Giorgia Meloni, l’alternativa del diavolo

by Enrico Ciccarelli

Giorgia Meloni, al netto dei sarcarmi e dei rap, è un’esponente politica importante a livello italiano ed europeo, visto che presiede l’Ecr, il partito dei Conservatori e Riformisti, del cui gruppo Raffaele Fitto è il presidente al Parlamento Europeo.
Intende collocare il suo partito, Fratelli d’Italia, all’opposizione del neonato Governo Draghi, considerato un Governo dominato dal Pd. Una scelta legittima, direi persino opportuna per evitare un unanimismo poco consono a una democrazia. Ma una scelta insidiosa.

Non perché Fratelli d’Italia resterà isolato; oltre al solitario voto contrario di Nicola Fratoianni, credo che saranno decine i parlamentari Cinquestelle che non voteranno la fiducia, in vista di una scissione che sembra inevitabile. E nemmeno perché la scelta possa essere perdente sul piano dei consensi; è al contrario probabile che i sondaggi facciano registrare un’impennata di consensi.

Il problema è che davanti a Giorgia Meloni, come è stato per Giorgio Almirante e per Gianfranco Fini, c’è il bivio fra la ridotta missina riveduta e corretta, ossia il partito antisistema, pià o meno vagamente contaminato da nostalgie e fedi eversive, e il partito nazionalista che al nostro sistema politico è sempre mancato, e che ha trovato la sua più alta espressione europea nell’Union pour la Republique di Charles De Gaulle.
Anche in un Paese abituato a parlare molto male di se stesso come l’Italia, questo nazionalismo avrebbe un indubbio fascino e forse potrebbe compattare l’antico conservatorismo italiano, l’opposizione permanente a ciò che somiglia a comunismo, laicismo, progressismo, in declinazioni diverse dal liberalismo berlusconiano e dal secessionismo leghista.
Perché questa via sarebbe impedita, forse definitivamente, dal voto contrario al Governo Draghi? Perché qui non si tratta, come ai tempi di Monti, di mettere in sicurezza la finanza pubblica con una cura fiscale da cavallo: si tratta di salvare l’Italia da una emergenza sanitaria senza precedenti e dal rischio, che con il Governo Conte si era fatto altissimo, di mancare l’occasione di utilizzare in modo adeguato una gigantesca quantità di risorse, le ultime prima che le logiche dei mercati riprendano il sopravvento.

Benché quindi la Meloni parli intelligentemente di “opposizione patriottica”, si dica pronta a sostenere i provvedimenti utili al Paese e stia attenta a non spezzare il legame con i partner di centro destra, votare contro Draghi significa inevitabilmente puntare contro l’Italia; scommettere sul fallimento dell’ex-presidente della Bce significa inevitabilmente scommettere sul fallimento del Paese.
Meloni si trova di fronte a quella che Frederyck Forsyth chiamerebbe L’alternativa del diavolo. Ha modo di evitarla? Forse astenersi, lasciandosi le mani libere per decisioni caso per caso, sarebbe il partito migliore. Meno pagante sui social network, ma con un buon dividendo di lungimiranza e credibilità. È chiaro che Fratelli d’Italia non ha bisogno dei miei consigli. Deve solo decidere che quella che comincia questa settimana è l’ultima pagina di una vecchia vicenda o la prima di una nuova. Una valutazione che non è salutare sbagliare. Alla prossima.

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