Leo Gullotta e il “pensiero deflagrante” di Luigi Pirandello. Intervista all’attore prima del tour pugliese di “Pensaci, Giacomino!”

by Luana Martino

‘Debutto’ in Puglia di Leo Gullotta con ‘Pensaci, Giacomino!’ al Teatro Palazzo di Bari. Leo Gullotta, infatti, torna a teatro, per il secondo anno consecutivo, con l’opera pirandelliana e inizia il tour pugliese dal 9 gennaio. Si tratta di un’opera nata originariamente come novella nel 1915 e trasposta in seguito in prosa teatrale in siciliano, “Pensaci, Giacomino!” è un testo che, come tutti quelli del premio Nobel di Girgenti, vuole lanciare un messaggio profondo ai propri lettori, o in questo caso, ai propri spettatori.

Prodotto da Enfi e Stabile di Catania, ‘Pensaci, Giacomino!’ racconta un gesto di generosità dell’anziano professor Agostino Toti (Leo Gullotta) nei confronti di Liliana (Federica Bern) una ragazza con pochi mezzi rimasta incinta del suo giovane fidanzato Giacomino (Marco Guglielmi). L’anziano professor Toti, 34 anni di fiero insegnamento alle spalle, pensa di poter aiutare la giovane donna che non sa come portare avanti la gravidanza. Decide, così, di chiederla in moglie affinché la ragazza, figlia dei bidelli della scuola (Valerio Santi e Rita Abela), possa vivere dignitosamente della sua pensione il giorno che lui non ci sarà più, e potrà, intanto, far crescere il bambino sotto il suo stesso tetto. Giacomino potrà stare accanto alla madre, adempiendo ai suoi doveri di padre. Una scelta coraggiosa, di grande umanità che scatenerà le reazioni della società siciliana misogina, opportunista e becera ritratta da Pirandello. Ad andare in scena sarà il gioco della calunnia, delle malelingue. Un coro di disapprovazione che, a partire dai genitori di Liliana, ostacolerà in ogni modo il disegno del professore. Dal rappresentante di una Chiesa bigotta, don Landolina (Sergio Mascherpa) alle cameriere (Gaia Lo Vecchio), fino alla sorella di Giacomino, Rosaria (Valentina Gristina) e al direttore del Ginnasio.

Per l’occasione noi di bonculture abbiamo intervistato il protagonista Leo Gullotta.

Cosa porta in teatro dopo 35 anni nei quali quest’ opera non è stata rappresentata?

L’ultima volta questa opera è stata rappresentata da un grande del teatro italiano, Turi Ferro, in realtà questo lavoro è stato sempre interpretato da grandi attori come Sergio Tofano, Ernesto Calindri, Salvo Randone. Questo accade perché il testo è così particolare, così prezioso, scritto da un drammaturgo incredibile, da un uomo di letteratura premiato con il Nobel, che è riuscito a rendere con le sue parole delle immagini di vita incredibili che vanno rappresentate con umiltà e professionalità. Questo testo ha la necessità di arrivare al pubblico con autenticità e con semplicità, si tratta di parole profonde e riflessive che non vanno modificate e che bisogna riportare così come sono.

Nel lavoro di Pirandello, infatti, pur essendo stato scritto 100 anni fa ci sono tutti i temi che abbiamo attorno oggi con pesantezza: la condizione femminile, la scuola, gli anziani, l’ipocrisia, gli altri cioè ‘la gente’ che parla di noi senza sapere nulla e, addirittura, insulta. La presenza degl’altri, quindi, e il dover giudicare senza sapere nulla.
Questo, dunque, ha dato la possibilità a me e al regista Fabio Grossi, con il quale collaboro da anni, di poter portare in scena un testo davvero attualissimo che sembra scritto oggi.

Quindi secondo lei rispetto al testo di Pirandello c’è finalmente qualche differenza nel mondo attuale? C’è un modus agendi diverso oggi? E Condizione della donna è diversa?

Come dicevo i temi sono quelli. Quante volte leggiamo della condizione femminile attuale, quante volte sentiamo notizie sugli anziani e soprattutto quante volte parliamo degli altri e della ‘follia’ che dilaga e, ancora, quante notizie ci sono sulla scuola e sugli insegnati mal pagati. Insomma, sono tutti incredibilmente attuali e noi, proprio per la grandezza del testo, abbiamo deciso di rappresentarlo fedelmente perché è già perfetto così.

Per quanto riguarda l’ambientazione, invece, avete scelto gli anni ’50, come mai questa scelta?

Era il momento in cui l’Italia si ricostruiva. Negl’anni ’50 il paese si ricostruiva senza mettere mura, anzi, si erigevano ponti. Da nord a sud, da est a ovest tutti lavoravano con il sorriso, non c’erano divisioni, non c’era razzismo; era tutto aperto a questa gioiosità per aver ritrovato la libertà perduta. Dall’altra parte il punto di riferimento sono stati gli anni che Pirandello ha trascorso in Germania: la messa in scena moderna si rifà, dunque, a quel movimento artistico che si generò in Germania in quegli anni.

La rappresentazione è in un atto unico: come mai questa scelta?

Abbiamo scelto di racchiudere il tutto in un’ora e venti senza pause e con una scenografia che potesse racchiudere i tre ambienti presenti nel testo. Il primo atto era ambientato nella scuola, il secondo, invece, è all’interno della casa del prof. Toti e il terzo si svolge nella casa di Giacomino e di sua sorella; abbiamo deciso di rappresentare ogni ambiente da elementi, emblemi, di arredamento caratteristici di quegli anni. Nella scuola si era soliti, ad esempio, trovare le statue dei garibaldini e per questo l’emblema che abbiamo scelto è, appunto, una statua e così anche per gli altri due atti (dove troviamo, ad esempio nel secondo atto, un divano anni ’50 al centro della scena n.d.r.). Una messa in scena del genere permette, quindi, di mantenere l’attenzione emotiva degli spettatori che non vengono interrotti da pause e cambi di ambientazioni ma restano lì, fermi e seduti riuscendo ad aver una tensione emotiva forte che porta anche alla commozione.

Lei ha già rappresentato altre opere di Pirandello e ora mette in scena ‘Pensaci, Giacomino!’. Cosa la lega a questo autore?

Intanto è questo pensiero deflagrante, questo continuare a sottolineare l’ipocrisia di una società, a sottolineare l’ingerenza non tanto della fede ma della chiesa, degli uomini di chiesa e soprattutto questo continuare a guardare gli altri come se fossero nemici dell’anima senza che ce ne sia davvero necessità.

La sua carriera così densa, illustre e densa di collaborazioni incredibili: cosa vorrebbe rappresentare oggi e con chi vorrebbe lavorare?

Io essendo un interprete, nei miei 54 anni di carriera, ho variegato le mie scelte e ho interpretato vari personaggi: dalle vignette televisive del varietà a temi importanti come, ad esempio, ‘Le fosse Ardeatine’ e ‘Cinema Paradiso’, quindi cose completamente diverse tra loro. Questo perché io voglio interpretare dei personaggi da offrire al pubblico nei vari temi. Sono una persona curiosa e quindi la curiosità mi porta sempre a ricercare, a sperimentare; quando arriva un progetto che mi stimola e qualcuno che mi colpisce valuto e decido di lavorare ad esso.

A proposito di progetti: ha qualcosa di nuovo in cantiere?

Si ci sono molti progetti ma li voglio tenere in cantiere finché non partono (sorride n.d.r.)!

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