Donna Costantia Jordana, la carismatica monaca narratrice della Monte Sant’Angelo del ‘600

by Bibliostorie

Nel fulcro della Città di Monte Sant’Angelo, il rione medievale “Junno”, è situata la Chiesa della SS. Trinità; il complesso che la ospita era un monastero appartenuto alle Monache Clarisse che lo fondarono nei primi anni del Quattrocento grazie ad un nobile della città da cui ricevettero i finanziamenti. Per il Gargano e per l’intera Capitanata il monastero fu molto importante in quanto sede della più antica fondazione clariana insediatasi nella nostra terra.

La storia che però si vuole raccontare è un’altra e risale alla prima metà del ‘600: protagonista di questo racconto è Donna Constantia Jordana, appartenente alla nobile famiglia dei Giordani, che proprio in questo complesso abbracciò la regola di Santa Chiara di Assisi.

Il diario di questa monaca, scritto per l’arcivescovo Antonio Marullo e rinvenuto presso l’Archivio di Stato di Napoli da Alberto Cavallini, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, è quanto mai importante sotto diversi aspetti; in primo luogo è una delle poche preziose e introvabili fonti che testimoniano e ci aiutano a ricostruire la vita e le vicende di cui furono protagoniste le Donne Monache Chiariste, alcuni documenti furono infatti, dopo la soppressione sabauda operata nel 1800, sparpagliati per il Regno o portati a Napoli ed altri ancora andarono perduti.

La seconda ragione per cui questo manoscritto assume rilevanza risiede indubbiamente nel suo contenuto poiché offre il racconto autentico “di poteri, di gerarchie e di valori del tempo”, insomma di una società, quella che va da fine ‘500 a metà ‘600, caratterizzata da “una vivacità culturale tipicamente rinascimental – barocca”, in cui compaiono le monache, gli Arcivescovi, la nobiltà, fino a quel momento stretta attorno al convento e che non riuscì ad accettare le norme Tridentine che le toglievano la possibilità di gestire e di disporre dei monasteri per potervi collocare, in posizioni di prestigio, sorelle, figli e nipoti, e infine il popolo, allietato dalle feste organizzate dalle stesse suore durante le quali offrivano cibi e dolciumi da loro preparati, tra cui figurano le “ostie piene”.

Diverse furono le prove che si dovettero affrontare in quel periodo e la nostra narratrice fu molto brava e attenta nel descrivere non solo gli eventi ma anche lo stato d’animo delle consorelle turbato dai nuovi dettami del concilio di Trento, in un primo momento da loro ritenuti ingiustificati, che prevedevano una vita di clausura secondo la regola di S. Chiara senza la possibilità da parte delle monache di uscire fuori dal monastero e senza l’opportunità di ricevere visite dall’esterno come era accaduto fino a quel momento. Donna Jordana racconta che per impedire l’accesso ai locali si resero necessari dei lavori di ristrutturazione che portarono alla costruzione dell’attuale Chiesa (la SS. Trinità) in quanto la vecchia, le cui fondamenta si possono ancora vedere, si trovava all’interno del monastero che i fedeli, dovendo partecipare ai divini misteri, percorrevano quasi interamente. 

Dallo scritto emerge una personalità, quella di Donna Costantia, brillante, intelligente, colta, carismatica, una donna che non vuole possedere nulla, capace di comprendere l’evoluzione dei tempi e certa di riuscire a gestirli assieme alle altre consorelle trasmettendo loro il desiderio di attuare una solida unità.

Donna Jordana si può dire testimone di una “disubbidienza obbediente”, combattiva ma mai infedele non cessò di appartenere alla Chiesa né penso di abbandonare i voti, ella seppe insegnare alle consorelle la virtù dell’obbedienza attraverso il proprio esempio, abbandonandosi interamente alla volontà divina e allo stesso tempo, nel riportare gli eventi utilizzando il proprio intelletto e senza nascondere i momenti terribili di contrasto con la stessa Autorità, la nostra monaca rivela la sua scelta di libertà autentica, una libertà che va oltre ogni cosa, “infrange il destino che sembra essere stato assegnato alle donne nei secoli passati e non solo, quello dell’ubbidienza agli uomini, in nome di un rapporto libero e diretto con Dio”.

Alberto Cavallini, L’antico complesso clariano di Monte Sant’Angelo e la confraternità della SS.Trinità, Foggia, 2012;

Alberto Cavallini, Voci e vicende delle Donne Monache “dlu Jùnn”, Foggia, 2015.

BOX DIARIO

PAGINE DEL DIARIO DI DONNA COSTANTIA JORDANA RACCOLTE DA ALBERTO CAVALLINI IN “VOCI E VICENDE DELLE DONNE MONACHE “DLU JÙNN”.

Diario di Costantia Jordana Foglio 6 (Festa di Santa Clara)

“Et quanto appartiene di fuori del Monistero ero anco una cerimonia antica che lo iorno di santa Clara, a mezzogiorno, venivano li frati di san Francisco come hoggi dì anco vengono et con solenne con trenta o quaranta torcie accesi, accompagnati da diverse sorte di suoni ed da infinito numero di genti entrauno nella nostra chiesa et andauno inzino all’altar maggiore et dalla nostra Matra Abbadessa et anco dalle sacrestane ricevute li erino introdocti all’altar privileggiato per messa solenne. Quanno veniano quessi le donne moniche si metteuno nei luochi ove vedute non erauno acciò che ogneduna potesse esser presente à tanta solennità. Similmente ne la festa di santa Trinità veniano li frati di san Francisco à dir messa sulenne et noi deumo cose de zuccaro et ostie co l’ammenole et mele…”.

Diario di Costantia Jordana Foglio 4 (Descrizione delle monache)

“Eravamo incirca quaranta moniche et ciascheduna havea le sui cammere, ristretti, cucine, cantine et altre commodità. Tenevammo molte serve per i nostri serviggi che dopo anni ciascheduna di noi tenea peso dotarle et collocarle onoratamente…”. 

Diario di Costantia Jordana Foglio 10 (Ordini dell’Arcivescovo)

“Venne lo Vicario con altri canonici et ferno intender che tutte assieme congregassimo perciochè haveano da proporre alcuni ordini dell’arcivescovo. Ne congregammo et ne ordinorno primieramente sotto pena d’iscommunica che non dovesser intrare più donne secolari nel Monistero essendo la porta nostra al piano della piazza et che dovesse farevi un parlatorio separato da quello delli hommini et ivi fosser recevute le visite et che la chiesa si cacciasse fora acciò che li preti non trasissero più nel Monistero. Questa nuova recò non picciolo disgusto et fu per noi Moniche mandato dall’arcivescovo à pregarlo per non havere luoco comodo di ricevere le donne si contentasse che entrassero nello monistero et che se in certe stanze vicino allu portone senza caminare più oltre avenga che li sconveniva stare insieme al parlatorio di persone di qualità non ci essendo la comodità”.

di Laura Potenza e Manuel Totaro

da Bibliostorie del Comune di Monte Sant’Angelo


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