Freaks, storia e leggenda del capolavoro maledetto di Tod Browning

by Gabriella Longo

Mostruosi, deformi e protagonisti assoluti del palco, che domassero fiere o ingoiassero spade, il vero fascino del numero erano le menomazioni dei loro corpi, schierati ed esposti come attrazioni di una wunderkammer senza teche. Così e in molti altri modi non convenzionali, spesso non leciti, di sicuro al riparo dalla luce (naturale), si guadagnavano da vivere i personaggi del circo di Tod Browning –che da giovanissimo aveva fatto l’imbonitore, il clown, il geek, respirando così a pieni polmoni l’aria dei side show, da dedicare a questo mondo tante memorabili pellicole nel corso della lunga carriera di regista a Hollywood. E dopo un curriculum fitto fitto di bizzarrie, alle quali si era di recente aggiunto il Dracula con Bela Lugosi, arriva Freaks, il film che, invece, sancirà un punto di non ritorno per la rappresentazione del mostruoso al cinema.

Tratto e adattato per il grande schermo da Spurs, un racconto di Tod Robbins del 1923, Freaks esce nelle sale americane nel 1932 e le lotte intestine alla MGM con la minaccia incombente di un blocco delle riprese, avevano soltanto preannunciato la debacle al botteghino. Le notizie attorno all’accoglienza del film sopravvissero al suo stesso regista che di lì a poco si sarebbe congedato dalle scene, scomparendo nel più misterioso dei modi. Alla preview di San Diego, una donna abortì a seguito della visione, la stampa si unì ai boicottaggi moraleggianti delle associazioni e per circa un decennio dall’uscita del film, che ormai non portava nemmeno più il marchio della MGM, i registi si guardarono bene dall’utilizzare attori realmente born-freak.

Infatti il pubblico assistette ad una parata di indesiderabili nani, gemelli siamesi, donne barbute, uomini scheletro, microcefali, un mezzo uomo, e, forse il più spettacolare, il principe Randian, non a torto definito “torso umano”; tutti colti in una quotidianità da caravanserraglio e mai realmente in azione sulla ribalta del circo –stemperandone, così facendo, l’eccezionalità.

Una storia di vendetta da consumarsi dietro le quinte, pura e semplice, comune ad un decennio come quello del muto appena tramontato che aveva liberato tante vamp e ammaliatrici: è la dura legge del taglione a spiegare il barbaro rituale al quale il nano Hans sottopone la bellissima -e normalissima- trapezista Cleopatra (peraltro interpretata dall’ex diva Olga Baclanova), per tutto il tempo impegnata a deriderlo, ma ad utilizzare il suo fascino per sedurlo, sposarlo, ucciderlo e infine appropriarsi del suo patrimonio. Eppure Freaks è anche molto diverso rispetto al passato e ai film dello stesso Browning, nella misura in cui i mostri non sono più legati a doppio filo con la delinquenza (vedasi The Unholy Three). Le nefandezze compiute non giustificano le loro fattezze fisiche e al contempo l’anatomia non ne prescrive una strada ad unica uscita; sono loro a scegliere i margini di una società “normalmente” regolamentata, ma non nel senso del crimine. Al tempo stesso, lo stato di dis-grazia in cui versano, non serve a toccare corde profonde o muovere a compassione come aveva fatto il Quasimodo in The Hunchbach of Notre Dame di Wallace Worsley, forse il primo mostro positivo dell’immaginario collettivo.

La cruda parabola del film, al quale si è introdotti partendo dalla fine, sull’aberrante mutilazione di Cleopatra, per poi tornare a scoprire cos’è accaduto attraverso un lungo flashback, è un processo d’integrazione au rebours, con cui i freaks fanno di una normodotata, finalmente, una di loro, tirando dentro a questo percorso anche noi che siamo i veri spettatori di uno show in cui sono (e quindi siamo) tutti indistintamente biechi.

Così, mentre il mondo assisteva all’avanzata dei totalitarismi e il tracollo della Borsa nel ’29 scriveva la fine ad un bellissimo capitolo di ottimismo, anche Hollywood e il cinema tutto, in quanto “occhio del Novecento”, registrava i suoi spettri, come estremo catalizzatore delle angosce collettive. E quindi se nel genere horror convenzionalmente condiviso negli anni Trenta, chi guardava poteva identificarsi con la vittima del mostro, abbandonandosi senza sensi di colpa al piacere della superiorità e della pietà, nel caso di Freaks, in modo anomalo, si sovrappone dapprima, per abitudine, agli oppressi da un’umanità che li schernisce e alla fine costretto a fare lo stesso con quelli che fino a poco tempo prima erano stati altrettanti mostri di cattiveria.

La pellicola di Browning venne poi manipolata, tagliata e comunque ritirata dalla MGM, sottoposta a censura non solo in America ma anche in Europa, condannata ad un rifiuto che sarebbe durato trent’anni. Browning non fece in tempo a vederla ritornare sugli schermi grazie alla diffusione del fenomeno dei “film di mezzanotte” negli anni Sessanta, in un’epoca ormai completamente trasformata, con nuovi nemici ed altri spauracchi, nella quale, solo per fare un esempio, i fricchettoni erano freaks usciti dai circhi e dai ghetti linguistici e andati a prendersi la strada, mentre un film come quello di Browning, suscitava sentimenti d’emulazione più che di repulsione e riusciva, finalmente, a compiere il suo salto da cut a cult.

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