Comune di Foggia, le elezioni immaginarie

by Enrico Ciccarelli

Salve. Dicevo nell’ultima puntata di questa rubrica che la classe dirigente, non solo politica, di questa città, non sembra avere capito la portata e la drammaticità di quanto sta avvenendo. Me lo confermano le discussioni, create o riprese anche da organi di informazione, a proposito del totonomi per i sindaci.

Con estrema franchezza, se si dovesse votare a ottobre non credo si potrebbe trovare una scelta migliore della riproposta di Pippo Cavaliere. L’ingegnere è un nome di garanzia, caratterizzato da un fortissimo impegno contro i clan nel settore dell’usura, e con una buona competenza ed esperienza amministrativa. Sarebbe secondo me il possibile maieuta, la levatrice di una nuova stagione, che deve portare alla ribalta una nuova politica e un nuovo personale politico, opera per la quale non sono certo sufficienti cinque mesi.

L’idea di un lavacro penitenziale, di un “via tutti” la trovo comprensibile, ma anche sbagliata, puerile e pericolosa. Perché dire che è colpa di tutti e come dire che è colpa di nessuno. Ci sono stati, in questo mandato e nei precedenti, fior di donne e uomini perbene, e malgrado i feticisti del casellario giudiziale non c’è alcuna certezza, anzi, che i successori sarebbero migliori. La bonifica radicale deve essere fatta non solo rispetto ai coinvolti nelle inchieste –che è il minimo- ma anche rispetto ai loro eredi designati, ai detentori di pacchetti di voti, ai capibastone. Si deve eradicare un metodo, non solo dare l’ostracismo a questo o a quello. Menare, come si dice dalle nostre parti, taccarate alla cecagna, serve solo ai peggiori.
Un’opinione del tutto personale, ma anche del tutto inutile. Perché è mia convinzione che non si voterà a ottobre, e nemmeno a maggio prossimo. Se ne parla nel 2023, perché lo scioglimento per infiltrazioni mafiose interverrà prima, dandoci un commissario prefettizio fino al 2023. È una cosa buona? Secondo me no. Perché essendo all’antica sono convinto che la democrazia sia il peggior sistema di governo esclusi tutti gli altri; che solo la democrazia possa guarire e risolvere i mali della democrazia.
Ma queste idee romantiche sono ormai minoritarie È passata l’equivalenza, secondo me mostruosa, in base alla quale la politica e il voto sono alleate della mafia e la loro sostituzione con organismi burocratici più o meno autoritari è loro nemico. Vuolsi così colà dove si puote, e non è richiesto il parere dei cittadini, che poi, per quel che posso capire io, sarebbe largamente favorevole.
Non sarà una passeggiata di salute: ammesso che si riescano a recidere davvero i legami oscuri e le zone d’ombra, ammesso che si riesca davvero ad azzerare il potere delle clientele e i network del malaffare, non sarà facile tenere l’argine dei conti pubblici ed evitare il dissesto, e soprattutto formulare proposte e prendere iniziative nel segno dell’innovazione, anche per candidare la città ai fondi del Piano di rinascita e resilienza. Le parallele esperienze vissute da Cerignola e Manfredonia non incoraggiano all’ottimismo, tutt’altro.
Quindi, invece di inseguire ridicole polemiche da mercato del pesce, di indagare su segrete stanze più o meno improbabili, affrontiamo la realtà: siamo una città bombardata nell’anima, con macerie materiali e immateriali in grande quantità e nei prossimi due anni saremo governati da funzionari –sperabilmente integerrimi- che non risponderanno a noi cittadini, ma ai loro superiori.
Mentre ingoiamo questa amarissima medicina, smettiamola di pensare a elezioni immaginarie e diamoci da fare. Apriamo cantieri, chiamiamo a raccolta tutte le persone di buona volontà, diamo uno scopo e una prospettiva alle energie migliori, soprattutto quelle delle persone più giovani. Perché bisogna essere davvero stupidi per non capire che il guaio lo abbiamo fatto noi e a ripararlo dobbiamo essere noi. Chi aspetta che la giustizia e il progresso gli vengano calati col panariello non è ottimista. È scemo. Alla prossima.

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