di Dan Brown, non un mercante, non uno sceicco che si interessino alla questione. Dopo alcuni mesi (alla vigilia di questo articolo) un altro fuoco di fila di servizi e articoli dedicati, sulla base di fatti nuovi che non ci sono (a meno che non si voglia considerare tale il fatto che la Sovrintendenza non abbia neppure risposto alle richieste del Felice Ritrovatore).

È strano? No. Da sempre i giornali e i giornalisti, specie in provincia, sono affascinati da suggestioni e bufale, che ripropongono senza risparmio sulla base del principio “finalmente sono diventato giornalista. Ormai i fatti non mi interessano più”. Né si può vivere solo di assassini e di scioglimenti. Ma un fatto nuovo, in realtà, c’è. Lo ha creato il parlamentare del Movimento Cinque Stelle (toh!)Giorgio Lovecchio, che ha chiesto al ministro Franceschini cosa mai si aspetti ad effettuare l’esame del Carbonio 14 (neanche fosse la Sacra Sindone) per stabilire con precisione l’età della carta su cui è stato vergato il disegno.

Naturalmente l’onorevole Lovecchio non è tenuto a sapere che non tutti i fogli disegnati prodotti a inizio Cinquecento siano di per sé attribuibili a Leonardo. L’importante è che si interroghi, che si sappia che l’originario spirito anti-Casta del Movimento non si è affievolito, ed anzi è pronto a sfidare la mafia dei competenti, probabilmente baresi, che vorrebbero sottrarre alla città di Foggia questo donativo leonardesco premurosamente offerto dalla sorte.

Un’interrogazione, questa di Lovecchio, che fa il paio con un’altra illuminata inziativa, questa volta della sua collega in portavocismo Rosa Menga, eletta a furor di popolo alla Camera dei Deputati nel 2018. Ulimamente in rotta con il proprio gruppo parlamentare per essersi astenuta nella fiducia al Governo Draghi, ma sempre fieramente intenta a rivendicare la sua appartenenza al Movimento.

Menga, avendo il presidente Emiliano osato affermare che i voli aerei da e verso una città sono determinati dall’esistenza di una domanda, ha deciso di dare al gaglioffo la risposta definitiva, la dimostrazione concreta, lo sbugiardamento senza repliche: ha invitato i Foggiani a manifestare online la propria assoluta, impellente, indifferibile propensione al volo acquistando biglietti fantasma. In pratica esprimendo l’intenzione fermissima di acquistare un numero a piacere di tagliandi per ogni ipotetica destinazione (Foggia-New York, Foggia-Isole Svalbard, Foggia-Orta Nova)e in modo open, cioè senza indicazione di data né tantomeno di prezzo.

Queste polverose invenzioni dell’economia politica asservita ai potenti, come la domanda e l’offerta, sono quindi state sbriciolate dalla possente risposta delle genti di Capitanata, che in pochi giorni hanno acquistato –se non sono male informato- oltre centomila non-biglietti per le più svariate destinazioni (fra le quali spero possano esserci Ultima Thule, Perelà e Gotham City). Siccome altri portavoce pentastellati (in Capitanata ne abbiamo tanti, grazie al potente sussulto di popolo or è un triennio), forse stanchi per avere abolito la povertà, non mostrano lo stesso attivismo, suggeriamo anche la campagna per l’acquisto degli abbonamenti alle partite del Foggia nel Campionato di Serie A, l’interrogazione perché la fattura dell’Epitaffio sia correttamente attribuita a Prassitele, il sollecito della identificazione delle doline garganiche nella caverna di Alì Babà e dei quaranta ladroni. Intanto si lavora alacremente per conferire la cittadinanza onoraria di Foggia a Alfred Jarry e Tristan Tzara.

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