Normalità operistica: realtà o finzione?

by Alessio Walter De Palma

“Sogno o son desto” citando il celebre filosofo francese a cavallo tra XVII e XVIII secolo del “dubbio”e del famoso “Cogito Ergo Sum”René Descartes ovvero Cartesio, in virtù dell’ormai imminente 1. Aprile quando sarà terminato lo “stato di emergenza pandemico”, che ci ha accompagnato per due anni. Si tornerà ad una “parvenza”di normalità, in quanto purtroppo il CoVid-19 ha toccato chi più chi meno ognuno di noi, segnando inevitabilmente la vita sociale, individuale e collettiva.

Nonostante l’umore generale non sia dei migliori causa “l’inutile strage” – citando Papa Benedetto XV in riferimento alla Prima Guerra Mondiale – del conflitto tra Russia ed Ucraina. La Guerra è sempre inutile, durante e dopo una pandemia è ancor peggio.

Il lato positivo dell’uscita dallo stato di emergenza – nonostante i casi positivi siano in percentuale alta così come i ricoveri ospedalieri, le varianti Omicron ed Omicron 2, le terapie intensive e i casi di decessi – è che si può tornare a vivere la quotidianità, forse come un tempo, ormai lontano e passato. Gli operatori del mondo dello spettacolo hanno subito maggiormente lo scotto dei vari lockdown, ma già dall’ottobre scorso si è ripresa l’attività in presenza di musei, biblioteche, sale da concerto, teatri nonostante l’obbligo di certificazione verde e mascherine FFP2 – obbligo in vigore fino al prossimo 30 aprile nei luoghi al chiuso. La capienza al 100 % è stato un altro obiettivo raggiunto e la ripresa dell’Arte in presenza e non più dietro ad un freddo e sterile monitor, ha contribuito al ritorno alla “normalità” tanto sperata.

Si registrano molte manifestazioni pacifiche contro la guerra, diversi concerti di beneficenza per la popolazione ucraina. Da segnalare, tra gli altri, il Teatro dell’Opera di Roma, che dal 22 marzo fino al 31 marzo scorso, ha allestito il capolavoro incompiuto di Giacomo Puccini Turandot, con la presenza di due artiste ucraine di fama internazionale: il direttore d’orchestra Oksana Lyniv, direttore del teatro Comunale di Bologna, e il soprano Oksana Dyka nel title role. La Rai per sensibilizzare l’evento, lo scorso 24 marzo in prima serata su Rai 5 ha trasmesso in differita la prima del 22 marzo, ciò che ha colpito maggiormente gli spettatori sono state le scene reali di guerra proiettate in diapositive sullo sfondo della scena durante la celeberrima Nessun dorma del principe ignoto Calaf affidato al tenore Italo-americano Michael Fabiano, con i tre fatidici Vincerò del finale. Una trovata registica impegnativa ed impegnata del regista cinese Ai Weiwei, anch’egli attivo politicamente nella sua Cina, contrario al regime e per questo recluso in località segreta nel lontano 2011, e, dunque, anch’egli ha vissuto i sopprusi politici. Degno di nota il ricordare la bandiera ucraina tenuta stretta in vita dal direttore d’orchestra.

Ovviamente dal 24 febbraio scorso tutti i teatri del mondo ricordano e sostengono il popolo ucraino con i propri spettacoli, spettacoli per la Pace e quindi per la Vita. Tutto il mondo si è schierato ovviamente a favore della Pace, si registrano concerti a Parigi, Berlino, Milano, Bologna, Roma. Emblematico il segnale forte lanciato da due artiste: il soprano russo Anna Koshkina ed il soprano ucraino Sofiia Chaika in concerto insieme per la pace lo scorso 28 marzo a Montecitorio a Roma. L’Arte è espressione del Bello in tutte le sue forme, e come affermava Platone ciò che è Bello è anche Buono e anche Vero. Trovare del Bello nel brutto non è da tutti e non è semplice.

Ci sarà anche il ritorno delle stagioni estive, in Italia tra i Festival principali da ricordare sicuramente: l’Arena di Verona, le Terme di Caracalla e il Festival Puccini di Torre del Lago, già pronti con le prossime stagioni liriche all’aperto da giugno a settembre senza alcun tipo di restrizioni.

La speranza sarebbe anche quella che la guerra sia già cessata e da tempo, dopo due anni di pandemia una Terza Guerra Mondiale sarebbe davvero troppo ed inutile.

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