Oggi di cosa si parla? Dei Cinquestelle passati dall’antisistema all’accordo con tutti purché Casalino mantenga il suo posto? Del Partito Democratico o dello stesso Renzi, che hanno chiesto i voti agli elettori in contrapposizione ai Cinquestelle e ci governano insieme? Della Lega che lo ha già fatto, con il placet degli alleati di centrodestra? Su, cerchiamo di conservare un minimo di serietà.
Enrico Ciccarelli
Enrico Ciccarelli
Enrico Ciccarelli, classe 1958, è un attempato giornalista foggiano con oltre quarant’anni di attività professionale alle spalle. Ha lavorato per Teleblù (di cui è stato il primo direttore) Teledauna e Teleradioerre. Ha fondato e diretto per oltre dieci anni il settimanale Foggia&Foggia. Ha diretto e curato il programma Parleuropa, unico spazio dell’etere televisivo privato dedicato alle istituzioni europee. Ha lavorato in qualità di addetto stampa per il parlamentare Franco Cafarelli, per il presidente della Provincia di Foggia Antonio Pellegrino, per l’assessore regionale Enrico Santaniello, per l’europarlamentare Salvatore Tatarella, per il sottosegretario Ivan Scalfarotto (prima alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e poi al Ministero per lo Sviluppo Economico). È stato dagli inizi di luglio 2018 fino alla fine di ottobre 2019 responsabile della Comunicazione per il Gruppo Salatto. Attualmente è disoccupato e in cerca di lavoro. Sposato, ha un figlio. Su facebook, con lo pseudonimo di Manrico Trovatore, pubblica ogni tanto riflessioni e articoli di varia natura, che definisce “esercizi di cazzatologia”. Non crede all’astrologia, come tutti i nati sotto il segno dell’Acquario. Portatore insano di morbi dell’epoca come europeismo, riformismo e juventinità.
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In una situazione di emergenza, nella quale non siamo ancora in grado di stabilire se sia più grande il disastro sanitario o quello economico, si imporrebbe un Governo di alta responsabilità istituzionale, sostenuto o almeno non osteggiato dalla totalità delle forze presenti in Parlamento.
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Strettamente Personale
Strettamente personale. Scuola, una battaglia ideologica. Quando un diritto diventa una concessione
I poteri pubblici, a causa della loro incapacità di garantire la salute e la sicurezza delle nostre scuole, mi dicono che sono io cittadino a dover motivare il mio desiderio di usufruirne, non loro a doverlo rendere possibile.
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Tralasciando questo spettacolo poco edificante, che può riassumersi nella saporosa espressione dialettale “m’nars i form’ mbacce”, penso che il sindaco Landella e i consiglieri di maggioranza debbano riflettere. Credono davvero che Foggia possa andare avanti così per tre anni e mezzo?
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Il presidente della massima assise cittadina foggiana rappresenta un caso di scuola del baratro esistente tra comportamenti privati e ossequio formale al decoro pubblico
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Non sarà ozioso ribadire, nel Paese dei like ad Agata di Mondello, che le misure e le precauzioni suggerite o imposte non sono del tutto inutili: una malattia contagiosa festeggia alla grande in stadi colmi e veglioni affollati. Ma nessuno è in grado di stimare in che percentuale questi palliativi abbiano inciso, anche se la mappa mondiale del contagio permette di escludere che si sia trattato di un peso decisivo.
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L’Italia uscita dal catino ribollente del Bernabeu, con la Germania non solo sconfitta, ma dominata, si era desta come nell’inno, vi restò per dieci anni, fino a quando la sciagura di Tangentopoli non le spezzò le ali. Si potrà e dovrà dire molto delle tinte fortemente oscure di quella stagione, della volgarità un po’ paesana del nostro nazionalismo fatto di Milano da bere e goliardia geniale di Renzo Arbore, delle schitarrate da strapaese di Toto Cutugno, della scopa in aereo fra Causio, Zoff, Bearzot e Pertini. Ma è fuor di dubbio che l’urlo di Tardelli fu già allora una squilla, una rivendicazione di immortalità.
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Fra le diverse e folli indiscrezioni che circolano a proposito del dpcm prossimo venturo, con il ministro necroforo Disperanza a caldeggiare provvedimenti demenziali di cui avremmo l’esclusiva planetaria, c’è anche quella di mettere agli arresti domiciliari i settuagenari. Per il loro bene, naturalmente.
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È vero che c’è chi se l’è cavata meglio e chi peggio (e fra i secondi –spiacente- non ci sono solo gli Usa di Trump e il Regno Unito di Johnson, ma anche l’Italia di Conte, che pure è pettinato meglio dei citati), ma per dirla come va detta, il virus ha puramente e semplicemente fatto quello che ha voluto, ritraendosi per ragioni sue proprie (forse legate al clima, forse no) e tornando con le stesse modalità.
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L’Homo economicus diventa il marcusiano uomo a una dimensione: ciascuno sia ciò che produce, tanto meglio se sul suo prodotto si stende l’ombra marxiana dell’alienazione.