Quando Maria Callas fu fischiata nell’Andrea Chénier di Giordano

by Fabrizio Simone

Il 12 aprile 1950 Maria Callas esordì alla Scala. Renata Tebaldi diede forfait all’ultimo minuto e bisognava trovare in fretta una degna sostituta per il ruolo di Aida. Così la scelta ricadde sul ventisettenne soprano greco. Non fu un immediato successo. Il suo timbro fu giudicato troppo metallico.

Quella sera erano presenti anche l’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi e Franco Zeffirelli. La Callas interpretò Aida anche nelle altre due recite in programma. Nel’51 e nel’52 fu scelta per inaugurare la nuova stagione della Scala: in programma due opere di Verdi, I vespri siciliani e il Macbeth.   Il 7 dicembre del ’53, però, fu la Tebaldi ad aprire la stagione con la Wally di Catalani, ma il vero evento del cartellone vedeva la Callas nelle vesti della mitica Medea: sotto l’attenta bacchetta di Leonard Bernstein (De Sabata era malato), la Medea di Cherubini non solo tornò alla Scala dopo essere stata ingiustamente dimenticata per lunghi decenni ma, soprattutto, iniziò la leggenda di Maria Callas. Gli anni successivi furono molto impegnativi: nel ’54 interpretò La Vestale di Spontini per la regia di Luchino Visconti, nel ’55  Zeffirelli la volle nel Turco in Italia di Rossini e nello stesso anno vestì per la prima volta i panni di Maddalena di Coigny nell’Andrea Chénier di Umberto Giordano.

L’opera di Giordano non rientrava tra quelle scelte per la stagione 1954-’55 ma i capricci di Mario Del Monaco, reduce da sole tre settimane dall’apprezzatissimo allestimento dello Chénier al MET di New York assieme alla Tebaldi, convinsero la direzione a sostituire Il Trovatore di Verdi col capolavoro di Giordano.

Alla Callas bastarono soltanto cinque giorni per imparare la parte. Amava le sfide e sapeva d’essere all’altezza anche questa volta. L’8 gennaio 1955 l’Andrea Chénier di Giordano andò in scena sotto la direzione del temibile Antonino Votto, storico assistente di Arturo Toscanini negli anni ’20 e maestro di Riccardo Muti. La coppia Callas-Del Monaco, grande interprete del poeta francese in tutti i più grandi teatri (specie in America), fece faville e lo spettacolo registrò un prevedibile sold out ma durante l’esecuzione dell’aria più attesa, la celeberrima romanza La mamma morta, cantata proprio dalla Callas nel III atto,  un folto gruppo di fan della Tebaldi scatenò il caos.

Sull’artista, colpevole d’aver usurpato il ruolo preferito della loro beniamina, cadde una pioggia di insulti e di fischi. I giornalisti potevano tirare un sospiro di sollievo: la rivalità con la Tebaldi avrebbe alimentato le loro pagine ancora a lungo. La Callas, turbata dall’ostilità, perse il controllo ed emise un si troppo alto e vacillante venendo travolta da ulteriori fischi, che compromisero l’esecuzione e, in generale, l’ottima prestazione del soprano nel corso dell’opera. Ma il pubblico la perdonò regalandole un sincero tripudio. Al termine dello spettacolo la Callas ricevette una visita speciale: nel suo camerino fece capolino l’ex arpista Sara De Cristofaro, vedova del compositore da sette anni, per congratularsi ed esprimerle una sincera stima.

Adesso le restavano sette recite dello Chénier, accompagnata sempre da Votto, da concludere entro febbraio. Sarebbe stata di nuovo Maddalena di Coigny cinque anni dopo, nel 1960. Quello sarebbe stato il suo ultimo incontro col capolavoro del Maestro foggiano.

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